Repetita
iuvant
Lo
so Filippo, è inutile che me lo fai notare, su certi argomenti
si ritorna ma non è per mancanza di fantasia, quanto per la loro
importanza, la frequenza con cui si ripropongono alla nostra attenzione,
anche se sono frivoli e di scarso valore.
Repetita iuvant. Le cose ripetute giovano, affermavano gli antichi Romani
ed avevano ragione. Molti fatti odierni nella loro assurdità,
come nella loro incisività, non si possono liquidare con quattro
chiacchiere, un commentino e un po' d'ironia. Fanno pensare e ragionare
e, di conseguenza, mi è difficile archiviarli definitivamente
tra i ricordi.
Della televisione ho già parlato, lo so. Ho avuto toni polemici
e non me ne pento.
Però, alcune sere fa, ho assistito ad una trasmissione in seconda
serata - seconda va inteso come orario, ma sarebbe meglio considerarlo
un fatto di qualità e allora in questo caso la trasmissione andrebbe
catalogata almeno come quarta categoria e non serata. Perché
era veramente una barbara uccisione del buon gusto.
Ad un tavolo, ai lati di un conduttore e alla presenza di una moltitudine
di belle ragazze starnazzanti, c'erano due personaggi invitati per una
discussione - ho supposto - uno scambio d'opinioni, un confronto d'idee.
Una supposizione giustificata dal fatto che i due invitati sono - ma
dovrei dire "dovrebbero essere" - eminenti rappresentanti
della cultura: uno scrittore ed un critico d'arte. Cosa chiedere di
più?
Ebbene, se quello che è seguito era un dibattito, o dir si voglia,
lo stesso si potrebbe dire anche dell'incontro tra Cristo e Ponzio Pilato,
Davide e Golia, Bruto e Cesare, Custer e Cavallo Pazzo, Hitler e Churchill…
Ma che dico? Sto scherzando ad associare quell'incontro con nomi così
rilevanti! Avrei dovuto dire che con due gatti asociali e con i nervi
a fior di pelle infilati a forza in un sacco si sarebbe potuto ottenere
lo stesso. Con un'unica differenza: si sarebbe udito un linguaggio gattesco,
forse volgare, ma per noi incomprensibile. Caso mai comprensibile a
te, amico mio.
Ma torniamo ai fatti.
I due invitati, dopo un preliminare fatto di strani pensamenti, frasi
di quelle che vanno in cerca di disgrazie e atteggiamenti di spregio,
intercalati da ridanciane intromissioni del conduttore ed esplosioni
di ingiustificati applausi della platea di ragazze - un preliminare
abbastanza lungo anche per chi non ha di meglio da fare che starsene
davanti al video - sono esplosi in un reciproco scambio d'offese, che
chiamare "pesanti" è una definizione assai modesta.
Forse, mi suggerisce la mia consolidata cattiveria, si doveva far scorrere
il tempo, riempire lo spazio a disposizione ed impinguare eventuali
gettoni di presenza se questi sono calcolati ai minuti di partecipazione.
Forse, l'intendimento era quello di istruire il pubblico, fornendogli
un vocabolario da poter utilizzare la sera all'osteria, battendo carte
e bevendo vino fino al raggiungimento dello stato confusionale.
Forse, era un'occasione diversa per aiutarci a comprendere che la cultura
è anche mandarsi a f…., darsi del c…, urlarsi in
faccia epiteti sbraitando come invasati. Forse. Un modo come un altro
per giustificare un canone non speso per migliorarsi culturalmente o
divertirsi ed evadere dal quotidiano, ma per prepararci ad affrontare
la vita durante l'ora d'aria in un penitenziario.
In sostanza, tanto per chiarire, la trasmissione si è rivelata
come lo scontro verbale tra due "signori" che non si sono
lesinate le offese peggiori e che, uno immagina, dietro le quinte si
saranno poi reciprocamente ammaccati i nasi. Ovvio finale, a mio parere.
Ma sarà così? Oppure, terminato l'incredibile incontro
pubblico, i tre, compreso il conduttore, sono andati al bar a bersi
un calice di quello buono, tra amici, per brindare alla faccia di qualche
milione di sciocchi che, come me, hanno sprecato un pezzetto della propria
vita per assistere alle loro performance? Non lo saprò mai. E
nemmeno desidero conoscerlo, sarei tentato di sparare allo schermo.
Una cosa so, però. Spenta la televisione, sono rimasto in silenzio
a pensare. A cercare di farmi una ragione di quanto appena visto. Non
perché l'ho visto, di questo risponderò quando sarà
il mio turno di giustificare le azioni della mia vita. Dirò che
ero soprapensiero, che non me ne sono reso conto all'inizio e questo
è scusabile, mentre lo è assai meno l'essere rimasto a
guardare e attenderò con serenità il Giudizio. Sarà
quello che sarà.
Quello che intendo è la motivazione per l'aver creato lo spettacolo.
Il senso ed il fine, in parole povere. Perché qualsiasi azione
della vita ha sempre una giustificazione più o meno accettabile,
qualcosa per cui uno dice: sì, è stata una trasmissione
creata per questo o tal altro motivo. Vedere delle belle ragazze che
si agitano, cantano e ballano, sentire qualche battuta spiritosa, apprendere
qualche novità e ascoltare l'opinione di qualcuno che conta.
In breve, trascorrere il tempo piacevolmente e comodamente in poltrona
davanti alla tivù.
Ma stare lì ad assistere increduli alla scena di due che si scazzottano
a parolacce con attorno gente che si diverte e applaude, non ha senso.
E' una presa in giro dello spettatore, un modo di dirgli: ti possiamo
ammannire qualunque cosa, tanto non conti nulla e se proprio non ti
va, cambia canale. Noi qui ci divertiamo, prendiamo anche soldi e facciamo
quello che ci pare e piace. Anche se siamo qui solo per riempire gli
spazi tra una pubblicità e l'altra, cosa ce ne importa? Tanto,
tra sponsor e canoni, guadagniamo sempre più di te, anche alla
faccia tua!
Beh! Più pensavo e più provavo fastidio e rabbia.
Non sono io ad essere costretto a cambiare canale - pensavo - ma voi
a darvi da fare per non farmelo cambiare! Giusto? Giusto!
E se i due invitati non hanno gradito quello che scrivo, che me lo vengano
a dire e con loro registi, produttori, conduttori, ballerine e cameraman.
Compresi gli addetti alle pulizie dello studio. Che diavolo!
Ma che fine ha fatto Carosello? Ridatemi Carosello, per favore!
paolo
carbonaio |