Trieste - Piazza Attilio Hortis e Piazzetta della Valle

L’area dell’attuale piazza Hortis ha una storia molto affascinante: è qui infatti, allora area di una necropoli romana fuori le mura, che venne seppellito il corpo di San Giusto, appena ricuperato. Qui, finite le persecuzioni contro i cristiani, nel 300 d.C., quest’aria divenne un cimitero paleocristiano dove vennero pure sepolti alcuni altri Martiri Triestini dei primi secoli; per questo la vasta area che andò poi a formarsi prese la denominazione di “Borgo Santi Martiri”. Oggi di tutto questo resta la via Santi Martiri. Molti, infatti, furono a tal riguardo i reperti dell’epoca romana e basso-medievale ritrovati nel ’800 in quella zona durante gli scavi. Sotto la necropoli romana fuori le mura della Tergeste romana. (Fonte: Dino Cafagna)
Piazza Attilio Hortis, antico sito di permanenza cimiteriale in epoca paleocristiana, fu ricavata dopo la demolizione di una parte del convento dei padri minoriti annesso alla chiesa di Sant'Antonio Vecchio, oggi Beata Vergine del Soccorso. L'amministrazione francese la intitolò alla vittoria di Lutzen, mentre il governo austriaco la ribattezzò Piazza Lipsia per celebrare la sconfitta napoleonica. Fu chiamata anche Piazza degli Studi per la presenza dell'imperialregia Accademia di Commercio e Nautica, oggi Istituto Nautico.

L'edificio che attualmente ospita l'Istituto Tecnico Nautico "Tomaso di Savoia Duca di Genova", la Scuola Elementare Nazario Sauro e l'Istituto tecnico Gian Rinaldo Carli, fu costruito tra il 1875 e il 1877 su progetto dell'ingegnere Giovanni Righetti. L'immobile fu fatto costruire dalla Banca Triestina di Costruzioni con lo scopo di riunire in un'unica sede tutte le scuole del borgo Giuseppino. L'area sulla quale venne eretto il palazzo delle scuole in precedenza era occupata da due stabili erariali. La prima pietra dell'edificio fu posta l'8 maggio 1875. Nel 1876 iniziarono a funzionare le prime scuole all'interno dell'immobile.

A fine Ottocento si trovavano ospitalità nel Palazzo il Ginnasio, la Scuola Reale Superiore e la Scuola Cittadina, con le sezioni maschile e femminile. Fino al 1968 l'edificio ha ospitato il Civico Museo del Mare, successivamente trasferito nell'ex Lazzaretto San Carlo. (da:http://biblioteche.comune.trieste.it/). Nel giardino di fronte c'è il busto di Attilio Hortis, opera dello scultore Giovanni Mayer (1836 - 1943).

La statua di Italo Svevo (opera dello scultore Nino Spagnoli del 2004) e sullo sfondo l'Istituto Nautico e il busto di Attilio Hortis a sinistra e a destra l'Arcivescovado su Via Cavana e a destra la chiesa di Sant'Antonio Vecchio, oggi Beata Vergine del Soccorso.

Casa Biserini del 1802 dell'Arch. Bobolini costruita per volere dei fratelli Giuseppe e Antonio Maurizio de Mohrenfeld; nel 1804 l'immobile risulta di proprietà di Antonio Biserini, che nel 1808 lo lascia in eredità ai figli Francesco e Barbarina e alla vedova Maria. Nel 1809 l'edificio viene scelto dal maresciallo Marmont come sede dell'Intendenza. Tra il 1813 ed il 1817 l'edificio viene ristrutturato ad opera dell'architetto Pietro Nobile, al quale si deve anche il progetto, poi non concretizzato, di sistemazione della piazza. Su disegno di Nobile il palazzo viene alzato di un piano e riadattato per ospitare le sedi dell'Accademia di Commercio e di Nautica, delle Scuole Reali e dagli anni Venti dell'Ottocento della Biblioteca Civica, prima Biblioteca degli Arcadi fondata a Gorizia alla fine del Settecento.

