Trieste tra immagini e storia

Trieste - Cittavecchia: Piazza Vecchia, Via dei Rettori e Via Malcanton

Piazza Vecchia: San Vito-Città Vecchia. Fra le vie dei Rettori, del Ponte e del Rosario. Denominazione entrata nell’odonomastica ufficiale nel Settecento, che riprende però un toponimo noto, con riferimento a questa zona, fin dal Trecento: cfr. Platea vecchia (Cavalli) e «in platea veteri sive pucidelli», e ciò in contrapposizione alla piazza nuova, creata dietro il palazzo del Comune, cioè verso il mare (la futura piazza Grande): «in platea nova post palacium comunis» (Statuti di Trieste, 1350). Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

"Piazza Vecchia" Quando Trieste era ancora cinta dalle mura esisteva già la "piazza vecchia", era più vasta di quanto sia oggi. Il nome era stato dato in contrapposizione alla " piazza Nuova" futura "piazza Grande".In questa zona c'erano i " fondachi" magazzini adibiti anche ad abitazione degli artigiani.
"Via dei Rettori" dal 1901 già "via di Piazza Vecchia", ricorda la massima carica nell'amministrazione del Comune di Trieste. I Giudici e Rettori venivano eletti dal Consiglio maggiore della città. rappresentavano il Comune nei rapporti con il sovrano e con le autorità. Dopo la scadenza del loro mandato, che durava quattro mesi andavano a ricoprire per altri quattro mesi la carica di Provisori alla Sanità.

"Via Malcanton" Nel '200 la strada era denominata "Canton" o "Cantoni", si trovano edifici di proprietà di nobili famiglie, tutt'ora esistente è la casa dei Giuliani. Il toponimo "Malcanton" è attestato dalla metà del ’400, la parola "canton" avrebbe origine dal fatto che le mura cittadine in quel tratto creavano un angolo irregolare su cui sorgeva la Torre detta "del Canton". Su l'etimologia della prima parte del termine invece ci sono due ipotesi: diversi storici attestano che in quella zona le mura diroccate offrivano riparo a malviventi, la strada era ritenuta pericolosa e da questo "Malcanton", mentre l'abate Jacopo Cavalli afferma che l'ipotesi su citata poteva andar bene nel periodo settecentesco, quando le mura, ormai inutili, erano lasciate andare in rovina, ma la denominazione è precedente, quando la cinta muraria era ancora efficiente e nella torre stanziava una sentinella, di conseguenza la frequentazione di malfattori era poco probabile, per cui ritiene che l'appellativo provenga dall'odore emanato da i pubblici letamai maleodoranti che si aprivano su quella strada. Il nome entra nella toponomastica ufficiale nel 1800. (Fonte Margherita Tauceri)
Chiesa Parrocchiale e Cappella Civica della Beata Vergine del Rosario costruita dal 1631 al 1635 e consacrata nel 1651 dal vescovo Marenzi. Su disposizioni di Giuseppe II, detto l'imperatore sacrestano, fu chiusa al culto cattolico nel 1784 e l'anno successivo venduta alla Comunità Evangelica di confessione augustana di Trieste che, non riconoscendo la venerazione dei cattolici alla Madonna, dedicò la chiesa alla Santissima Trinità. A ricordo di questo cambiamento è rimasto il fregio con dentro il triangolo e l'occhio, emblema del mistero della Santissima Trinità, sulla facciata e sull'arco del presbiterio. Nel 1869 il Comune la riacquistò destinandola a nuova cappella civica, facendo costruire in cambio la chiesa di Largo Panfili per i luterani triestini. Nel 1871 il vescovo di Trieste mons. Legat riconsacrò la chiesa e cappella civica della Beata Vergine del Rosario.
Sopra a sinistra: La sacrestia della Chiesa del Rosario in Androna della Torre, a fianco della chiesa. Qui, l'11 maggio 1631, il Vescovo Pompeo Coronini benedì la prima pietra della chiesa del Rosario in costruzione. Sempre lo stesso Vescovo, il 2 maggio 1641, fondò il primo Monte di Pietà che rimase attivo fino al 1769, quando fu chiusa a causa dell'infedeltà dei suoi agenti. Il monte di pietà fu poi trasferito in via Silvio Pellico.

