CONTRASTI
E’ da un po’ che mi sento l’animo gravido di cupi pensieri, una sensazione di impotenza e di apprensione. Sento che la mia Itaca verso la quale ho sempre navigato quale sicura sponda del buonsenso, invece di apparire all’orizzonte rimane irraggiungibile, nascosta dalle nebbie che al pari avvolgono questa nostra società sempre più indifferente a se stessa. Sempre più ottusa e incosciente. Ormai autolesionista.
Una civiltà non perfetta, ma unica disponibile verso il progresso e una vita degna per tutti.
Ebbene, alla mia età comincio a dubitare che Bene e Male siano concetti universali ben distinti e che l’Umanità, quella che trae origine da pensieri Giudaici–Cristiani, dopo secoli di evoluzione con la presa di coscienza di valori come la Libertà, la Tolleranza, il rispetto reciproco, stia per perdersi e rischi di scomparire.
E non mi si taccia di gridare al lupo paventando uno scontro mondiale di civiltà, perché non ci sono due civiltà in opposizione. La civiltà si potrebbe definire come l'insieme degli aspetti culturali e di organizzazione politica e sociale di una popolazione che, come spiegazione, considero troppo riduttiva, poiché per me non può esistere senza che in essa siano assolutamente compresi e applicati concetti di libertà e rispetto reciproco.
Questa è per me Civiltà, a prescindere dal colore della pelle, il taglio degli occhi, il credo religioso, quello politico, le abitudini, il sesso, la lingua.
Ogni posto nel mondo è civiltà quando democrazia e libertà ne sono i presupposti irrinunciabili. Il resto è Caos, dal greco Chaos: l’abisso, il vuoto.
Ed è in questo caos che vedo scivolare la nostra civiltà, quella che ha formato i miei concetti e la mia dignità di uomo libero tra uomini liberi. Trascinata da una violenza inspiegabile, inumana e che mai potrei definire bestiale perché ho troppo rispetto per il mondo animale, verso l’abisso.
Quindi non è scontro tra civiltà e nemmeno tra religioni, ma tra Libertà e caos, perché dove manca la cultura, intesa come coscienza e conoscenza, c’è solo il vuoto e nel vuoto la barbarie. E cosa fa un barbaro se non imporre il suo mondo rifiutando quello degli altri? Si può accettarlo rispettando le sue usanze e la sua “cultura”? Non si può.
Io non ci credo e vedo l’Islam non come una religione ma come una ideologia alla quale ci si dà sottomettendosi completamente e alla quale ci si attiene ciecamente perdendo la proprietà di se stessi. Rappresentata da un dio unico infallibile, padrone assoluto dei suoi fedeli che, liberi da ogni pensiero proprio, non devono fare altro che onorare la jihad che li condurrà alla fede perfetta e da qui alla guerra santa.
So che sarò contestato. Che sarò tacciato di essere islamofobo e sarò considerato un razzista. Ma anche se contro corrente, non posso negare che leggendo il Corano è questo che ne ho ricavato e lo stesso avevo percepito quando ho avuto l’occasione di visitare Paesi islamici. Una assoluta negazione dell’Uomo come individuo con un libero arbitrio, capace di decidere da sé come agire. Privo di volontà.
D’altronde, io sono un kafir, un miscredente, un infedele come tutti coloro che non sono islamici. Quando “Kafir” è un termine che deriva da “Kufr” e cioè tutto quanto è considerato inaccettabile e offensivo nei confronti di Allah.
E’ comprensibile, quindi, che non vada loro a genio. E come me ogni persona religiosa o no che non si assoggetti al “vero e unico credo”. Quindi contesto chi parla di pacifica convivenza, chi invita allo scambio di valori, chi apre la porta all’Islam, facendolo passare per un nostro arricchimento. Chi crede in una accoglienza senza distinzioni, per un illusorio futuro di pace sulla Terra. Un futuro che alla fine si rivelerà per noi devastante.
Non credo tantomeno in mondi islamici diversi. Integralismo e moderazione non convivono e se mai fossero ben distinguibili e in questo caso non lo sono come si è visto, non si trovano nella dottrina del Corano. Non c’è spazio per concetti diversi come lo sono i nostri, quando l’imposizione e la violenza sono intrinsechi nelle sue parole.
Nemmeno mi lascio abbindolare da coloro che definiscono l’Islam una “religione” di pace, e si arroccano dietro futili distinguo che vorrebbero far passare la violenza come l’eccezione, la scheggia impazzita da disconoscere. Da mussulmani che si spacciano per moderati non mi basta un rifiuto annunciato ogni volta che scorre il sangue e muoiono innocenti.
Non accetto più dinieghi, distinguo o peggio ancora il silenzio. Anche il corpo deve reagire al male. Non si può pretendere che altri curino la malattia mentre il malato se ne sta a guardare come se si sentisse diffamato per essere lui stesso sede del morbo.
paolo
carbonaio |