I pensieri di Pao e del gatto Filippo
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Ipnosi.

I miei gusti televisivi sono abbastanza semplici: i telegiornali in generale - senza preferenze di parte, per avere una gamma d'opinioni - qualche buon film e i programmi culturali con preferenza alla storia. Quelli sugli animali non li guardo più. Gli animali mi piacciono, ma ne ho abbastanza dei commentatori e del sadismo dei cineoperatori. Sì, sadismo, perché i due - la voce e l'immagine - prima ti fanno intenerire con qualche cucciolo alle sue prime esperienze, oppure con l'uovo che si schiude e poi tirano fuori il predatore e, patatrac, ti sparano nell'angoscia. Ecco perché non li guardo più. Non mi rilassano, anzi...
A volte guardo qualche programma spiritoso - assaggini perlopiù - a volte saltello annoiato tra un canale e l'altro, punto continuamente dagli intermezzi pubblicitari che come impulsi elettrici mi fanno scattare l'indice che continua a sfiorare i tasti del telecomando - grande invenzione il telecomando, grandissima. Con questo aggeggio in mano ci si sente come un pilota da caccia che sta per lanciare il suo missile.
Un giorno, però, soprappensiero, mi sono trovato a seguire una trasmissione - non cito il canale per non fare torto ad altri che trasmettono roba simile - dove una platea di spettatori-partecipanti seguiva due disperati che si litigavano su fatti indiscutibilmente loro. Il tutto "ammaestrato" da una conduttrice che, con maligna perseveranza, continuava a spegnere o riaccendere la discussione. Insomma sembrava che in una mano avesse l'estintore e nell'altra la benzina, se vogliamo dare consistenza visiva al suo comportamento.
Ipnotizzato, ho iniziato a seguire la trasmissione. L'indice sul telecomando in preda a paralisi.
Lui, il maschietto della coppia, sembrava appena uscito da una rivista di moda per adolescenti - capelli impomatati, barba trascurata, orecchino con crocetta appesa, jeans strappati, maglietta con scritta sul torace. Lei, capelli esplosi color carota finta, trucco da Semiramide, lobi con esposizione fieristica d'anellini d'argento, maglietta stinta, soliti jeans ed ai piedi, scarponi da lagunare. Una coppia che non sarebbe passata inosservata certamente.
Discutevano tra loro e non era una discussione da poco.
Si palleggiavano la colpa di qualcosa che aveva messo in crisi la loro relazione - forse un terzo incomodo, dedussi tra vari: si ma tu hai detto…ma allora non hai capito…però quella volta…eppure sai che ti amo…e dove lo metti il sentimento…perdonami…
Il tutto continuamente interrotto dalla domatrice che s'infiltrava come un commando nella discussione per ravvivarla con qualche scoppio di Sintex, qualche raffica di "e allora tu?"
Non riuscivo a raccapezzarmi, d'altronde mi ero perso l'inizio. Tutto sommato, era una discussione accesa su fatti dei quali, sinceramente, non me ne fregava assolutamente nulla.
Ma quello che m'impietrì, furono gli interventi degli spettatori. Un pubblico appassionato, preso come non mai dal problema. Quasi fosse personale. Intervenivano accesi e si accapigliavano anche tra loro stessi. Da rimanere sconcertati.
Quelli, poi, che ottenevano il microfono erano da non perdere - almeno mi sembrò sul momento.
C'era la signora elegante che sparava consigli e commenti, soddisfatta in cuor suo che finalmente poteva occuparsi dei fatti altrui, dimenticando i propri. S'infervorava nel perorare la causa di uno dei due giovani e, come un crociato alla difesa di Gerusalemme, rintuzzava mordace gli assalti di qualche altro spettatore che doveva assolutamente dire la sua anche senza microfono. Me la immaginai sposata e provai pietà per il marito, come per i cuccioli dei documentari di prima.
Quando prese la parola un signore molto distinto che, ottenuto il microfono, lo brandiva come fosse la fiaccola delle olimpiadi.
Precipitai nel panico: era un pontificatore. Il suo non era un intervento ma un'enciclica. Mancava solamente l'inizio, Populorum progressio. Le sue certezze assolute. Era il Verbo. Nessuno dei presenti fu in grado di azzittirlo. E' la razza più pericolosa che abbia mai calpestato il pianeta, altro che Tirannosaurus Rex.
Stavo ormai agonizzando. Anche la domatrice sembrava in crisi. Mi sentivo come un eretico al processo mentre il tribunale della santa inquisizione si perde in giaculatorie e sofismi che mi sarebbero costati la dannazione e la vita.
Fu l'intermezzo pubblicitario a salvarmi. Ruppe l'incantesimo, mi risvegliò dall'ipnosi, mi riportò alla vita, la mia, quella reale.
Per riconoscenza mi guardai i primi cinque spot, prima di spegnere e scappare lontano dalla tv.

paolo carbonaio





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