A sinistra: L'edificio a destra della Chiesa del Rosario, tra Via del Teatro Romano e Piazza Vecchia. L'edificio venne costruito nel 1884 nell'ambito di un progetto di risanamento della città vecchia promosso dal Comune di Trieste tra gli anni settanta e ottanta dell'Ottocento. Questa edificazione, che rimase l'unico intervento attuato prima del primo conflitto mondiale, determinò l'abbattimento di una quindicina di case, aprendo uno squarcio nello stretto dedalo delle vie di città vecchia. L'edificio può essere verosimilmente attribuito a Francesco Boara, che in quegli anni si adoperò per la progettazione di diversi edifici scolastici in città. Nel grande palazzo a pianta quadrata con corte interna, che copre un'intero isolato, fu aperta nel 1886 la Civica scuola popolare e cittadina di Città vecchia, in seguito intitolata a Felice Venezian. Nel 1965 nello stesso edificio venne sistemata anche la Biblioteca del Popolo. Le caratteristiche generali dell'edificio testimoniano la sua appartenenza all'eclettismo, con un esplicito riferimento all'architettura italiana del Cinquecento. Attualmente nell'edificio trovano collocazione la succursale dell'Istituto Commerciale Carli e la Biblioteca Quarantotto Gambini ((da: http://biblioteche.comune.trieste.it)

Sopra a sinistra: Piazza Vecchia angolo Via delle Ombrelle. L'edificio al n.1 della piazza sorge all'interno dell'ex Ghetto Nuovo, nella Contrada delle Ombrelle, la cui denominazione sette-ottocentesca deriva dalla presenza di un bresciano dedito alla riparazione di ombrelli, Giacomo Malgarini. La struttura risale alla fine del Settecento, periodo di forte espanzione per questa zona di Cittavecchia. L'ingresso principale del palazzo in origine su Piazza Vecchia, in seguito viene utilizzato per ospitare "una panca da macellaio ed una bottega di pizzicagnolo" (Tribel, 1885). Nell'edificio, sede del primo ufficio tavolare, abitava il registratore Francesco de Giuliani.
Secondo la leggenda, qui sarebbe caduta l'Alabarda di San Sergio nel momento stesso in cui il martire veniva decapitato il 7 ottobre 289 in Asia Minore. L'Alabarda è poi diventata il simbolo di Trieste nel 1382 (secondo lo storico Ireneo della Croce) anno della dedizione della città all'Austria, su disposizione dell'Arciduca Leopoldo. L'Alabarda si trovava però già disegnata sullo scudo rosso, emblema della città, come è visibile nelle miniature dello Statuto del 1350 e compare dorata già dal 22 febbraio 1464 per volontà di Federico V. L'Alabarda . L'Alabarda è custodita tra le reliquie della Cattedrale, sembra anche che non sia ma stata intaccata dalla ruggine e che non sopporti nessuna doratura... (da:Cittavecchia - Ed. Italo Svevo)

Piazza Vecchia angolo Via delle Ombrelle
L'edificio sorge all'interno della zona più antica di Trieste, Cittavecchia, modificata negli anni Trenta del Novecento da pesanti interventi avviati con il progetto di sistemazione del colle di San Giusto. Tra gli immobili risparmiati dalle demolizioni rientra l'edificio con affaccio su Piazza Vecchia e Via delle Ombrelle, occupato al piano terra da un locale commerciale e ai piani superiori da abitazioni. In linea con l'antica tipologia architettonica del borgo, la struttura presenta fori finestra e bassi portali ad arco arricchiti da cornici lineari in pietra bianca d'Aurisina e capitelli.
Interessante risulta la presenza sulla facciata di Piazza Vecchia di una colonna in pietra a sezione ottagonale, con basamento e capitello, che documenta l'origine antica dell'edificio. Al 1852 risale un primo progetto di modifica sull'immobile che prevedeva l'aggiunta di un quarto piano, come testimonia la presenza in facciata di una cornice marcapiano in pietra. Nel 1913 si intervenne sull'atrio principale, eliminando l'entrata da Via delle Ombrelle, e sull'interno pianoterra per "adattamento ad uso trattoria". Con il "Piano di Recupero", L 457 del 1978, esteso all'intero isolato tra il 1984 ed il 1985, l'immobile è oggetto di importanti modifiche, a firma dell'architetto Franco Stagni, concernenti, in particolare, il restauro degli elementi architettonici esterni.
Interessante risulta la presenza sulla facciata di Piazza Vecchia di una colonna in pietra a sezione ottagonale, con basamento e capitello, che documenta l'origine antica dell'edificio. Al 1852 risale un primo progetto di modifica sull'immobile che prevedeva l'aggiunta di un quarto piano, come testimonia la presenza in facciata di una cornice marcapiano in pietra. Nel 1913 si intervenne sull'atrio principale, eliminando l'entrata da Via delle Ombrelle, e sull'interno pianoterra per "adattamento ad uso trattoria".

Via delle Ombrelle prende il nome dal fatto che vi abitò il bresciano Giacomo Malgarini, ombrellaio nel 1700. Prima di allora si chiamava Via Civrani dal nome della famiglia patrizia che aveva l'omonimo palazzo, giunta a Trieste dall'Istra nel 1500. Nella stessa via abitava pure Lorenzo de' Basejo, membro di una delle tredici casate nobili della città.

