Trieste - il Bacino di San Giusto con il Molo Audace e la Rosa dei Venti

"Il primo aereo dell'Aviazione Civile Italiana partendo da questo specchio di mare legò Trieste a Torino - (1.4.1926/1.4.1956 Comune di Trieste)"
La S.I.S.A., ovvero Società Italiana Servizi Aerei, fondata dai fratelli triestini Cosulich, fu la prima linea di aviazione civile operante in Italia. Il 1º aprile 1926 avvenne il viaggio inaugurale con ai comandi il generale Balzani. La tratta aerea iniziale era Trieste-Torino-Trieste con scalo a Pavia e Venezia. La rotta seguiva il corso del fiume Po e comprendeva gli idroscali di Torino, Pavia, Venezia (costruiti ex novo) e quello di Trieste (riadattando quello militare). La flotta iniziale di aerei a disposizione era di soli due idrovolanti biplani CANT 10ter monomotore con posto per il pilota all'aperto e opportunità di alloggiare 5 passeggeri all'interno della carlinga. Il viaggio di 575 km veniva coperto in circa 5 ore di volo. Pochi mesi dopo il primo volo, ovvero il 16 ottobre 1926, venne creata la seconda linea che ideologicamente continuava la rotta della prima. Questa nuova rotta partiva da Venezia per arrivare tramite Trieste e Lussinpiccolo a Zara. Nel solo primo anno di attività la prima linea d'aerei civile italiana aveva effettuato 575 collegamenti, volando per 1.589 ore, percorrendo 238.262 km, trasportando 1.588 passeggeri, 13.470 kg di merci e bagagli e 12.946 kg di posta. Tutto questo senza nemmeno un incidente di grave entità. (da: wikipedia.org)

A destra, all'apice del Molo Audace, la palazzina dell'Ente Turismo inaugurata 22 Settembre 1953 dove sono poste le targhe fotografate sopra.

il Molo Audace

Nel 1740 colò a picco, per motivi imprecisati la fregata “San Carlo” della marina austriaca, che coi suoi 70 cannoni rendeva, per i mezzi di allora, difficile il recupero. Tre anni dopo, nel 1743, si pensò di costruirci sopra un molo, che fu chiamato “molo San Carlo”; i lavori durarono otto anni. Nel 1755 il ponte venne diviso, per motivi militari, in due da un breve ponte levatoio il legno con in cima una batteria. Nel 1861 sì allungò il molo, fu tolto il ponte levatoio, e si eresse in cima una rosa dei venti in pietra bianca. Nel 1922, dopo la Grande Guerra, cambiò il nome in “molo Audace”. Nel 1925 venne eretta una rosa dei venti in bronzo. (Fonte: Margherita Tauceri).
All'inizio il Molo San Carlo era misurava solamente 95 metri di lunghezza ed era unito alla riva tramite un ponte di legno. Nella seconda metà del 1700 fu allungato di 19 metri e nel 1860 di altri 132 metri, raggiungendo così la lunghezza di 246 metri. Il ponte fu poi eliminato, unendo il molo alla terraferma. Al molo San Carlo attraccavano navi passeggeri e mercantili. Il 3 novembre del 1918, terminata la Grande Guerra, la prima nave italiana ad entrare nel porto di Trieste e ad attraccare al molo San Carlo fu l’incrociatore Audace che diede il suo nome al molo. Una delle sue ancore è stata poi esposta alla base del Faro della Vittoria.


Nel tempo, con lo spostamento dei traffici marittimi in altre zone del porto, il molo Audace perse progressivamente la sua funzione mercantile, ed oggi vi attraccano saltuariamente solo imbarcazioni di passaggio. Il molo è rimasto così un frequentato luogo di passeggio, una passerella protesa sul mare dall'indubbio fascino, che completa la passeggiata sulle rive ed in piazza Unità d'Italia. (da: wikipedia)

« Per me al mondo non v'ha un più caro e fido luogo di questo.
Dove mai più solo mi sento e in buona compagnia che al molo San Carlo, e più mi piace l'onda e il lido? »


(Umberto Saba, Il molo, vv.1-4)


Il Molo Audace e sullo sfondo i monti della Carnia dopo una giornata di Bora

Nel 1925 in testa al molo, al posto della vecchia rosa dei venti in pietra, per ricordare l'arrivo del cacciatorpediniere Audace, venne sistemata la rosa dei venti in bronzo fissata su una colonna di pietra d'Orsera, opera dello scultore Alfonso Canciani (1863-1955) e del pittore Giuseppe Matteo Campitelli, fusa nella fonderia di Francesco Lapagna di San Giovanni. Porta l'epigrafe di Silvio Benco che cita: "Approdò a questo molo-la R. Nave Audace - prima col vessillo d'Italia - III Novembre MCMVIII - La data MCMIL (1949) incisa sulla colonna ricorda il ripristino della rosa dei venti dopo il danneggiamento subito durante la seconda guerra mondiale, che lasciò comunque integro il disco in bronzo. (Fonte: Margherita Tauceri)

Storia:
Nella notte fra il 4 e 5 settembre 1812, la fregata, che trasportava 44 cannoni e 350 uomini d'equipaggio, mentre era ormeggiata all'estremità del molo San Carlo, oggi molo Audace, proprio nel punto antistante la Diga, passata da poco la mezzanotte, prese fuoco la Santa Barbara e tutta la nave saltò in aria, affondando immediatamente. Tutto l’equipaggio perì. Si ipotizzò si fosse trattato di un atto di sabotaggio inglese per avere il dominio assoluto britannico sul mare Adriatico, vista che questa era l’unica nave che potesse ancora contrastare il loro dominio. Lo scoppio fu spaventoso e provocò un tremendo tuono e tale fu lo spostamento d’aria che moltissime case in città ebbero le porte e finestre sfondate dall'onda d’urto con una quantità immensa di vetri sparati in tutte le direzioni. Delle palle di cannone furono lanciate ad un'altezza così considerevole che, ricadendo, perforarono il tetto di molte case, fino alla cantina. Tutte le porte dei magazzini delle rive, nonostante molti fossero ben chiusi da catenacci, furono scardinate alcuni grossi frammenti della nave finirono sul tetto del Teatro Verdi. Nessun morto invece fu provocato in città. Alla mattina si videro galleggiare centinaia di cadaveri orrendamente mutilati, un gran numero di legnami e oggetti d’ogni genere che galleggiavano sul mare, che si cercò di recuperare. I corpi, fatti a pezzi, arenarono, portati dalla forte corrente marina, per lo più sulla spiaggia di Barcola e furono pietosamente sepolti fuori del cimitero, vicino al torrente Bovedo, proprio di fronte all'attuale muro di cinta del cimitero, una quarantina di salme. Ancora alla fine dell’Ottocento si vedeva a ridosso del muro di cinta del cimitero un grossolano tumulo di terra sormontato da una croce, formata con dei legni della “Danae”. Il 20 ottobre 1898, quello che restava della Danae venne sollevato dall'acqua e sistemato all'asciutto sulla sponda marina: mancava la parte anteriore della prora, schiantata dall'esplosione. Eliminato il fango, vennero raccolte molte ossa umane. Folto pubblico entrò poi nel relitto per osservare la massiccia struttura di legno della fregata: alla fine il legname venne utilizzato per rimodernare il bagno galleggiante Buchler. Al Museo del Mare di Trieste, via Campo Marzio 1, sono esposti alcuni resti della fregata francese Danae: la rozza “polena”, unico avanzo completo della fregata francese, un cannoncino, una palla di cannone e un salvagente. (Fonte: Dino Cafagna – Trieste di ieri e di oggi)



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