Trieste - Il Canal Grande e Via Gioacchino Rossini |
Sopra a destra:
La targa
in memoria dell'Imperatrice Maria Teresa in Borgo Teresiano. Il Borgo
Teresiano fu progettato per dare un po' di respiro e sviluppo alla città
che stava assistendo al fiorire del commercio portuale. Venne ricavato
dall'interramento delle saline della città, urbanizzando un'area
al di fuori dalle mura. Con il suo asse viario a trama ortogonale, è
uno dei primi esempi di piani regolatori cittadini moderni. Il Borgo Teresiano
si sviluppa tra la via Carducci, il corso Italia, la stazione ferroviaria
e le rive. |
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Sopra: Il marometro posto alla base di una delle vecchie piazzole che sostenevano il vecchio ponte mobile e posta all'altezza del civico n. 10 di Via Rossini. Si tratta di una pietra graduata che segna l'altezza del punto zero sul livello del mare e le escursioni di marea. |
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Curiosità: (Fonte: Paolo Rumiz nel suo 'Viaggio a piedi in Istria ) "Durante la traversata Cesare Tarabocchia da Lussino raccontò una storia stupefacente. Disse che nel 1918, col passaggio di Trieste all'Italia, il punto zero trigonometrico agganciato al livello del mare non fu più calcolato sull'Adriatico settentrionale, ma sul Tirreno, con punto di riferimento Genova. E poiché il mare d'Occidente era mediamente più basso di quaranta centimetri rispetto a quello d'Oriente, il livello reale del mare a Trieste risultò quasi sempre superiore a quello virtuale impostoci dai tirrenici, il che falsò dalle nostre parti le misure altimetriche calcolate su quello zero d'importazione. C'erano sempre quaranta centimetri in meno. Gli italiani ignoravano che tutto il reticolo delle altimetrie austro-ungariche era stato costruito proprio a partire dallo zero triestino, e per la precisione sul livello del mare nel canale di Ponterosso, misurato dai geografi imperiali. Non sapevano che l'altezza dei monti transilvani e della Slovacchia, dei campanili dell'Ungheria e del Tirolo, delle colline di Moravia e delle isole dalmate, tutto dipendeva dal mare di Trieste, primo porto dell'impero. Ma anche dopo il 1918 le nazioni nate dalla dissoluzione dell'Austria-Ungheria conservarono le trigonometrie imperiali. Tutte, salvo l'Italia alla frontiera dell'est. Col risultato che oggi, dal Lago di Costanza ai Carpazi, le altimetrie di mezza Europa sono calcolate su una città che per una beffa del destino non può misurare in modo veritiero nemmeno se stessa." |
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L'edificio
in Via Gioacchino Rossini n.10, noto come Casa Biasoletto, stilisticamente legato all'attiguo fabbricato
d'angolo tra via Roma e via Rossini, è stato costruito nel 1821
su progetto dell'architetto Giovanni Righetti. Attorno al 1839 vennero
apportate alcune modifiche ad opera di Valentino Valle. In origine l'edificio
aveva solo due piani, l'elevazione del terzo piano venne realizzata nel
1851 su disegno dello Smetich. Tuttavia, nella relazione allegata al decreto
di vincolo della Soprintendenza, si fa riferimento all'architetto Leopoldo
Colnhuber come autore di questa sopraelevazione. All'interno del palazzo,
il soffitto dell'atrio presenta un affresco raffigurante un'allegoria
della Grecia vittoriosa sui turchi con l'aggiunta delle date 1821-1881.
Probabilmente il dipinto fu commissionato dal proprietario dell'edificio,
di origine greca, nel sessantesimo anniversario della rivoluzione greca.
I fregi esterni: Tre pannelli a bassorilievo con scene di putti. Il pannello
a sinistra raffigura un baccanale con fanciulli e faunetti che giocano,
quello centrale putti che reggono ghirlande e due amorini con l'effigie
di Mercurio. Il pannello di destra raffigura putti con la capra Amaltea
che portano Bacco in trionfo. Il fregio, per la sua somiglianza con i
bassorilievi presenti nel Palazzo della Borsa Vecchia, è attribuito
ad Antonio Bosa, allievo del Canova. (da:http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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L'abitazione sorse
sui fondi contrassegnati dai numeri 807, 881, 882 pertinenza dell'allora
Commendatore Giuseppe Muratti che, dalla famiglia Rossetti proprietaria
dell'immobile a partire dal 1782, ereditò uno stabile piuttosto
fatiscente. I lavori di costruzione non principiarono antecedentemente
al 1883. Il palazzo fu quindi ceduto il 18 aprile 1883 ai fratelli Costantino
e Stefano Galatti per un ammontare complessivo di 240.000 fiorini. Peraltro
il primo progetto di Casa Galatti risale al 1850 ed è opera di
Andrea Seu, capomaestro muratore. Tuttavia, nonostante l'approvazione
del Magistrato Civico competente, il progetto non venne realizzato: mancò
l'assenso di Anna Apostolopulo Carciotti e di Maria Carciotti Omero che
possedevano gli edifici confinanti. Tra il primo e il secondo piano è
visibile una lapide commemorativa. Voluta da Giuseppe Caprin, in memoria
della morte di Domenico Rossetti avvenuta nel 1842, vi si legge: MDCCCXCII
/ in onore/ di/ Domenica Rossetti/ vissuto alla patria/ qui morto nel
MDCCCXLII/ il Municipio. In realtà l'iscrizione tende a creare
degli equivoci: induce infatti a credere, erroneamente, che l'illustre
cittadino triestino sia morto proprio in quello stabile. Rossetti invece
si spense nella casa di sua proprietà in seguito demolita. Trasferitasi
a Vienna, la famiglia Galatti continuò a rimanere in possesso dell'immobile
fino al 1979, anno in cui lo cedette all'ing. Sergio Zini. (da: biblioteche.comune.trieste.it) |
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Casa
Biasoletto-Homero divisa in due sezioni, opera del ticinese Giovanni Righetti
ed eretta nel 1821. La prima sezione ha subito modifiche nell'impaginazione
della facciata in periodi successivi; tuttavia, questi interventi posteriori
si sono mantenuti su una linea di complementarietà e rispetto senza
sconvolgere completamente il progetto originario. Infatti, la scansione
dei piani, i rapporti tra pieni e vuoti ed il ritmo elegante e decoroso
di questa facciata rimangono la logica conseguenza della proposta avviata
dalla sezione accanto. Probabilmente, i pannelli a bassorilievi rappresentanti
dei puttini che si muovono elegantemente, sono opera dello scultore bassanese
Antonio Bosa il quale, in una lettera alla Deputazione di Borsa, attribuisce
a se stesso la paternità (da:
http://members.xoom.it) |
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Casa
Reyer-Reinelt, Progetto dell'architetto Ruggero Berlam (1854 - 1920) situata
tra Via Gioacchino Rossini 6, Via Nicolò Machiavelli 5 e Via Trento
2 - Oggi del palazzo originale rmane solamente il portone settecentesco posto in Via Trento. Ultimo proprietario fu il commerciante di caffè Franceso Taddeo Reinelt erede della ditta (1799 Casa Reyer & Schlike), dalla quale il palazzo prendeva il nome. Reinelt fu il triestino più ricco della fine del 1800. Oggi sede della Friulia. vi ebbero sede: il Comando Legione Territoriale della Finanza (1923), il dopolavoro poligrafici Filippo Corridoni e Guido Presel (1942), il DMM (dopolavoro internazionale Marina Mercantile), la Società Ars Amici (1930) la sala di lettura del GMA (1947-1954), l'USIS
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