A partire dal 1838 si susseguono diversi interventi tra cui la costruzione di una "specola ad uso astronomico sul tetto dell'edificio". Nel 1856 il palazzo viene sopraelevato di un piano per ospitare il Museo di Storia Naturale, posto sotto l'alta protezione dell'arciduca Ferdinando Massimiliano, affiancato dal 1874 al terzo decennio del Novecento dal Museo Civico di Storia ed Arte.

La Biblioteca Civica, in origine collocata nell'edificio magistratuale in Piazza Grande, viene aperta il 5 febbraio 1822; tra i direttori più illustri dell'istituto si possono nominare Domenico Rossetti, con il suo importante lascito di preziosi codici e il letterato, senatore e vicepresidente del Senato Attilio Hortis, in carica dal 1873 al 1922. Dal 1929, dopo il trasferimento degli Istituti Nautico e Commerciale e del Museo di Storia ed Arte, la biblioteca si è dotata di nuove sale studio e locali per il deposito del materiale librario. Attualmente l'edificio ospita la Biblioteca Civica, il Civico Museo di Storia Naturale e la nuova Emeroteca al pianoterra. Il palazzo sorge nel sito in origine occupato dalle proprietà dei Frati Minori del duecentesco convento di San Francesco, soppresso nel 1788, di cui rimane testimonianza nella chiesa di Sant'Antonio Vecchio. Parte dell'antico convento viene demolita nel 1796, la rimanente porzione nel 1813 per volere del barone Angelo Calafatti, al quale si deve anche l'istituzione dell'attigua Piazza Lützen, poi Lipsia, oggi Piazza Attilio Hortis. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it)


Sopra: Da Siora Rosa, il buffet che ha saziato di prosciutto caldo in crosta e birra generazioni di studenti dell'ìstituto Tecnico Nautico.

A sinistra: Palazzo Premuda-Senitzer, tra la piazza e Via Torino. E' un imponente edificio a 4 piani, sobrio nella sua semplice linearità, con un fregio di due rapaci sotto uno dei poggioli della stretta facciata prospettante l'attuale Piazza Hortis, risale all'inizio del XIX secolo. Il fabbricato, opera di Giovanni Righetti e figlio, fu ultimato durante la seconda occupazione francese.
Le due aquile napoleoniche sotto il poggiolo e la data 1805 confermano l'epoca della sua costruzione. Attualmente ospita il Museo della Civiltà Istriana, Fiumana e Dalmata. Il palazzo ospitò per un periodo il marchese Alberto Francesco de Morè, conte di Pontgibaud, meglio conosciuto con il nome di Giuseppe La Brosse (1754-1824).
Scampato ai pericoli della rivoluzione francese e dopo l'arresto della famiglia reale, il nobiluomo francese giunse a Trieste nel 1799 divenendo ben presto un agente napoleonico, acquistando fama e notorietà nell'ambito del mondo economico cittadino.
Nel 1874 l'edificio venne lasciato dalla vedova, morta nel 1905, al Comune come "Fondazione Stipendi Babette Walmann". Nel 1910 la casa fu destinata ad ospitare gli Uffici Sanitari e i laboratori del Fisicato Civico poi Ufficio Comunale di Sanità e Igiene.
L'intero caseggiato fu quindi adattato alle nuove esigenze. Al primo piano vennero ubicati alcuni uffici, tra i quali quelli del Protofisico e della Guardia Sanitaria nonché un laboratorio.

Al secondo piano la biblioteca, la cancelleria ed altri laboratori.

Gli anni del secondo dopoguerra videro la trasformazione dei locali d'affari della facciata prospiciente l'antica Via Cavana, ora Via Torino, con l'introduzione, nel 1951, di un locale da adibirsi a salone per parrucchiere su progetto del geometra Luczak e la successiva destinazione a vendita di cicli e motocicli (1974). Il cortile interno presenta una fontana con testa di leone. La casa ospitò, per un certo periodo, due dei personaggi triestini più illustri: lo scrittore Pierantonio Quarantotti-Gambini (1910-1965) e il musicologo Carlo Schmidl (1859-1943), fondatore del Museo Teatrale. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it)

Sopra e a sinistra: Tra il Museo della Civiltà Istriana, Fiumana e Dalmata e Casa Biserini si trova Casa Czvietovich del 1839, Progetto dell'Architetto Brujn, che fu sede del tribunale tra il 1860 e il 1929 e poi sede del Provveditorato degli Studi, posta a sua volta tra via Emanuele Filiberto Duca d'Aosta e Via Giacomo Ciamician.

