Trieste
- Cittavecchia |
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Via del Pane |
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Androna del Pane |
Via del Pane |
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Via del Ponte |
Via
del Ponte, 7: L'edificio sorge all'interno della zona più antica
di Trieste, Cittavecchia, modificata negli anni Trenta del Novecento
da pesanti interventi avviati con il progetto di sistemazione del
colle di San Giusto. Tra gli immobili risparmiati dalle demolizioni
rientra l'edificio con affaccio su Via del Ponte, occupato al piano
terra da un locale commerciale e ai piani superiori da abitazioni.
In linea con l'antica tipologia architettonica del borgo, la struttura
presenta fori finestra e bassi portali ad arco arricchiti da cornici
lineari in pietra bianca d'Aurisina e capitelli. Il portale centrale
si caratterizza per la presenza di piedritti a piani lisci con dadi
d'imposta sporgenti e capitelli modanati; ai lati si aprono tre fori
arricchiti da cornici in pietra bianca. Al 1872 risale un primo progetto
di modifica sull'immobile che prevedeva l'aggiunta di un quarto piano,
come testimonia la presenza in facciata di una cornice marcapiano
in pietra. Un successivo piano di recupero interessò, tra il
1984 ed il 1985, l'intero isolato, sottoposto al "Piano di Recupero"
con L 457 del 1978; |
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gli interventi realizzati sull'edificio a firma dell'architetto Franco
Stagni, sono stati indirizzati, in particolare, al restauro degli
elementi architettonici esterni e alla ricostruzione delle chiostrine
interne preesistenti, mantenendo la scala a chiocciola nella posizione
originaria. Via del Ponte, 1 e Via delle Beccherie, 11: L'edificio nella sua forma attuale è il risultato della ricostruzione attuata nel 1870 per Vincenzo Steffanutti, di una struttura precedente. Il progetto di ricostruzione reca solo la firma dell'ispettore edile Giuliuzzi. Nel 1871 l'immobile fu sottoposto a modifiche ad opera di Giuseppe Sforzi, in particolare vennero realizzati i lucernai sul tetto (ACT_3955). Antonio Tribel, nel 1884, cita questa casa come abitazione di Antonio Molini. In precedenza era stato di proprietà dei fratelli Francesco e Giuseppe Bidischini, quest'ultimo sacerdote. Recentemente restaurato, ospita attività commerciali e abitazioni. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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Il Ghetto ebraico, istituito dall'Imperatore Leopoldo I d’Asburgo con decreto imperiale del 28 novembre 1696, ha subito varie trasformazioni nei secoli e buona parte è scomparso con la demolizione di intere zone della città vecchia avvenuta durante il ventennio fascista negli anni 30. Ora ne rimane solo una piccola parte compresa tra Piazza della Borsa (vi si accede dalla Portizza), Piazza Unità, Via Torbandena e Via Malcanton. Le porte del Ghetto furono eliminate nel 1784, grazie alle Patenti di tolleranza dell’imperatore Giuseppe II e un anno dopo fu abolita definitivamente la segregazione. Gli oggetti rituali che ornavano gli antichi luoghi di culto prima della demolizione di buona parte del ghetto, sono oggi ora custoditi presso il Museo ebraico Carlo e Vera Wagner, in via del Monte. | ||
Botteghe
in Via delle Beccherie, Via del Ponte e Piazza Vecchia |
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Via di Torbandena ex Via delle Scuole Israelitiche |
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Nel 1748 nel ghetto viene edificata la prima Sinagoga, la Schola n.1 o Schola piccola, di rito tedesco. Realizzata all’angolo tra la Contrada delle Beccherie e la Contrada delle scuole ebraiche, proprio dove si trova una delle porte del ghetto, sostituisce le sinagoghe private delle singole famiglie in uso fino allora e sarà distrutta da un incendio nel 1822. |
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il Ghetto aveva tre porte che venivano chiuse nelle prime ore della notte: la porta principale era situata, sotto un volto di passaggio, verso piazza del Rosario sulla via dei Tre Cantoni (Piazza Vecchia), la seconda all'inizio della via delle Scuole Israelitiche, sotto un sottoportico, verso la contrada delle Beccherie e la terza all'altra estremità della stessa via verso Riborgo.
Le vie del quartiere, il cui asse principale è via delle Beccherie, sono tuttora sede di negozi e di professioni tipiche dell’antiquariato, della vendita e del restauro di mobili, suppellettili e libri e hanno conservato la vitalità e l’allegria che le hanno da sempre contraddistinte.
curiosità... da dove deriva la parola "ghetto": i veneziani isolarono gli ebrei in una isoletta periferica e abbandonata, dove una volta c'era una vecchia fonderia... l'area veniva chiamata ghetto per via delle "gettate" di metallo fuso. (Fonte: Dino Cafagna) |
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