Missione
in India
di
Humbert du Charbon
Ugo
Mursia Editore
ISBN88-425-3258-4
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Il
sole era allo Zenit intenzionato a far ribollire anche l'acqua del mare
e il barcone distava appena trecento metri. Si sentiva il martellare
del suo motore.
<<Sembra un grosso peschereccio di quelli che navigano nel Mediterraneo>>
Lo osservavo attentamente ingrandito dalle lenti del binocolo.
<<Non vedo nessuno in coperta e col riflesso del vetro non riesco
nemmeno a distinguere chi c'è nella timoneria.>>
Ora che la distanza era diminuita si notava che procedeva a tutta birra,
almeno sei o sette nodi più di noi. In un minuto ci fu al traverso
passandoci sulla dritta ad un centinaio di metri di distanza. Doppiò
la nostra prora e continuò imperterrito mostrandoci la poppa
tonda avvolta da una nuvola di fumo grigio piombo.
Non mi fu possibile leggere il nome e a poppa non aveva una bandiera.
<<Se ne va>>, sospirò Malik deluso.
Alì, dopo avergli mostrato i denti si accucciò, le orecchie
basse.
<<Meglio così. Evidentemente, non era noi che cercava.>>
Mi sfilai la pistola dalla cintura e la consegnai ad Abdul che nel frattempo
aveva già raccolto l'AK-47 dell'Egiziano.
<<Fai risalire in coperta Channa>>, gli ordinai.
Avevo imposto al vecchio di scendere nella cabina per evitare che rimanesse
coinvolto in una sparatoria. Aveva obbedito di malavoglia e prima di
sparire mi aveva lanciato uno sguardo tollerante, come se considerasse
il mio un ordine esagerato.
Un'ora
dopo, il barcone di prima era ancora di prora e non rimpiccioliva nonostante
la velocità. Forse l'avevano diminuita per non surriscaldare
il motore. Continuai a tenerlo d'occhio finché non ebbi più
dubbi: la distanza tra noi stava diminuendo e mancava il fumo del suo
scarico. Era fermo alla deriva.
Diedi l'allarme.
<<Speriamo che sia un'altra carogna come Fuzzy>>, considerò
l'Egiziano, mentre si riparava gli occhi dal sole con la mano. <<Ho
sempre desiderato trovarne un altro da spedire ai pesci.>>
Fuzzy, al secolo Omar Saud, era il comandante del dhow somalo che teneva
incatenata sotto coperta la piccola Naimè. Uno dei tanti piccoli
predoni che assalivano barche come la nostra per derubare le merci e
gli equipaggi e vendere le donne come schiave. Gente crudele che capitava
di incontrare in Mar Rosso e nel Golfo di Aden. Abbordavano le loro
vittime con l'inganno e non avevano alcuna pietà.
Malik l'aveva a morte con loro e ogni barca che incontravamo la scrutava
attentamente e sperava in cuor suo che tentasse di abbordarci. S'era
messo in testa di ripulire il mare da quella feccia.
<<Non vorrai che tiriamo dritti?>>, ruggì. <<Questa
potrebbe essere l'occasione buona.>>
<<Potrebbe avere un'avaria.>>
Lo osservavo col binocolo e vidi una figura a poppa.
<<Non è detto che sia una trappola.>>
<<Passiamogli accanto e vediamo cosa succede>>, propose
Abdul. <<Intanto vado a prendere nuovamente le armi.>>
<<Dì a Channa che si tenga pronto a scendere.>>
Lo Yògi era al suo posto preferito, seduto sotto l'albero in
compagnia di Mustafà. Ci guardava in silenzio e non prese nemmeno
in considerazione l'invito di Abdul a scendere sotto coperta.
Urlai al giordano di lasciar perdere e di andare a prendere i nostri
AK-47. Non potevo imporre al vecchio di obbedire e sapevo che in cabina
c'era un caldo insopportabile che soltanto Mustafà sapeva apprezzare.
