Trieste
- Piazza Attilio Hortis e Piazzetta della Valle |
L’area dell’attuale piazza Hortis ha una storia molto affascinante: è qui infatti, allora area di una necropoli romana fuori le mura, che venne seppellito il corpo di San Giusto, appena ricuperato. Qui, finite le persecuzioni contro i cristiani, nel 300 d.C., quest’aria divenne un cimitero paleocristiano dove vennero pure sepolti alcuni altri Martiri Triestini dei primi secoli; per questo la vasta area che andò poi a formarsi prese la denominazione di “Borgo Santi Martiri”. Oggi di tutto questo resta la via Santi Martiri. Molti, infatti, furono a tal riguardo i reperti dell’epoca romana e basso-medievale ritrovati nel ’800 in quella zona durante gli scavi. Sotto la necropoli romana fuori le mura della Tergeste romana. (Fonte: Dino Cafagna)
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A fine Ottocento si trovavano ospitalità
nel Palazzo il Ginnasio, la Scuola Reale Superiore e la Scuola Cittadina,
con le sezioni maschile e femminile. Fino al 1968 l'edificio ha ospitato
il Civico Museo del Mare, successivamente trasferito nell'ex Lazzaretto
San Carlo. (da:http://biblioteche.comune.trieste.it/). Nel giardino di
fronte c'è il busto di Attilio Hortis, opera dello scultore Giovanni
Mayer (1836 - 1943). |
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Casa Biserini del 1802 dell'Arch. Bobolini costruita per volere dei fratelli
Giuseppe e Antonio Maurizio de Mohrenfeld; nel 1804 l'immobile risulta
di proprietà di Antonio Biserini, che nel 1808 lo lascia in eredità
ai figli Francesco e Barbarina e alla vedova Maria. Nel 1809 l'edificio
viene scelto dal maresciallo Marmont come sede dell'Intendenza. Tra il
1813 ed il 1817 l'edificio viene ristrutturato ad opera dell'architetto
Pietro Nobile, al quale si deve anche il progetto, poi non concretizzato,
di sistemazione della piazza. Su disegno di Nobile il palazzo viene alzato
di un piano e riadattato per ospitare le sedi dell'Accademia di Commercio
e di Nautica, delle Scuole Reali e dagli anni Venti dell'Ottocento della
Biblioteca Civica, prima Biblioteca degli Arcadi fondata a Gorizia alla
fine del Settecento. |
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Sopra: Da Siora Rosa, il buffet che ha saziato di prosciutto caldo in
crosta e birra generazioni di
studenti dell'ìstituto Tecnico Nautico. |
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Gli anni del secondo
dopoguerra videro la trasformazione dei locali d'affari della facciata
prospiciente l'antica Via Cavana, ora Via Torino, con l'introduzione,
nel 1951, di un locale da adibirsi a salone per parrucchiere su progetto
del geometra Luczak e la successiva destinazione a vendita di cicli e
motocicli (1974). Il cortile interno presenta una fontana con testa di
leone. La casa ospitò, per un certo periodo, due dei personaggi
triestini più illustri: lo scrittore Pierantonio Quarantotti-Gambini
(1910-1965) e il musicologo Carlo Schmidl (1859-1943), fondatore del Museo
Teatrale. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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Chiesa
di Sant'Antonio Vecchio, oggi Beata Vergine del Soccorso. |
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La Chiesa di Sant’Antonio Vecchio o della Beata Vergine del Soccorso di piazza Hortis e l’ingresso in piazzetta Santa Lucia, era anticamente dedicata a San Francesco, come riporta il carmelitano Ireneo della Croce (Trieste 1625-Venezia 1713) nel suo celebre testo del 1698 Historia antica, e moderna: sacra, e profana, della città di Trieste: “Fuori dalla città, ma ad essa contigui, il più antico è quello dei “Reverendi Padri Minori Conventuali di San Francesco”, fondato per quanto da immemorabile tradottione fermamente si tiene dal Glorioso Sant’Antonio da Padova del medesimo ordine.” |
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Antonio da Lisbona, nato nel 1195, divenuto canonico nel 1210 e frate francescano nel 1220, fu trasferito da San Francesco in persona a Bologna e quindi a Padova dove nel 1231 morì a soli 36 anni. Proclamato santo dal papa Gregorio IX dopo 11 mesi, la sua fama si diffuse rapidamente assieme a quella di San Francesco d’Assisi, morto nel 1226 e santificato nel 1228. Sul sito Sancta Ecclesia tergestina la Diocesi riferisce che nell’Archivio Vescovile risulta la venuta del canonico a Trieste dove nel 1229 accanto al Convento dei Minoriti fece costruire una chiesa consacrata nel 1234. Nel 1246 fu qui istituita la congregazione dei Patrizi per conservare la genealogia delle antiche famiglie nobili triestine delle Tredici Casade