1 - Il confronto del nuovo millennio.

Con l'undici settembre una nuova realtà ci ha afferrato per i capelli, ci ha dato un robusto scrollone e ci ha costretto a guardarci attorno e nel nostro futuro. Ha passato una mano di vernice sui nostri "normali" ricordi sulla guerra, su com'eravamo abituati a considerarla dopo secoli e secoli di storia. In verità, già altri eventi simili - anche se meno spaventosi - avrebbero dovuto farci accorgere che la guerra è cambiata.
All'enormità del fatto, alla sua assoluta ingiustificata ferocia, alle immagini, ai brividi e lo sconforto che abbiamo provato, increduli di fronte agli schermi televisivi, sono seguite le immagini di qualche paese islamico in festa, i preparativi alla guerra, l'Afganistan del prima e del dopo, con le tragedie vissute dalla gente, i burka, le esecuzioni, le vessazioni e tanta violenza. E a tutto ciò aggiungiamo pure i filmati e le farneticanti dichiarazioni di Bin Laden e dei suoi compagni di massacri.
Sì. Abbiamo scoperto che il terrorismo si è trasformato in guerra. L'undici settembre ha spezzato i limiti che definivano nella nostra coscienza l'atto terroristico come un evento eccezionale e violento di pochi esaltati. Ha mostrato a noi un nuovo aspetto di combattere e ai tanti diseredati dei paesi islamici la nostra vulnerabilità. Perché la nostra democrazia e la libertà che la nostra civiltà si è conquistata dopo secoli di barbarie è anche il nostro tallone d'Achille, una debolezza alla quale, in ogni caso, non possiamo rinunciare.
Islam, guerra santa, terrorismo, fondamentalismo e religione hanno monopolizzato le televisioni, acceso infiniti dibattiti e confronti. Assetati di aggiornamenti, novità e chiarimenti ci siamo abbeverati alle parole di politici, giornalisti, religiosi, opinionisti, militari e rappresentanti delle varie comunità islamiche.
Ed è così che noi occidentali ci siamo visti spalancare le finestre di casa e un vento vorticoso è entrato per mandare all'aria le pile di giornali pieni di notizie che descrivevano la quotidianità nella quale c'eravamo illusi di vivere.
Non ci siamo solo noi.
Le nostre diatribe secolari, i confronti teologici tra Cattolicesimo e Protestantesimo, tra Cristianesimo ed Ebraismo sembrano nebbia che il giorno ha prosciugato con i primi raggi di sole. Anche l'Induismo, il Brahamanesimo e le altre religioni orientali sono lontane come i ricordi di una vacanza esotica.
Da un confronto di Fedi si è passato ad un confronto di Civiltà ed il Mondo Globale, multietnico è diventato improvvisamente fonte di divisione dove parole come intolleranza, garantismo, razzismo e siamo tutti uguali si sono sprecate.
Ma esiste veramente un confronto di Civiltà? Siamo in grado di valutare quale è la migliore? Io credo che non dovremmo farlo. E' uno sbaglio, come sarebbe uno sbaglio pretendere di voler prevaricare l'altra con la propria. E questione di libertà, di democrazia, quella che ci rende più indifesi ma che non possiamo annullare.
Ma allora cosa ci preoccupa, a parte essere coscienti che fatti come l'undici settembre potrebbero ripetersi? Ci preoccupa perdere la civiltà che duemila anni di storia e di progresso ci hanno creato. E non parlo solamente di qualità della vita, di ricchezza e tanto consumismo.
Superati e, si spera definitivamente archiviati nei libri di storia e nei ricordi, Torquemada con la santa inquisizione, le guerre di conquista, lo schiavismo, il Nazismo con la sua purezza della razza e la Shoah, chiusi i gulag comunisti, ora desideriamo eliminare i confini, accorciare le distanze, scambiarci le conoscenze e scoprire, comprendendole, altre culture.
Ma come la mettiamo con la convivenza con civiltà diverse dalla nostra come quella islamica?
Come dobbiamo considerarne l'immigrazione che ha creato una comunità estesa e numericamente importante? Possiamo pretendere e aspettarci una completa integrazione alla nostra? L'accettazione completa dei nostri valori, delle nostre libertà, abitudini, comportamenti? Non credo sia facile e, penso, quasi impossibile se di mezzo c'è il fondamentalismo.
Ora c'è da chiedersi se è questa la sfida del futuro. Una sfida più importante della conquista dello spazio. Una sfida che comporta una distribuzione più giusta delle ricchezze, dei diritti, della libertà - quella di vivere e non solo sopravvivere.
Sarà questo il futuro dell'umanità al quale dovremo abituarci?

paolo carbonaio





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