Meglio gatto che cane. Civiltà, ovvero come spiegare al gatto la fortuna d'essere gatto.

Non ti lamentare Filippo, è meglio essere gatto come te che cane, almeno non sei considerato un animale impuro, come accadrebbe se vivessimo in un paese islamico. I cani e gli infedeli come me lo sanno bene e si dovrebbe capirlo in tutta Europa, visto quello che sta accadendo da qualche anno.
Devi sapere, amico mio, che l'Islam, sia quello ricco per il petrolio, sia quello che il primo lascia nella miseria più nera, arriva da noi in silenzio, a passi di gatto, senza clamore, con il sorriso della civile convivenza e chiede comprensione e consenso. Avanza in questa Europa che non è riuscita ancora ad acchetare gli odi e i rancori dell'ultimo conflitto, tutta presa a fondere in un unico crogiolo confini e monete, leggi e abitudini, passato storico e politico; un'Europa di politici e banche, gruppi industriali e finanziari. Lo fa a colpi di Risoluzioni e Leggi Comuni, mentre milioni di cittadini tra loro diversi, sono spinti come greggi nei recinti del consenso inconsapevole di chi non ha ben capito di cosa si tratta ma con un sorriso compiaciuto accetta supinamente ogni novità, senza andare a fondo alle questioni, complice la maggioranza dei giornali e delle televisioni, marionette nelle mani del potere economico e politico.
Arriva anche un altro Islam col volto tenebroso del medioevo, fatto di terrorismo e fanatismo religioso, un Islam che tanti insistono con foga a precisare che non è il vero Islam. Ci aggredisce col terrore e con l'odio, spingendoci a cercare un dialogo con gli islamici immigrati e con i governi dei Paesi musulmani che si dichiarano democratici. Siamo giunti al punto, noi Occidentali, di chiedere tranquillità, comprensione e tolleranza a casa nostra per questa nostra impura e diabolica civiltà.
Servendosi del Babau dello scontro di civiltà, accusandoci d'essere intolleranti, succiasangue, invasori e oppressori di popoli, l'Islam "benevolo", compiacenti molti nostri politici, un certo clero e tanto buonismo e garantismo, ci costringe a fare i conti con le nostre coscienze ammorbidite, inculcandoci un senso di colpa che affonda nella nostra storia passata e ben presto recederà nel tempo ben oltre le crociate. Una semina facile che attecchisce nella nostra fede di uomini liberi disposti all'autocritica, complice il mea culpa che secoli di indottrinamento religioso ci ha fatto accettare.
A tutto ciò, si aggiunge l'esibizione continua di un pacifismo di coscienza che non sa distinguersi da quello fasullo e pericoloso che, aggregandosi al comune grido di "No alla guerra senza Se e senza Ma", alimenta l'odio e il rancore verso ciò che finora ha rappresentato il nostro concetto di democrazia e libertà; un pacifismo manipolato, che ci propina slogan saturi di rabbia, mentre sventola con le bandiere arcobaleno, volti e simboli che mai hanno rappresentato la pace, l'amore ed il rispetto reciproco. Un pacifismo che brucia bandiere, glorifica assassini d'innocenti e giustifica il terrore dandogli l'etichetta di legittima rivalsa dei deboli nei confronti dei loro oppressori. Un pacifismo a senso unico che ha risvegliato dal suo letargico sonno l'antisemitismo di cui molti Europei devono e dovranno vergognarsi per sempre e ignora altre realtà del mondo dove pulizia etnica e intolleranza religiosa causano milioni di vittime.
Non basta più considerare l'Islam un'altra cultura, un altro credo e nemmeno pensare che ha lo stesso nostro diritto d'esistenza e che ognuno è libero di credere e adorare il dio che preferisce, ora ci vogliono far credere che non ci sono diversità che impediscano la convivenza, ma già il fatto che chi non è credente è un infedele, che chi non accetta la dottrina islamica è un impuro e, di conseguenza, inferiore, se non addirittura un nemico, dovrebbe farci intendere che una convivenza, se possibile, è per pochi e non può essere universalizzata e spacciata per il paese dei balocchi dove tutti vivono in assoluta armonia.