Chiesa di Sant'Antonio Vecchio,
oggi Beata Vergine del Soccorso.
La Chiesa di Sant’Antonio Vecchio o della Beata Vergine del Soccorso di piazza Hortis e l’ingresso in piazzetta Santa Lucia, era anticamente dedicata a San Francesco, come riporta il carmelitano Ireneo della Croce (Trieste 1625-Venezia 1713) nel suo celebre testo del 1698 Historia antica, e moderna: sacra, e profana, della città di Trieste: “Fuori dalla città, ma ad essa contigui, il più antico è quello dei “Reverendi Padri Minori Conventuali di San Francesco”, fondato per quanto da immemorabile tradottione fermamente si tiene dal Glorioso Sant’Antonio da Padova del medesimo ordine.”
Antonio da Lisbona, nato nel 1195, divenuto canonico nel 1210 e frate francescano nel 1220, fu trasferito da San Francesco in persona a Bologna e quindi a Padova dove nel 1231 morì a soli 36 anni. Proclamato santo dal papa Gregorio IX dopo 11 mesi, la sua fama si diffuse rapidamente assieme a quella di San Francesco d’Assisi, morto nel 1226 e santificato nel 1228. Sul sito Sancta Ecclesia tergestina la Diocesi riferisce che nell’Archivio Vescovile risulta la venuta del canonico a Trieste dove nel 1229 accanto al Convento dei Minoriti fece costruire una chiesa consacrata nel 1234. Nel 1246 fu qui istituita la congregazione dei Patrizi per conservare la genealogia delle antiche famiglie nobili triestine delle Tredici Casade le uniche a essere ammesse e ad avere diritto alla sepoltura sotto il pavimento della Chiesa. La fondazione della Comunità, menzionata da Ireneo della Croce, fu ripresa anche nelle “Cronache dei Santi” scritte nel 1613 da Eufrasia Bonomo, badessa del convento delle Benedettine a San Cipriano, che attestò la dedizione della chiesa a San Francesco e solo più tardi a Sant’Antonio.
La convivenza delle due confraternite perdurò pacificamente sino a quando la devozione al Santo di Padova aumentò a tal punto che il popolo indicava la chiesa con il nome di Sant’Antonio anziché di San Francesco. I malumori esplosero nel 1766 per la precedenza delle 2 statue in una processione e dopo la conclusione del corteo, che sfilò ugualmente tra canti e preghiere, i Francescani sbarrarono l’ingresso della chiesa all’effigie di Sant’Antonio. Offesissimi i confratelli la portarono provvisoriamente nella Chiesa del Rosario decidendo di erigere un’altra parrocchia per il culto al Santo Protettore. La chiesa di Sant’Antonio Nuovo fu completata nel 1771 ma quando poco tempo dopo si rivelò essere insufficiente fu indetto un concorso per il progetto di un edificio più solenne, poi aggiudicato all’architetto Pietro Nobile. Nel frattempo anche la chiesa San Francesco venne a sua volta ampliata e solennemente riconsacrata nel 1774 dal vescovo di Trieste conte di Herberstein e da quello di Pedena (in Istria) Aldrago Antonio de Picardi che la ribattezzarono con il nome di Beata Vergine del Soccorso, di San Francesco e Sant’Antonio, come risulta dalla pietra lapidaria sul portale.
Dopo soli 10 anni l’antico convento adiacente fu soppresso da Giuseppe II d’Austria e la chiesa, assunta dal clero diocesano, divenne una filiale di Santa Maria Maggiore. Restaurata nel 1813 e ampliata nel 1847 divenne ufficialmente parrocchia e con i successivi lavori di conservazione e restauro assunse l’aspetto attuale con il solo nome di Beata Vergine del Soccorso. Ancora oggi però la Chiesa di Beata Vergine del Soccorso continua a essere chiamata di Sant’Antonio Vecchio in memoria delle sue antichissime origini. (Fonte: https://quitrieste.it/)