le uniche a essere ammesse e ad avere diritto alla sepoltura sotto il pavimento della Chiesa. La fondazione della Comunità, menzionata da Ireneo della Croce, fu ripresa anche nelle “Cronache dei Santi” scritte nel 1613 da Eufrasia Bonomo, badessa del convento delle Benedettine a San Cipriano, che attestò la dedizione della chiesa a San Francesco e solo più tardi a Sant’Antonio. La convivenza delle due confraternite perdurò pacificamente sino a quando la devozione al Santo di Padova aumentò a tal punto che il popolo indicava la chiesa con il nome di Sant’Antonio anziché di San Francesco. I malumori esplosero nel 1766 per la precedenza delle 2 statue in una processione e dopo la conclusione del corteo, che sfilò ugualmente tra canti e preghiere, i Francescani sbarrarono l’ingresso della chiesa all’effigie di Sant’Antonio. Offesissimi i confratelli la portarono provvisoriamente nella Chiesa del Rosario decidendo di erigere un’altra parrocchia per il culto al Santo Protettore. La chiesa di Sant’Antonio Nuovo fu completata nel 1771 ma quando poco tempo dopo si rivelò essere insufficiente fu indetto un concorso per il progetto di un edificio più solenne, poi aggiudicato all’architetto Pietro Nobile. Nel frattempo anche la chiesa San Francesco venne a sua volta ampliata e solennemente riconsacrata nel 1774 dal vescovo di Trieste conte di Herberstein e da quello di Pedena (in Istria) Aldrago Antonio de Picardi che la ribattezzarono con il nome di Beata Vergine del Soccorso, di San Francesco e Sant’Antonio, come risulta dalla pietra lapidaria sul portale. Dopo soli 10 anni l’antico convento adiacente fu soppresso da Giuseppe II d’Austria e la chiesa, assunta dal clero diocesano, divenne una filiale di Santa Maria Maggiore. Restaurata nel 1813 e ampliata nel 1847 divenne ufficialmente parrocchia e con i successivi lavori di conservazione e restauro assunse l’aspetto attuale con il solo nome di Beata Vergine del Soccorso. Ancora oggi però la Chiesa di Beata Vergine del Soccorso continua a essere chiamata di Sant’Antonio Vecchio in memoria delle sue antichissime origini. (Fonte: https://quitrieste.it/) |
Mario
Attilio Franceso Carlo Hortis (13.05.1850 - 23.02.1925), figura di storico
e filologo, deputato nel Parlamento di Vienna dal 1897 e, dopo la prima
guerra mondiale, senatore del Regno. Nel 1950 sia la Biblioteca che la
piazza antistante gli vennero dedicate in riconoscimento del ruolo svolto
nello studio e nella valorizzazione della cultura italiana come direttore
della Biblioteca (1873-1923) e come rappresentante della città
prima nell'organo rappresentativo austriaco, e in seguito nel Parlamento
italiano. |
Piazza (Piazzetta) della Valle |
Piazza della Valle: San Vito-Città Vecchia. Tra le vie Madonna del Mare e della Valle. C.A.P. 34124. Denominazione ottocentesca; la piazzetta venne così descritta da Generini nel 1884: «giace al capo superiore di via Madonna del mare, e venne così chiamata perché ad essa scendono come ad una valle i due tratti della via omonima. Andò formandosi come vedesi di presente, intorno il 1830 con la costruzione dell’edificio N. 1716 civ. 2, già proprietà di Giovanni Denicol, la cui facciata leggermente rientrante fu imitata dagli altri due stabili che la conterminano, conferendo in tal modo a questa piazzetta la forma arieggiante l’ovale. La fontana a pompa in fianco alla stessa, venne costruita nel 1853 » . L’elemento più caratteristico della piazzetta è la sua pianta ovale, dovuta alle facciate angolari dei palazzi che la prospettano, singolari per la forma concava. Al n. civ. 2 si trova un palazzo, modello per gli altri due vicini, eretto nel 1835 su progetto dell’arch. G. Degasperi; l’edificio al n. civ. 3 venne costruito dall’arch. F. Bruyn su progetto del 1834, la casa al n. civ. 1 risale invece al 1853 (prog. arch. Giov. Berlam). Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989. |
Piazzetta
della Valle: Si tratta di una piazzetta di forma rotonda. La curiosità
riguarda anche le case che vi si affacciano: seguono l'andamento circolare
presentando una certa concavità in facciata. Da questa piazza si
dipartono tre strade: una è via del Madonna del Mare e le altre
due portano il medesimo nome della piazzetta. Sotto questa piazza si sviluppa
un sistema di tre vie sotterranee che da una parte conduce alla Casa o
Rotonda Pancera e dall'altra si inoltra sotto via Cereria - via della
Galleria. Durante
la prima guerra mondiale, in questa piazza venne semi-interrata un'enorme
botte presa dalla fabbrica Dreher (dicono fosse capace di 10.000 litri)
per raccogliere l'acqua di una sorgente sotterranea che scendeva dalla
