Trieste - Il Canal Grande e Via Gioacchino Rossini - 40 |
Sopra a destrai:
La targa
in memoria dell'Imperatrice Maria Teresa in Borgo Teresiano. Il Borgo
Teresiano fu progettato per dare un po' di respiro e sviluppo alla città
che stava assistendo al fiorire del commercio portuale. Venne ricavato
dall'interramento delle saline della città, urbanizzando un'area
al di fuori dalle mura. Con il suo asse viario a trama ortogonale, è
uno dei primi esempi di piani regolatori cittadini moderni. Il Borgo Teresiano
si sviluppa tra la via Carducci, il corso Italia, la stazione ferroviaria
e le rive. |
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Sopra: Il marometro posto alla base di una delle vecchie piazzole che sostenevano il vecchio ponte mobile e posta all'altezza del civico n. 10 di Via Rossini. Si tratta di una pietra graduata che segna l'altezza del punto zero sul livello del mare e le escursioni di marea. A sinistra: le antiche bitte d'ormeggio del 1700, detti "garofolini", quando nel canale, grazie ai ponti mobili, entravano i velieri. |
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Il
Canal Grande, con imbocco dal Bacino di San Giorgio, nel Porto Vecchio
è a tutt'oggi navigabile e si insinua nel cuore del borgo voluto
a metà del XVIII secolo da Maria Teresa d'Austria. Realizzato nel
1756 dal veneziano Matteo Pirona scavando il collettore principale delle
saline originariamente presenti sul luogo. Inizialmente si trattava di
una vera e propria darsena che arrivava fino all'attuale chiesa neoclassica
di Sant'Antonio Nuovo La parte terminale del canale fu interrata con le macerie della città vecchia dopo la fine della prima guerra mondiale e corrisponde all'omonima piazza. La presenza di tre ponti girevoli consentiva ai velieri di giungere fino al cuore della città per scaricare le merci. Oggi dei tre ponti ne sopravvivono due ma rimane il nome dell'attuale piazza Ponterosso a memoria del colore di uno dei tre originari. Sopra il ponte centrale, una statua riproduce un frettoloso James Joyce forse diretto verso la sua abitazione nel vicino palazzo che ospita oggi un caffè a lui dedicato. Nei decenni scorsi le vivaci venderigole (venditrici in dialetto) offrivano frutta, verdura e fiori in un mercato allestito all'aperto, oggi ancora presente. La fontana della piazza era alimentata dall'acqua di una sorgente del rione di San Giovanni, il cui putto è stato per questo battezzato dai triestini Giovanin de Ponterosso. |
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L'edificio
in Via Gioacchino Rossini n.10, noto come Casa Biasoletto, stilisticamente legato all'attiguo fabbricato
d'angolo tra via Roma e via Rossini, è stato costruito nel 1821
su progetto dell'architetto Giovanni Righetti. Attorno al 1839 vennero
apportate alcune modifiche ad opera di Valentino Valle. In origine l'edificio
aveva solo due piani, l'elevazione del terzo piano venne realizzata nel
1851 su disegno dello Smetich. Tuttavia, nella relazione allegata al decreto
di vincolo della Soprintendenza, si fa riferimento all'architetto Leopoldo
Colnhuber come autore di questa sopraelevazione. All'interno del palazzo,
il soffitto dell'atrio presenta un affresco raffigurante un'allegoria
della Grecia vittoriosa sui turchi con l'aggiunta delle date 1821-1881.
Probabilmente il dipinto fu commissionato dal proprietario dell'edificio,
di origine greca, nel sessantesimo anniversario della rivoluzione greca.
I fregi esterni: Tre pannelli a bassorilievo con scene di putti. Il pannello
a sinistra raffigura un baccanale con fanciulli e faunetti che giocano,
quello centrale putti che reggono ghirlande e due amorini con l'effigie
di Mercurio. Il pannello di destra raffigura putti con la capra Amaltea
che portano Bacco in trionfo. Il fregio, per la sua somiglianza con i
bassorilievi presenti nel Palazzo della Borsa Vecchia, è attribuito
ad Antonio Bosa, allievo del Canova. (da:http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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Casa
Galatti: L'edificio, dalle elaborate linee architettoniche, sorge all'angolo
tra le vie G. Rossini (già Contrada della Posta) e Trento (già
Contrada dei Carradori). L'affaccio principale prospetta via G. Rossini.