Mario Attilio Franceso Carlo Hortis (13.05.1850 - 23.02.1925), figura di storico e filologo, deputato nel Parlamento di Vienna dal 1897 e, dopo la prima guerra mondiale, senatore del Regno. Nel 1950 sia la Biblioteca che la piazza antistante gli vennero dedicate in riconoscimento del ruolo svolto nello studio e nella valorizzazione della cultura italiana come direttore della Biblioteca (1873-1923) e come rappresentante della città prima nell'organo rappresentativo austriaco, e in seguito nel Parlamento italiano.
Piazza (Piazzetta) della Valle
Piazza della Valle: San Vito-Città Vecchia. Tra le vie Madonna del Mare e della Valle. C.A.P. 34124. Denominazione ottocentesca; la piazzetta venne così descritta da Generini nel 1884: «giace al capo superiore di via Madonna del mare, e venne così chiamata perché ad essa scendono come ad una valle i due tratti della via omonima. Andò formandosi come vedesi di presente, intorno il 1830 con la costruzione dell’edificio N. 1716 civ. 2, già proprietà di Giovanni Denicol, la cui facciata leggermente rientrante fu imitata dagli altri due stabili che la conterminano, conferendo in tal modo a questa piazzetta la forma arieggiante l’ovale. La fontana a pompa in fianco alla stessa, venne costruita nel 1853 » . L’elemento più caratteristico della piazzetta è la sua pianta ovale, dovuta alle facciate angolari dei palazzi che la prospettano, singolari per la forma concava. Al n. civ. 2 si trova un palazzo, modello per gli altri due vicini, eretto nel 1835 su progetto dell’arch. G. Degasperi; l’edificio al n. civ. 3 venne costruito dall’arch. F. Bruyn su progetto del 1834, la casa al n. civ. 1 risale invece al 1853 (prog. arch. Giov. Berlam). Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.
Piazzetta della Valle: Si tratta di una piazzetta di forma rotonda. La curiosità riguarda anche le case che vi si affacciano: seguono l'andamento circolare presentando una certa concavità in facciata. Da questa piazza si dipartono tre strade: una è via del Madonna del Mare e le altre due portano il medesimo nome della piazzetta. Sotto questa piazza si sviluppa un sistema di tre vie sotterranee che da una parte conduce alla Casa o Rotonda Pancera e dall'altra si inoltra sotto via Cereria - via della Galleria. Durante la prima guerra mondiale, in questa piazza venne semi-interrata un'enorme botte presa dalla fabbrica Dreher (dicono fosse capace di 10.000 litri) per raccogliere l'acqua di una sorgente sotterranea che scendeva dalla via San Michele. La fontanella pubblica "turca" del 1854, che si vede ancora oggi, nella metà del secolo scorso pompava l'acqua della cisterna ricavata dalla grande botte.

Sopra:
L'edificio sorge sul sito in origine occupato dalla proprietà di Pietro Dorligo, passata in seguito a "L. Wagner e Compagnia". Francesco Bruyn firma il progetto, approvato dall'I.R. Magistrato in data 6 settembre 1834; il documento reca il titolo "Piano della nuova casa, di proprietà del Sig. Giuseppe Campitelli, da erigersi in Trieste, nella contrada di seguito a quella della Madonna del Mare". In data 18 aprile 1835 viene approvato il progetto di sopraelevazione dell'edificio ideato dallo stesso architetto Francesco Bruyn. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it)