via San Michele. La fontanella pubblica "turca" del 1854, che
si vede ancora oggi, nella metà del secolo scorso pompava l'acqua
della cisterna ricavata dalla grande botte. |
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Sopra: Edificio realizzato nel 1835 su progetto di Giovanni Degasperi. Già di proprietà di Giovanni Denicol, l'immobile caratterizzato dalla particolare soluzione della facciata concava fu preso ad esempio dagli edifici contermini realizzati da Francesco Bruyn e Giovanni Berlam. Negli anni l'edificio ha subito diverse modifiche, tra cui un intervento di sopraelevazione nel 1869 e un intervento sulle finestre del pianterreno e del primo piano nel 1951. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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Sopra: L'immobile sorge sul sito in origine occupato dalla proprietà di Pietro Dorligo, passata in seguito a "L. Wagner e Compagnia" . Negli anni Trenta dell'Ottocento i cantieri cittadini sono concentrati all'interno del Borgo Giuseppino, interessato da un generale programma di sistemazione urbanistica. Nel 1832 l'area non risulta ancora urbanizzata; infatti risale al 1833 il piano di lottizzazione e urbanizzazione dell'area di Piazza della Valle, come completamento dei già esistenti borghi ottocenteschi e dell'abitato di Cittavecchia. La nuova sistemazione prevede una piazza circolare centrale su cui confluiscono tre direttrici viarie che recuperano le tre antiche contrade di Via San Michele, di Via della Madonna del Mare e Via Tigor. L'attività edificatoria che interessa questa parte della città viene affidata ad architetti appartenenti alla seconda o terza generazione degli artisti d'impronta neoclassica; tra i nomi più' importanti Giuseppe de Gasperi e Francesco Bruyn, autori dei progetti dei palazzi edificati su Piazza della Valle, seganti ai civici 2 e 3. L'immobile in esame viene realizzato a completamento della piazza; il progetto, recante la firma dell'architetto Giovanni Berlam, è approvato dal Magistrato civico in data 4 maggio 1853 . Il documento è intitolato "Piano per l'erezione d'un fabbricato da eseguirsi sul fondo N 587 in Piazza della Valle di proprietà del Sig. Giorgio Guinner". In data 16 agosto 1866 viene approvato il progetto di modifica dell'edificio; il disegno, datato 9 luglio 1866 e firmato dell'architetto Antonio Lorenzutti, prevede per il primo piano dell'edificio "la sua riforma in due quartieri, nonchè la costruzione di una scaletta di pietra per discendere al pianterreno". La struttura del palazzo segue l'originale soluzione di facciata concava adottata nei vicini edifici degli architetti Bruyn e de Gasperi, come adeguamento al limitato spazio dell'area. Nel 1986 viene approvato il piano di recupero di Piazza della Valle, che segue quello relativo a Via dei Capitelli e all'area di Via della Pescheria. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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Via
Madonna del Mare |
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Istituto magistrale Giosuè Carducci |
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Benchè
a Trieste esistesse già un Istituto Magistrale maschile, non altrettanto
accadeva per la sezione femminile la cui gestione era di fatto affidata
alle monache benedettine del Convento di S.Cipriano. Nel 1872 per supplire a tale mancanza il Municipio stabiliva la creazione di un Istituto Magistrale Comunale femminile di lingua italiana. A causa del numero sempre crescente di allieve nel 1874 l'Istituto si trasferì da via dell'Ospitale 8 nell'edificio di via Madonna del Mare di proprietà degli eredi Chiozza adattato l'anno precedente alle nuove esigenze scolastiche. Nel 1875 un'ordinanza ministeriale stabiliva tuttavia che dovessero esserci due soli istituti magistrali in tutto il Litorale: uno maschile a Capodistria e uno femminile a Gorizia. Trieste si vide perciò costretta a chiudere nel 1883 l'ultimo corso di maestre e a modificare l'ordinamento della scuola che infatti fu convertita, nel 1881, in Civico Liceo femminile di lingua italiana destinato alle figlie dei ceti più benestanti e strutturato in 10 anni di corso: 5 preparatori e 5 liceali. Nel 1898 l'edificio fu ampliato: venne costruita una nuova ala prospiciente via Tigor, mentre il giardino ed il cortile interno furono ingranditi. Solo nel 1908 il Ministero per l'Istruzione concesse al Liceo di tenere gli esami di matura e di rilasciare validi attestati riconosciuti pubblicamente. Nel 1911 la scuola contava già 1025 iscritte tanto che non fu più sufficiente