La
soffitta
l'inizio della storia...
1.
Venerdì
11 novembre - Il cadavere stupefatto
La porta si aprì con un rumore di ramo spezzato e ai due pompieri
apparve un corridoio appena rischiarato dalle lampade dei poliziotti.
Quasi fossero archeologi all’apertura di una tomba etrusca.
I fasci di luce illuminarono un pavimento di legno opaco e, risalendo
su per le pareti avorio sporco, colpirono un lampadario di vetro,
desolato e deprimente come un impiccato dimenticato dopo un’esecuzione
frettolosa. A destra, si aprivano due porte dai telai pesanti, neri.
L’odore di chiuso pizzicava sgradevolmente le narici dei visitatori,
incerti se superare la soglia. I pompieri si fecero da parte per lasciare
passare i poliziotti, quindi li seguirono. Il silenzio amplificava
i loro respiri.
Il gruppo entrò nella prima stanza. Era un salone con due finestre
chiuse e le persiane lasciavano filtrare timide schegge di luce. Il
locale era vuoto. Uscirono e raggiunsero la seconda porta entrando
in una stanza più piccola, con una sola finestra pure chiusa.
La luce delle torce elettriche seguì le pareti spoglie, fermandosi
nell’angolo opposto dove giaceva distesa una figura umana. Il
corpo era prono, aveva le braccia distese lungo i fianchi, la testa
piegata di lato, mostrava sul volto un’espressione di profondo
stupore; gli occhi erano spalancati. Dalla schiena si ergeva, come
un obelisco, un manico bianco.
Uno dei poliziotti si avvicinò al cadavere, l’altro aprì
la finestra, aiutato dai pompieri. Quando la luce del giorno inondò
la stanza, fu accompagnata dal gelido alito della Bora. Ai primi di
novembre, Trieste rabbrividiva per il freddo e le vie erano deserte
e spoglie come dei tutoli di pannocchie sgranocchiate.
<<Avrà avuto circa cinquant’anni.>> commentò
il poliziotto più anziano, illuminando il viso del cadavere.
<<Guarda che faccia allibita. Sembra che gli abbiano strappato
da sotto il naso il biglietto miliardario della lotteria.>>
<<Diavolo, è vero!>> esclamò sorpreso l’altro,
puntando la sua torcia in faccia al collega.
Il collega gli tappò la torcia con il palmo della mano. <<Chiama
la centrale e avvertili che abbiamo trovato il corpo di un uomo, pugnalato.
Devono venire per i rilievi.>> e, rivolto ai due pompieri rimasti
silenziosi presso la porta: <<Uscite dalla stanza, non voglio
lasciare troppe impronte sulla polvere del pavimento.>>
Il pompiere più impressionabile lasciò subito la stanza,
raggiungendo nel corridoio l'altro poliziotto intento a parlare nella
radio ricetrasmittente, mentre il pompiere rimasto s'inginocchiava
per passare le dita della mano sul pavimento vicino ai propri stivali.
<<Non credo che lasceremo molte impronte, non c’è
un solo granello di polvere. Qualcuno lo ha spazzato per bene.>>
commentò, rialzandosi.
Il pavimento era perfettamente pulito. Vecchio, consumato e opaco
ma pulitissimo. Il poliziotto accanto al cadavere si guardò
d’attorno, afferrò il braccio sinistro del morto sollevandolo
appena: il lato della manica dell'impermeabile nero antracite che
prima poggiava a terra, era grigio di polvere. Sembrava che quella
fosse l’unica polvere della stanza. Perplesso, lasciò
la manica e senza una parola uscì dalla stanza assieme al pompiere,
richiudendosi la porta alle spalle.
continua...