Sopra: Edificio realizzato nel 1835 su progetto di Giovanni Degasperi. Già di proprietà di Giovanni Denicol, l'immobile caratterizzato dalla particolare soluzione della facciata concava fu preso ad esempio dagli edifici contermini realizzati da Francesco Bruyn e Giovanni Berlam. Negli anni l'edificio ha subito diverse modifiche, tra cui un intervento di sopraelevazione nel 1869 e un intervento sulle finestre del pianterreno e del primo piano nel 1951. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it)

Sopra: L'immobile sorge sul sito in origine occupato dalla proprietà di Pietro Dorligo, passata in seguito a "L. Wagner e Compagnia" . Negli anni Trenta dell'Ottocento i cantieri cittadini sono concentrati all'interno del Borgo Giuseppino, interessato da un generale programma di sistemazione urbanistica. Nel 1832 l'area non risulta ancora urbanizzata; infatti risale al 1833 il piano di lottizzazione e urbanizzazione dell'area di Piazza della Valle, come completamento dei già esistenti borghi ottocenteschi e dell'abitato di Cittavecchia. La nuova sistemazione prevede una piazza circolare centrale su cui confluiscono tre direttrici viarie che recuperano le tre antiche contrade di Via San Michele, di Via della Madonna del Mare e Via Tigor. L'attività edificatoria che interessa questa parte della città viene affidata ad architetti appartenenti alla seconda o terza generazione degli artisti d'impronta neoclassica; tra i nomi più' importanti Giuseppe de Gasperi e Francesco Bruyn, autori dei progetti dei palazzi edificati su Piazza della Valle, seganti ai civici 2 e 3. L'immobile in esame viene realizzato a completamento della piazza; il progetto, recante la firma dell'architetto Giovanni Berlam, è approvato dal Magistrato civico in data 4 maggio 1853 . Il documento è intitolato "Piano per l'erezione d'un fabbricato da eseguirsi sul fondo N 587 in Piazza della Valle di proprietà del Sig. Giorgio Guinner". In data 16 agosto 1866 viene approvato il progetto di modifica dell'edificio; il disegno, datato 9 luglio 1866 e firmato dell'architetto Antonio Lorenzutti, prevede per il primo piano dell'edificio "la sua riforma in due quartieri, nonchè la costruzione di una scaletta di pietra per discendere al pianterreno". La struttura del palazzo segue l'originale soluzione di facciata concava adottata nei vicini edifici degli architetti Bruyn e de Gasperi, come adeguamento al limitato spazio dell'area. Nel 1986 viene approvato il piano di recupero di Piazza della Valle, che segue quello relativo a Via dei Capitelli e all'area di Via della Pescheria. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it)