l'innalzamento di un piano dell'edificio (avvenuto già l'anno precedente), ma fu necessario aprire una succursale, chiamata Secondo Liceo, in via S.Anastasio. Alla fine della prima Guerra Mondiale il Liceo veniva intitolato a Giosuè Carducci divenendo nel 1924 Istituto Magistrale. Nello stesso anno furono portati a compimento i lavori di restauro dei locali siti al pianoterra e destinati all'abitazione del bidello. Nel 1963 sotto l'edificio sono stati rinvenuti i resti di una basilica paleocristiana risalente al V secolo a.C. Gli Statuti civici di Trieste testimoniano la presenza della chiesa ancora nel 1150 allorquando venne intitolata a Santa Maria del Mare, questa mantenne le sue funzioni fino ad almeno il 1784 fino a quando cioè l'edificio fu soppresso e venduto per volontà di Giuseppe II. Fabbricato di forma allungata ad "L", definente i fronti strada sulla Via Madonna del Mare e sulla Via Tigor. In prossimità delle antiche mura medievali, il corpo edilizio appartiene ad una zona della città edificata nella seconda metà del secolo XIX, con corpi edilizi di medie dimensioni, leggermente inferiori a quelle del Borgo Giuseppino, a causa dell'orografia. Un portale dà accesso alla basilica paleocristiana rinvenuta nel corso di lavori stradali sulla Via Madonna del Mare e estesa al di sotto dell'edificio e del manto stradale stesso. Sulla Via Tigor il fabbricato si pone in continuità con l'attiguo palazzo edificato nello stesso periodo sulla particella catastale contigua e facente parte della medesima partita tavolare. Architettura di stile eclettico di seconda metà secolo XIX. (http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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Via
Madonna del Mare 15 |
Via Gaspara Stampa 8 |
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Sopra:
Piazza Cornelia Romana 1 e via dei Crociferi 5, edificio progettato dall’ing. L. Miani, con motivi liberty, del 1904-1905.- |
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Via Marcello Benedetto n, 2 e 4 |
Via Marcello Benedetto |
Via Marcello Benedetto |
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L'immagine del prospetto principale si caratterizza per la presenza del trattamento policromo delle superfici murarie, purtroppo oggi in cattivo stato di conservazione. Al pianoterra si aprono una serie di portoni disposti in asse con i fori finestra dei piani superiori. Ad arricchire le finestre centrali sono collocate delle bifore, con colonnine dotate di capitelli decorati a motivi vegetali. A coronamento del quarto piano corre una mensola marcapiano aggettante con archetti e mensoline. Risalta la particolarità dell'edificio nel recupero del linguaggio architettonico del contemporaneo Boito, interessato alla creazione di uno stile "italiano" mantenendo nello stesso tempo il dialogo con i principi dell'idealismo tedesco (da: http://biblioteche.comune.trieste.it/) |
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La comunità armena triestina visse, tra settecento e ottocento, una crescita travagliata che non le impedì tuttavia di lasciare un’imponente eredità linguistica e architettonica alla città, seppure con una minore impronta rispetto ai “fratelli” greci e serbo-ortodossi. Quando i padri mechitaristi armeni ritornarono a Trieste nel 1817 la chiesa, così come i paralleli edifici di servizio, vennero collocati in una zona che andava dai Santi Martiri a Via Tigor, approssimativamente su un versante del colle di San Vito. Tutt’oggi il Ministero della Cultura del Friuli Venezia Giulia, attraverso la Soprintendenza, scrive di un “colle armeno“, riferendosi alla tutela di un edificio d’inizio novecento nell’area. L’identità armena ricevette poi il suo simbolico suggello a inizio novecento, quando sul colle vennero costruiti cinque grandi edifici residenziali, destinati alla bassa borghesia, ad opera di un commerciante di tappeti, Haggi Giorgio Aidinian. Nel 1904 Berlam disegnò i progetti per due case armene, rispettivamente in via Benedetto Marcello 2 e 4. Si tratta di edifici pressoché identici, che sembrano diversi solo perchè presenti su un terreno inclinato. Si trattava di edifici residenziali di cinque piani che Berlam arricchì con tanti particolari medievaleggianti: archetti pensili, finestre centinate a monofora o bifora, colonnine su mensole a mascherone. L’apparato decorativo fu opera rispettivamente del figlio Arduino e del pittore Pietro Lucano (1878-1972). (Da: www.triesteallnews.it/2021/06/le-case-italianissime-di-trieste-costruite-da-un-mercante-armeno) |
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