Lo
Stato proprietario
Ci
sono Paesi al mondo dove lo stato è proprietario dei cittadini,
come noi lo siamo della nostra casa o della nostra automobile, oggetti
che, ovviamente, non hanno diritti e nemmeno sentimenti. Cose inanimate
che subiscono la nostra completa ed esclusiva volontà. Una cosa
normale, mentre non lo è possedere un essere umano, fregandosene
bellamente di ciò che pensa o desidera, dei suoi affetti e del
suo inviolabile diritto di vivere felicemente la vita che vorrebbe e
che l'opportunità le offre. Sarebbe giustificabile se questo
essere, adulto e responsabile delle sue azioni, avesse commesso un delitto
e dovesse scontarne una pena, o restituire il maltolto al legittimo
proprietario ed in questo caso il suo Paese avrebbe il diritto di richiederne
la sostituzione nel caso si trovasse all'estero. Ma qui si sta parlando
di una bambina, della sua felicità, del suo inviolabile diritto
ad una vita migliore ed all'amore di chi è disposto a darglielo.
Non è un'automobile di Stato che va parcheggiata dove lo Stato
vuole. Non è nemmeno un bene, un valore, è solamente un
piccolo essere indifeso, che non è in grado di imporre la sua
volontà e di far valere i suoi diritti. Le sue aspirazioni sono
semplici e primitive, aspirazioni che da sempre sono parte della vita
di ogni cucciolo, animali compresi: essere amato e protetto da chi gli
vuole bene, che di solito sono i genitori o in mancanza di questi da
altri adulti disposti a farne le veci.
Tutto questo è difficilmente contestabile, nessuno di noi può
in coscienza dichiarare che questa bambina ne è esclusa e nemmeno
può dichiarare, senza sentirsi vigliaccamente in colpa, che la
sua vita sia alla fine un unico dovere primario, quello di stare dove
il suo Stato padrone pretende che stia. Non si può nemmeno credere
veramente che un istituto possa sostituire il calore di una coppia di
genitori o l'affetto dei nonni che, sebbene estranei, sono pur sempre
una famiglia, quel nucleo in cui ogni bimbo dovrebbe stare e crescere
protetto.
Le Leggi e le convenzioni, anche se internazionali, non sono nient'altro
che parole scritte e sottoscritte, prive di sentimenti e, si spera,
create per appianare divergenze, difendere diritti e dare giustizia.
Vanno rispettate dagli uomini e dagli Stati e non dovrebbero essere
considerate di pietra e acciaio, ma di buoni intendimenti e mai dovrebbero
poter sancire se un innocente ha diritto o no a vivere felice. Nemmeno
la Giustizia, quella che pretendiamo di applicare con le regole che
sottoscriviamo, è una montagna di granito inamovibile e immodificabile,
ma solamente un generico fine per difendere i diritti di tutti nel buon
senso comune. Nemmeno lei ha il potere di essere padrona di un essere
umano e nel momento in cui permetteremo che ciò avvenga, forse
riordineremo il Mondo dove ogni cosa starà sul suo giusto scaffale
perdendo nel contempo quella caratteristica che ci rende superiori ad
ogni legge o regolamento: la nostra umanità.
paolo
carbonaio |