L'Europa della libera circolazione

Mi dispiace molto Filippo, ma ha prevalso la soluzione finale e le pallottole della "umana giusta causa", come quelle degli aerei nel cielo di New York sulla guglia dell'Empire State Building, hanno abbattuto l'ultimo King Kong nostrano. E' stata una condanna a morte senza appello e senza ripensamenti nei confronti di Bruno, l'orso profugo e ramingo che ha avuto la pessima idea di emigrare fino in Germania, lasciando il nostro Paese. Chissà, forse com'era capitato a tanti altri si era illuso che più a Nord uno va, più la vita sia migliore.
Bruno, soprannominato Jj1 perché nato assieme al fratellino Jj2 nel nostro parco Brenta - Adamello dagli italici genitori Jurka e Joze, è stato condannato e ammazzato perché considerato un pericolo latente ed ora la sua pelle impagliata ed il suo muso con gli occhi di vetro faranno bella mostra in un museo per la curiosità di tanti turisti cretini che, vedendolo nella sua sempiterna immobilità, proveranno il brivido artefatto di stare di fronte ad un feroce assassino, abilmente ridotto a peluche, che un giorno forse, e insisto sul "forse", avrebbe potuto sbranarli armato delle sue micidiali zanne e dei potenti unghioni. Un'operazione questa, dell'imbalsamazione e dell'esposizione al pubblico, che altro non è che un nuovo spregio per la vita di un essere vivente e ne offende la dignità anche dopo la sua morte.
Considerato un pericolosissimo carnivoro, perché è stato costretto a mangiarsi qualche pecora e qualche gallina che è un fatto più che naturale - riconosciuto anche dal nostro sommo poeta Dante Alighieri che al conte Ugolino nell'Inferno ha fatto dichiarare: "più che la fame poté il digiuno" - il nostro orso Bruno per l'anagrafe Jj1, è finito dritto dritto nell'elenco degli indesiderabili, che un'amministrazione seria e inflessibile non può certamente ignorare o, ancora peggio, lasciar correre. E, fin qui, nulla d'eccezionale, considerando che un siffatto personaggio, oltre alla perdita economica dei proprietari delle pecore e delle galline, sarebbe potuto divenire pericoloso per la incolumità della gente, cosa ancora tutta da dimostrare, dato che qui da noi nessuno lo aveva considerato un animale così feroce e capace di mangiarsi anche gli uomini. D'altronde, si sa che noi siamo un popolo di eroi, di navigatori e di artisti, oltre che di ingenui creduloni per la facilità con cui ci facciamo abbindolare dalle chiacchiere dei nostri politici. Fatto sta, che Bruno, orso dedito al vagabondare ed alla razzia, quasi un accattone mariuolo di quelli che fregano la frutta ai mercati, non avrebbe potuto che creare problemi negli ameni boschi della Baviera, portando scompiglio e sconvolgendo il perfetto ordine teutonico tanto amato e decantato da quelli che praticano un turismo ecologico assai rilassante.
Si sarebbe potuto addormentarlo e catturarlo, Filippo amico mio, sparandogli una siringa con un potente sonnifero, oppure farlo cadere in una trappola, insomma, fermarlo, ingabbiarlo temporaneamente e poi riportarlo a casa sua, in seno alla famiglia, tra i suoi boschi, tra gente dallo stesso idioma, ma le cose non sono andate così, nonostante le richieste degli animalisti e delle nostre Autorità. Si è preferito accorciare i tempi e ammazzarlo prima possibile a fucilate, alla svelta, prima che Bruno decidesse di cambiare menù, insoddisfatto della carne d'agnello che, a mio modesto avviso, non sta al pari di una porzione di wurstel con crauti e patate, pietanza che è particolarmente difficile scovare allo stato brado tra il verde della Baviera.
Mi chiedo quanto orgoglio avrà assaporato il cacciatore che, premendo il grilletto della sua affezionata carabina, ha visto crollare i quasi 150 chilogrammi di carne e pelliccia che rappresentavano agli occhi della natura, vittima abituale del gusto di uccidere di certi uomini, uno splendido esemplare d'orso bruno, un animale considerato specie particolarmente protetta, perché molto raro ed in via d'estinzione. Non che tutto questo importi particolarmente anche se aggrava ulteriormente il delitto, quanto il fatto che si è proceduto all'esecuzione ufficiale, su ordine di un'Autorità e a mezzo di fucilazione, di un animale libero, sano e nel pieno diritto della sua libertà di vivere ancora e magari un giorno riprodursi per ripopolare la sua specie altrimenti in via di estinzione. Un'azione che, oltre ad offendere e macchiare quella coscienza che ha fatto finalmente comprendere agli esseri umani che la vita degli animali non è meno importante della loro e va rispettata e difesa, è stata compiuta in dispregio della Convenzione di Berna sulla vita selvatica in Europa del 1979, accolta in tutta l'Unione Europea con la Decisione 82/72/CEE del 1981.
Una azione arrogante, Filippo, alla quale dovrebbe seguire, oltre ad una protesta ufficiale del nostro Paese, anche un intervento ufficiale del Comitato permanente di vigilanza sulla Convenzione presso il Consiglio d'Europa.
Forse qualcuno penserà che, dopotutto, Bruno era solamente un orso, forse un po' troppo irrequieto e girovago, mentre i problemi in questa nuova Europa sono ben altri: l'immigrazione sempre più massiccia, il pericolo di attentati, le scelte da fare nei confronti dei Paesi controllati dell'integralismo, l'invasione di prodotti dall'estremo Oriente, l'Euro, i rapporti con gli Stati più poveri, tutti problemi ancora da risolvere, però questo non attenua l'importanza di quanto è accaduto, perché se vogliamo veramente dichiararci un Continente di gente libera, con leggi giuste e rispettate, dove la vita ha valore, allora anche Bruno aveva i suoi diritti e andavano rispettati.

paolo carbonaio





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