Via Madonna del Mare

Istituto magistrale Giosuè Carducci
Benchè a Trieste esistesse già un Istituto Magistrale maschile, non altrettanto accadeva per la sezione femminile la cui gestione era di fatto affidata alle monache benedettine del Convento di S.Cipriano.
Nel 1872 per supplire a tale mancanza il Municipio stabiliva la creazione di un Istituto Magistrale Comunale femminile di lingua italiana. A causa del numero sempre crescente di allieve nel 1874 l'Istituto si trasferì da via dell'Ospitale 8 nell'edificio di via Madonna del Mare di proprietà degli eredi Chiozza adattato l'anno precedente alle nuove esigenze scolastiche. Nel 1875 un'ordinanza ministeriale stabiliva tuttavia che dovessero esserci due soli istituti magistrali in tutto il Litorale: uno maschile a Capodistria e uno femminile a Gorizia. Trieste si vide perciò costretta a chiudere nel 1883 l'ultimo corso di maestre e a modificare l'ordinamento della scuola che infatti fu convertita, nel 1881, in Civico Liceo femminile di lingua italiana destinato alle figlie dei ceti più benestanti e strutturato in 10 anni di corso: 5 preparatori e 5 liceali. Nel 1898 l'edificio fu ampliato: venne costruita una nuova ala prospiciente via Tigor, mentre il giardino ed il cortile interno furono ingranditi.
Solo nel 1908 il Ministero per l'Istruzione concesse al Liceo di tenere gli esami di matura e di rilasciare validi attestati riconosciuti pubblicamente. Nel 1911 la scuola contava già 1025 iscritte tanto che non fu più sufficiente l'innalzamento di un piano dell'edificio (avvenuto già l'anno precedente), ma fu necessario aprire una succursale, chiamata Secondo Liceo, in via S.Anastasio. Alla fine della prima Guerra Mondiale il Liceo veniva intitolato a Giosuè Carducci divenendo nel 1924 Istituto Magistrale. Nello stesso anno furono portati a compimento i lavori di restauro dei locali siti al pianoterra e destinati all'abitazione del bidello.
Nel 1963 sotto l'edificio sono stati rinvenuti i resti di una basilica paleocristiana risalente al V secolo a.C. Gli Statuti civici di Trieste testimoniano la presenza della chiesa ancora nel 1150 allorquando venne intitolata a Santa Maria del Mare, questa mantenne le sue funzioni fino ad almeno il 1784 fino a quando cioè l'edificio fu soppresso e venduto per volontà di Giuseppe II.
Fabbricato di forma allungata ad "L", definente i fronti strada sulla Via Madonna del Mare e sulla Via Tigor. In prossimità delle antiche mura medievali, il corpo edilizio appartiene ad una zona della città edificata nella seconda metà del secolo XIX, con corpi edilizi di medie dimensioni, leggermente inferiori a quelle del Borgo Giuseppino, a causa dell'orografia.
Un portale dà accesso alla basilica paleocristiana rinvenuta nel corso di lavori stradali sulla Via Madonna del Mare e estesa al di sotto dell'edificio e del manto stradale stesso. Sulla Via Tigor il fabbricato si pone in continuità con l'attiguo palazzo edificato nello stesso periodo sulla particella catastale contigua e facente parte della medesima partita tavolare. Architettura di stile eclettico di seconda metà secolo XIX. (http://biblioteche.comune.trieste.it)

A sinistra: Sorto inizialmente come dimora privata di proprietà di Pietro Mecchia, il fabbricato di Via Madonna del Mare, risalente alla fine del XVIII secolo, fu successivamente modificato nella sua struttura originaria ospitando varie organizzazioni di carattere pubblico. L'attuale configurazione risulta già censita nella mappa tavolare del 1836. Fu quindi sede: del Sovrano Erario I.R. Amministrazione Giudiziaria, delle Guardie Municipali, del Refettorio Scolastico, del I° Settore della Delegazione Municipale, dei Vigili Urbani, dell'abitazione del bidello dell'attiguo Istituto Magistrale ed infine del Carcere preventivo militare. Nella seconda metà del XX secolo l'edificio fu destinato anche a Deposito della Nettezza urbana e successivamente a Stamperia Comunale.
Il fabbricato, che ospitava, le Carceri civili è situato ai piedi del colle di San Vito, proprio nel punto in cui, dall'area pianeggiante del Borgo Giuseppino, iniziano le pendenze della città vecchia. Risalendo la strada, è posto a testata di un ampio lotto; si affaccia quindi sia su Via Madonna del Mare che su Via Tigor.
( http://biblioteche.comune.trieste.it)

Via Madonna del Mare 15


Via Gaspara Stampa 8

Sopra e a sinistra:

La casa liberty costruita all'angolo tra via Gaspara Stampa e via Benedetto Marcello fu edificata nel 1902 su progetto dell'ingegnere Michele Bussi.
L'edificio, ad uso residenziale, è inserito nell'ambito di un contesto urbanistico che si evidenzia per conformità e contemporaneità di stile, dove spiccano diversi esempi di architettura dai connotati liberty. L'immobile si distingue per una coerente adesione ai canoni dello stile floreale sia per l'articolazione dell'impianto architettonico che per la componente più specificamente ornamentale che ne connota le facciate.
(da: http://biblioteche.comune.trieste.it)


Sopra: Piazza Cornelia Romana 1 e via dei Crociferi 5, edificio progettato dall’ing. L. Miani, con motivi liberty, del 1904-1905.-
La Piazza Cornelia Romana dal 13.2.1903 ricorda la celebre matrona romana Cornelia (IV sec. a.C.), figlia di Scipione l'Africano,
moglie di T. Sempronio Gracco e madre dei tribuni Tiberio e Caio Gracco.