Lo
spazio che separava le due barche diminuì in fretta e dopo una
decina di minuti gli eravamo di poppa a portata di voce. Sulla coperta
non si vedeva più nessuno e il motore spento e silenzioso aumentava
la sensazione d'immobilità.
Cominciai lentamente a girargli attorno.
<<Non ha bandiera di poppa e nemmeno un nome>>, feci notare
ad Abdul. <<L'equipaggio sarà sotto coperta, forse sta
riparando qualche avaria.>>
<<Diamogli una voce, tanto per sicurezza. Non vedo nemmeno un'antenna
radio.>>
Cominciò a chiamare.
Da un boccaporto sbucò improvvisamente una testa con sopra uno
zucchetto bianco. Si voltò verso di noi e un volto scuro come
l'ebano sorrise mostrando il contrasto dei denti bianchi, poi, uscì
completamente tenendo le mani bene in vista. Con tre Kalashnikov puntati
addosso era ben intenzionato a dimostrarci che era disarmato.
Era un nero gigantesco della stazza di Malik, vestito con un caftan
blu elettrico più grande della nostra vela. Al polso destro gli
luccicava un grosso bracciale d'oro. Si sporse verso di noi e ci fece
una riverenza.
<<Amici>>, gridò, <<vi stavo aspettando. La
sfortuna ha voluto che restassi senza benzina e ora che siete qua, grazie
al vostro aiuto, potrò ripartire.>>
Infilò lentamente la mano in una tasca e ci mostrò del
denaro.
<<Vi posso pagare bene, non vi preoccupate. Mi basta una tanica
di benzina, tanto per tornare indietro.>>
<<Ha finito la benzina così presto?>>, commentò
Abdul sottovoce. <<Che razza di marinaio è?>>
<<Vuole benzina, però dal rumore che faceva il motore sembrava
un Diesel.>>
La distanza diminuiva e l'uomo alzò le mani ancora più
in alto, sventolando il denaro.
<<Vi prego amici, di cosa avete timore? Non potete lasciarmi qui.
Vi pagherò la benzina il doppio di quello che vale. Va bene?>>
<<Che si fa?>>, domandò Abdul.
<<Andiamo a vedere. Non possiamo andarcene così. Forse
per lui gasolio e benzina sono la stessa cosa.>>
<<Vado a bordo io e voi lo tenete sotto tiro. Così scopro
di che si tratta veramente. Non è detto che sia un tranello,
forse è veramente uno stupido che non sa calcolare quanto gli
consuma il motore.>>
<<Capisco, certo che capisco la vostra diffidenza>>, stava
intanto dicendo l'altro, <<ma in mare siamo tutti fratelli. Che
Allàh il Supremo mi fulmini se non è vero.>>
Diedi un colpo di timone e portai la Hathor accanto al barcone. Malik,
intanto, teneva sempre l'AK-47 puntato sull'uomo.
Quando i due scafi vennero a contatto, Abdul si appese alla spalla il
Kalashnikov e saltò sul barcone.
<<Vado a dare un'occhiata al tuo motore>>, annunciò
al nero, prima di infilarsi nel boccaporto. <<Tu rimani qui e
non ti muovere.>>
<<Sia glorificato il nome del Profeta per avermi concesso la fortuna
di trovare uomini così generosi e cauti>>, continuava a
blaterare il nero. <<Cauti sì, perché l'uomo saggio
è quello che alla fine ottiene quello che vuole ed è illuminato
da Allàh il Giusto.>>
Gli ordinai di piantarla.
I minuti passavano e Abdul non risaliva e cominciavo ad innervosirmi.
<<Vado giù a vedere?>>, propose il nero, vedendo
che mi agitavo.
<<No. Chiamalo e digli di uscire subito>>, gli ordinai.
<<Ma ci metto un momento>>, replicò voltandosi.
Malik sparò una raffica in aria e l'uomo s'immobilizzò,
rimanendo irrigidito, quindi, alzò ancora più in alto
le braccia. Aveva capito.
Stavo per saltare sul barcone, quando Abdul sbucò dal boccaporto.