Sette eleganti paraste di ordine gigante, decorate da motivi a rilievo
di carattere floreale e zoomorfo, ne scandiscono la parte centrale coprendo
in altezza due piani (il primo e il secondo). All'animazione di facciata
concorrono inoltre finestre e porte-finestre coronate da timpani triangolari,
cornici marcapiano, mensole a voluta, nonché riquadri su cui campeggiano
leoni alati scolpiti a bassorilievo. Le specchiature sono collocate sotto
il davanzale delle finestre, che ne risultano cosí abbellite. Al
primo piano, inoltre, la presenza di un grande poggiolo dalla ringhiera
in ferro battuto. Tali elementi sia testimoniano la scelta di rinnovare,
interpretandola, la migliore espressione del neoclassicismo urbano, sia
costituiscono un indubbio simbolo dell'intraprendenza commerciale dei
committenti del palazzo. Lo stabile fu infatti per lungo tempo - fino
al 1898 - residenza effettiva dei conti Galatti. La famiglia, di origine
greca, giunse a Trieste dalla lontana isola di Chios attirata dalle prospettive
commerciali offerte a quel tempo dal Porto franco. L'abitazione sorse
sui fondi contrassegnati dai numeri 807, 881, 882 pertinenza dell'allora
Commendatore Giuseppe Muratti che, dalla famiglia Rossetti proprietaria
dell'immobile a partire dal 1782, ereditò uno stabile piuttosto
fatiscente. I lavori di costruzione non principiarono antecedentemente
al 1883. Il palazzo fu quindi ceduto il 18 aprile 1883 ai fratelli Costantino
e Stefano Galatti per un ammontare complessivo di 240.000 fiorini. Peraltro
il primo progetto di Casa Galatti risale al 1850 ed è opera di
Andrea Seu, capomaestro muratore. Tuttavia, nonostante l'approvazione
del Magistrato Civico competente, il progetto non venne realizzato: mancò
l'assenso di Anna Apostolopulo Carciotti e di Maria Carciotti Omero che
possedevano gli edifici confinanti. Tra il primo e il secondo piano è
visibile una lapide commemorativa. Voluta da Giuseppe Caprin, in memoria
della morte di Domenico Rossetti avvenuta nel 1842, vi si legge: MDCCCXCII
/ in onore/ di/ Domenica Rossetti/ vissuto alla patria/ qui morto nel
MDCCCXLII/ il Municipio. In realtà l'iscrizione tende a creare
degli equivoci: induce infatti a credere, erroneamente, che l'illustre
cittadino triestino sia morto proprio in quello stabile. Rossetti invece
si spense nella casa di sua proprietà in seguito demolita. Trasferitasi
a Vienna, la famiglia Galatti continuò a rimanere in possesso dell'immobile
fino al 1979, anno in cui lo cedette all'ing. Sergio Zini. (da: biblioteche.comune.trieste.it) |
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Sopra
e a sinistra: Case Hierschel - Di Lenardo: Nel 1825, subito dopo la
progettazione di Palazzo Vucetich, sempre l'arch. Antonio Buttazzoni
eseguiva queste case attigue che si trovano lungo il Canale. Sono
due edifici di identica fattura che costituiscono un unico blocco;
la sola differenza è data dalla maggior ampiezza di quella
verso sinistra, che comprende due finestre in più. Si tratta
di una delle opere che contribuirono al rinnovamento della zona e
che non si limita al fondale, dove di lì a pochi anni sorgerà
la chiesa di Sant'Antonio, ma si estende anche alle quinte laterali.
L'attuale aspetto non corrisponde, però, al progetto del Buttazzoni,
ma rappresenta il risultato di ripetute modifiche apportate dal Vittori
(1882) e dal Geiringer (1897), che hanno aggiunto ai palazzi decorazioni
di sapore eclettico, celandone l'originaria impostazione neoclassica.
(da: http://members.xoom.it) |
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Casa
Biasoletto-Homero divisa in due sezioni, opera del ticinese Giovanni Righetti
ed eretta nel 1821. La prima sezione ha subito modifiche nell'impaginazione
della facciata in periodi successivi; tuttavia, questi interventi posteriori
si sono mantenuti su una linea di complementarietà e rispetto senza
sconvolgere completamente il progetto originario. Infatti, la scansione
dei piani, i rapporti tra pieni e vuoti ed il ritmo elegante e decoroso
di questa facciata rimangono la logica conseguenza della proposta avviata
dalla sezione accanto. Probabilmente, i pannelli a bassorilievi rappresentanti
dei puttini che si muovono elegantemente, sono opera dello scultore bassanese
Antonio Bosa il quale, in una lettera alla Deputazione di Borsa, attribuisce
a se stesso la paternità (da:
http://members.xoom.it) |
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Casa
Reyer - Progetto dell'architetto Ruggero Berlam (1854 - 1920) situata
tra Via Gioacchino Rossini 6, Via Nicolò Machiavelli 5 e Via Trento
2 - Oggi del palazzo originale rmane solamente il portone settecentesco posto in Via Trento. Ultimo proprietario fu il commerciante di caffè Reinelt erede della ditta Reyer, dalla quale il palazzo prendeva il nome. Reinelt fu il triestino più ricco della fine del 1800.
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