Via Marcello Benedet
to n, 2 e 4

Via Marcello Benedetto

Via Marcello Benedetto

Nell'area residenziale del colle di San Vito, l'architetto Ruggero Berlam progetta la costruzione di un innovativo complesso immobiliare tra le vie Tigor, Giustinelli, Gaspara Stampa e Benedetto Marcello. La struttura doveva comprendere cinque ampie case d'abitazione destinate ad ospitare appartamenti in locazione. Realizzate, con ogni probabilità, all'inizi della collaborazione con il figlio Arduino, "le grandi case Haggi", dal nome dell'originario proprietario, vengono considerate da molti studiosi una delle esperienze più significative nell'ambito dell'edilizia residenziale triestina all'aprirsi del Novecento. L'immobile oggetto della presente relazione viene identificato come la prima impresa di Ruggero con Arduino Berlam. La commissione del palazzo arriva dal mercante armeno Haggi Giorgio Aydinian nel 1900; i progetti, a firma del solo Ruggero, si fanno risalire agli anni tra il 1902 ed il 1905. I due edifici, corrispondenti ai civici n 2 e 4, pur presentandosi analoghi nella struttura architettonica, si rivelano sfalsati a causa della pendenza della strada. La struttura è a cinque livelli fuori terra, con due unità abitative per piano. Nella progettazione della planimetria dei piani, viene confermata la tipologia distributiva degli spazi propria dell'architettura dell'epoca.

L'immagine del prospetto principale si caratterizza per la presenza del trattamento policromo delle superfici murarie, purtroppo oggi in cattivo stato di conservazione. Al pianoterra si aprono una serie di portoni disposti in asse con i fori finestra dei piani superiori. Ad arricchire le finestre centrali sono collocate delle bifore, con colonnine dotate di capitelli decorati a motivi vegetali. A coronamento del quarto piano corre una mensola marcapiano aggettante con archetti e mensoline. Risalta la particolarità dell'edificio nel recupero del linguaggio architettonico del contemporaneo Boito, interessato alla creazione di uno stile "italiano" mantenendo nello stesso tempo il dialogo con i principi dell'idealismo tedesco (da: http://biblioteche.comune.trieste.it/)
La comunità armena triestina visse, tra settecento e ottocento, una crescita travagliata che non le impedì tuttavia di lasciare un’imponente eredità linguistica e architettonica alla città, seppure con una minore impronta rispetto ai “fratelli” greci e serbo-ortodossi. Quando i padri mechitaristi armeni ritornarono a Trieste nel 1817 la chiesa, così come i paralleli edifici di servizio, vennero collocati in una zona che andava dai Santi Martiri a Via Tigor, approssimativamente su un versante del colle di San Vito. Tutt’oggi il Ministero della Cultura del Friuli Venezia Giulia, attraverso la Soprintendenza, scrive di un “colle armeno“, riferendosi alla tutela di un edificio d’inizio novecento nell’area. L’identità armena ricevette poi il suo simbolico suggello a inizio novecento, quando sul colle vennero costruiti cinque grandi edifici residenziali, destinati alla bassa borghesia, ad opera di un commerciante di tappeti, Haggi Giorgio Aidinian.
Nel 1904 Berlam disegnò i progetti per due case armene, rispettivamente in via Benedetto Marcello 2 e 4. Si tratta di edifici pressoché identici, che sembrano diversi solo perchè presenti su un terreno inclinato. Si trattava di edifici residenziali di cinque piani che Berlam arricchì con tanti particolari medievaleggianti: archetti pensili, finestre centinate a monofora o bifora, colonnine su mensole a mascherone. L’apparato decorativo fu opera rispettivamente del figlio Arduino e del pittore Pietro Lucano (1878-1972). (Da: www.triesteallnews.it/2021/06/le-case-italianissime-di-trieste-costruite-da-un-mercante-armeno)



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