Aveva le mani sulla testa rapata e l'espressione di un cane bastonato.
Dietro c'era Antonio che lo teneva per il colletto e gli puntava una
pistola automatica alla nuca.
<<Salve gente! Vi ricordate di noi?>>
Con Antonio stava emergendo anche Carmine.
I due Siciliani uscirono con difficoltà dallo stretto passaggio,
urtandosi tra di loro, ma senza mollare Abdul.
<<Chi non muore si rivede, dicono dalle miei parti e noi ci rivediamo>>,
proclamò Carmine con una risata crudele. <<Stavolta però,
faremo le cose a modo mio.>>
Stringeva in mano la pistola e aveva anche l'AK-47 di Abdul.
Il nero si era girato verso di noi sorridendo con aria arrogante.
<<Tu credevi di aver fregato Carmine La Rosa?>>, continuò
l'altro, <<Ma non è così facile!>>
<Cosa vuoi ancora da me? Ti ho già spiegato che non so nulla
e con l'affare della Polarstern non c'entro.>>
<<Tu mi vuoi fare fesso, però io fesso non sono!>>
Sventolò la pistola sotto il naso di Abdul.
<<Sappiamo che avete imbarcato dell'attrezzatura subacquea e allora
vuol dire che sai dove sta il relitto.>>
Mi guardò tutto soddisfatto.
<<Adesso noi ti veniamo dietro e, tanto per convincerti a non
scappare di nuovo, mi tengo questo tuo marinaio. Diciamo, in garanzia.>>
<<Dietro dove?>>
<<Non lo so. Ma dove vai tu, veniamo anche noi.>> Guardò
il dhow con disprezzo. <<Tanto, con quella tinozza non puoi andare
tanto lontano.>>
<<In India.>> Indicai Channa. <<Non vedi che ho anche
un passeggero?>>
<<Padrone, la mia barca in India non ci arriva!>>, protestò
il nero, rivolto a Carmine.
Aveva perso il sorriso.
<<Non erano questi i patti!>>
<<Sta zitto animale!>>, gli urlò l'altro.
<<Avete abbastanza benzina per venirmi dietro?>>, domandai.
Come avevo pensato, Carmine non immaginava che la nostra meta fosse
l'India e aveva la fronte corrugata nel tentativo di capire se lo stessi
prendendo in giro.
<<Non mi credi? Se studiavate quelle carte con più attenzione
avreste scoperto che la Polarstern era andata in India.>> Lo guardai
con commiserazione. <<Forse non siete così intelligenti.>>
<<Dimostramelo!>> Puntò la pistola contro Abdul.
<<Altrimenti gli sparo!>>
Mi girai verso l'Egiziano che teneva sempre l'AK-47 verso di loro.
<<Se gli spara ammazzali tutti!>>, ordinai.
Carmine abbassò la pistola.
<<Allora, vuoi che te lo dimostri?>> Indicai il boccaporto
della nostra cabina. <<Lasciami prendere i documenti che mi hai
dato e vedrai che ho ragione.>>
Ci mise qualche secondo per realizzare e alla fine accettò.
<<Stai attento a non giocarmi degli scherzi, altrimenti a questo
qui gli facciamo saltare la testa!>>, gridò Antonio, strattonando
Abdul.
<<Amici stiamo calmi, per favore>>, piagnucolò il
nero. <<Che il Profeta mi aiuti. Altro che rapina semplice, semplice,
voi siete tutti pazzi.>>
<<Chiudi quella bocca!>>, gli ordinò Carmine. <<O
vuoi che ammazzo te per primo?>>
Scesi in cabina, presi la sacca da marinaio e ci buttai dentro la mia
Browning col colpo in canna e senza sicura, poi ritornai in coperta.
Pregavo che quei due fossero realmente ottusi come apparivano.
<<Ecco. Fammi salire a bordo.>>
Sollevai in alto le braccia assieme alla sacca.
<<Puoi vedere da te che sono disarmato>>, lo tranquillizzai.