Dobbiamo capire che non esiste un Islam moderato ma degli Islamici moderati che a questo punto rischiano come noi, se non peggio di noi.
E' difficile non pensare ai cortei nei Paesi islamici che invadono le strade per gridare il loro odio nei confronti dell'Occidente e degli Americani e Israeliani in particolare, inneggiando a fanatici assassini come Bin Laden. E' impossibile non raggelare guardando una folla che brucia esseri umani e fa scempio dei cadaveri, perché in questa folla c'è anche gente comune, persino dei ragazzini. Altrettanto impossibile è dimenticare i guerrieri dal volto coperto che sfilano armati, inneggiando alla guerra santa, acclamati dalla folla, tra cui bambini cresciuti nell'odio e nella lettura del Corano. Il tutto sotto l'abile regia degli operatori tv arabi presenti, che dalle loro sedi le riversano subito sul circuito mondiale mostrandoci solo quello che la "regia" vuole farci vedere.
Difficile, infine, non pensare ai giovani, tra i quali anche madri di famiglia, che si fanno esplodere pur di ammazzare indiscriminatamente chi ritiene nemico dell'Islam.
E' difficile anche credere che tutto ciò non appartiene al mondo islamico, per quanta fiducia si possa prestare ai volti mansueti e alle parole pacate di alcuni loro rappresentanti, solo alcuni però, e sorge spontaneo chiedersi se potranno integrarsi nella nostra Società. Quanto potrà influire il nostro vivere occidentale sul loro modo di essere e su di una fede che non distingue tra dettami religiosi e governo, tra individuo e comunità.
Lo so, amico mio, che sarò giudicato intollerante, ma sai anche che non sono razzista e nemmeno illiberale. Il mio è solamente il pensiero di chi, pur cosciente dei limiti della sua Civiltà, vuole rimanere così, senza trasformarsi o cambiarsi radicalmente secondo una cultura e un'ideologia che non gli appartiene.
Trovo inquietante assistere continuamente a dibattiti, conferenze e continue dichiarazioni con garanzie e promesse di convivenza, perché mi sembra che subiamo un vero indottrinamento, per convincerci che fanatismo religioso e terrorismo sono fenomeni da cellule impazzite del corpo islamico e non abbiamo nulla da temere, che non dobbiamo nemmeno preoccuparci dell'esponenziale aumento della popolazione islamica tra noi. Queste incessanti dichiarazioni di politici, religiosi, intellettuali e pacifisti, che rassicurano gli Islamici della nostra sincera amicizia e solidarietà, mi ricordano Winston Churchill che definiva il pacifista uno che nutre il coccodrillo nella speranza di essere mangiato per ultimo.
Insomma, non dobbiamo preoccuparci se tra qualche decennio saremo in netta minoranza, se nelle Leggi ci saranno anche i precetti del Corano, perché allora ci sarà un unico popolo europeo che vivrà in armonia. Beh, io ho dei seri dubbi su questo e mi chiedo cosa avverrà alle urne in occasione del voto, cosa cambierà dei nostri programmi scolastici, dell'insegnamento della nostra storia, quali libri leggeremo, visto che in tutto il mondo arabo si traducono meno libri che non nella piccola Grecia. Mi chiedo anche cosa ne sarà della nostra assoluta libertà di culto, del nostro "civile" istituto della famiglia, del nostro modo di mangiare, di lavorare, di trascorrere il tempo libero; cosa ne sarà, quando prevarrà una popolazione di fede islamica, della nostra arte, delle migliaia d'opere d'arte che sono il nostro patrimonio, il nostro passato. Potremo ancora bearci gli occhi con la Venere del Botticelli, oppure sarà considerato peccato come farlo con il paginone centrale di Playboy e proibito? Insomma, cosa sarà della nostra vita di oggi?
Ti vedo annoiato Filippo. Capisco che certe questioni non t'interessano perché anche se ciò avvenisse, la tua vita non cambierebbe. Ma ne sei proprio sicuro, amico mio?

paolo carbonaio

Pubblicato nella rubrica "Sottocoperta"
del settimanale on line




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