<<Sali pure.>>
Montai sul barcone e mi avvicinai a Carmine. Abdul mi fissava aspettando
di capire quale sarebbe stata la mia prossima mossa. Per Malik non avevo
dubbi, al momento giusto sarebbe scattato come una molla e con lui Alì.
Alzai il braccio sinistro con la sacca. La stringevo in mano sul fianco
così che rimaneva aperta. Infilai dentro l'altra mano.
<<Osserva questa carta e capirai.>>
Carmine aveva abbassato la guardia e istintivamente anche il braccio
armato per allungare il collo e guardare cosa stavo tirando fuori.
Gli piantai la canna della Browning in faccia con uno scatto così
veloce che non riuscì nemmeno a rendersene conto e rimase come
un fesso, a bocca aperta.
<<Calmati>>, ordinai. <<Lascia cadere la pistola o
faccio saltare a te la testa. E tu>>, rivolto al compare, <<butta
la tua in mare o ammazzo il tuo capo.>>
Nello stesso momento sentivo dietro di me il tonfo dei piedi di Malik
che saltava a bordo e la botta secca con la quale stendeva il nero che
cadendo fece tremare l'intero barcone.
Saltò a bordo anche Alì che si diresse subito verso i
due Siciliani.
Antonio lasciò la pistola imitato da Carmine che, invece di alzare
le mani le abbassò davanti ai pantaloni. Alì gli stava
di fronte e lo teneva d'occhio.
<<Dio come siamo stati fessi!>>, mormorava Carmine, guardando
il cane con terrore.
Era talmente avvilito che a momenti si metteva a piangere.
Raccolsi le pistole e le gettai in mare mentre Abdul, recuperato l'AK-47,
legava assieme le due barche.
<<Cosa ne facciamo di questi cretini?>>, domandò
Malik, intanto che controllava il nero ancora svenuto. <<Quando
ho a che fare con tipi così, non mi diverto neanche un po'.>>
Non potevamo ucciderli a sangue freddo. Oltre a tutto, Channa ci scrutava
serio dal dhow e dubitavo che avrebbe approvato un metodo così
drastico.
<<Lasciamoli qui a prendere il sole.>>
Erano entrambi seduti contro la tuga con i musi lunghi e si rianimarono
alle mie parole.
<<Senza carburante, alla deriva>>, aggiunsi.
Il sollievo che mostravano si smorzò immediatamente.
<<Assassini>>, gridò Carmine.
<<Ma sta zitto anche tu!>>, brontolò Antonio guardandolo
con disprezzo. <<Farti fregare così!>>
Eravamo in una zona di mare frequentata e se nessuno li avesse raccolti,
in pochi giorni la corrente o il vento li avrebbe spinti a riva. La
mia in effetti non era una condanna a morte.
<<Abdul occupati del motore di questa bagnarola e tu Malik controlla
che non abbiano altre armi a bordo.
Dopo qualche minuto Abdul tornò in coperta. Aveva tra le mani
vari pezzi del motore.
<<Troppo complicato vuotare il serbatoio, ho pensato di fare qualche
ritocco.>> Si sporse a gettò tutto in mare. <<Ecco
fatto. Ora lo potrebbe prendere solamente un ferrivecchi.>>
Guardai i due Siciliani.
<<Vi auguro buona crociera e anche buona fortuna. Se il vento
vi spinge sulle coste dello Yemen di fortuna ne avrete bisogno. So che
ci sono certe tribù che non sono famose per l'ospitalità.
Se, invece, finite in Africa avete migliori probabilità di farcela.>>
Mi facevano quasi pena. <<Ultimo consiglio: se avvistate qualche
nave chiamate aiuto, però se è un dhow come il nostro,
ricordate che da queste parti c'è ancora la pirateria e nemmeno
loro sono molto socievoli. Se vi catturano vi vendono poi come schiavi.>>
<<Potreste anche finire come eunuchi in qualche harem nell'interno
dell'Arabia>>, aggiunse Abdul, ridacchiando.
Non ci fermammo ad ascoltare le loro maledizioni.
continua............