Via Malcanton: a sinistra Casa dei Juliani e a destra Casa de Marenzi
Casa dei Juliani
Casa de Juliani: L'edificio quattrocentesco era di proprietà della casata de Jiuliani, antica famiglia patrizia triestina. La casa fu fatta costruire nel 1459 dal patrizio Bartolomeo de Giuliani come abitazione per sé e per i suoi eredi, come attestato da una epigrafe incastonata sulla facciata principale. In seguito il fabbricato venne ampliato incorporando lo stabile attiguo. Nel 1660, in occasione della visita a Trieste dell'imperatore Leopoldo I, nella casa soggiornò l'Arcivescovo di Colozca, cancelliere d'Ungheria, che faceva parte del seguito del regnante. Nel 1727 l'immobile fu restaurato per opera di Didio de Giuliani, come attestato da un secondo stemma con iscrizioni. La parte destra dell'edificio, ricostruita a quattro piani, fu comprata nel 1804 da Giovanni G. Benedetti, e in seguita passata in proprietà di Martino Vidich.
All'epoca del vincolo, nel 1935, la casa era ancora di proprietà degli eredi Vidich, mentre negli anni Cinquanta l'edificio risultava di proprietà della contessa Ida Albori d'Attimis Maniago. Fino al 1938 in una sala d'angolo al terzo piano erano visibili degli affreschi, distrutti durante i lavori eseguiti per ricavare in quei locali degli ambienti più piccoli.

L'immobile, a pianta regolare, è costituito da due corpi accostati di altezza diversa, uno di quattro e uno di cinque livelli fuori terra. Il piano terra, omogeneo, è scandito da una serie di aperture rettangolari con due pensiline poste sopra le entrate degli spazi commerciali. Le finestre dei piani superiori, con davanzali sostenuti da mensoline, sono riquadrate in pietra e sormontate da frontoni lineari. Le finestre dell'ultimo piano presentano solo la riquadratura in pietra. Sotto lo sporto di linda una cornice leggermente in rilievo intonacata di grigio culmina le facciate dell'immobile. Sul tetto del corpo più basso dell'edificio si trovano due lucernai. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it)
A destra
Casa dei Juliani
: Uno scudo con l’aquila araldica della casata dei Giuliani sormontato da un’altra aquila e circondato da elementi vegetali. Sotto lo stemma l’epigrafe recita: IC. XC. BARTHOLAMEVS IULIANVS VIR. C. AEDES HAS FIERI FECIT SIBI ET SUIS MCCCCLVIII IMP. FED. III CAES. AVG. “Gesù Cristo, Bartolomeo Giuliani., uomo egregio fece fare questa casa per sè e per i suoi eredi nel 1459, sotto l’imperatore Federico II Cesare Augusto.”
(da: https://danieledemarco.com/)

A destra
Casa dei Juliani
: Uno scudo con l’aquila araldica affiancato nella parte inferiore da motivi vegetali. Sotto lo stemma l’epigrafe recita: DIDIUS IUL. ORD. PAT. MIL. VRB. PREF. HAS AEDES RENO. A.D. MDCCXXVII IMP. CAR. VI CAES. AVG. “Didio Giuliani dell’Ordine dei Patrizi, comandante delle milizia urbane, restaurò questa casa nell’anno del Signore 1727, sotto l’imperatore Carlo IV Cesare Augusto.”
(da: https://danieledemarco.com/)

Al civico 12 di via Malcanton esiste a tutt'oggi la "Casa Giuliani", di origine almeno quattrocentesca, che sulla facciata, ormai più volte rimaneggiata e intonacata, mostra ancora due stemmi. Il più grande e antico (a sx) ricorda l’edificazione dello stabile nel 1458, all'epoca di Federico III imperatore, da parte di Bartolomeo Giuliani, mercante, notaio pubblico, giudice e rettore della città; il più piccolo (a dx), datato 1727, ne ricorda il restauro da parte di un discendente. L’edificio fu sopraelevato nel 1830.
L'edificio quattrocentesco era di proprietà della casata de Giuliani, antica famiglia patrizia triestina. La casa fu fatta costruire nel 1459 dal patrizio Bartolomeo de Giuliani come abitazione per sé e per i suoi eredi, come attestato da una epigrafe incastonata sulla facciata principale. In seguito il fabbricato venne ampliato incorporando lo stabile attiguo. Nel 1727 l'immobile fu restaurato per opera di Didio de Giuliani, come attestato da un secondo stemma con iscrizioni.
Via Malcanton: gli storici sottolineano come questa zona, molto antica, presentasse delle mura parzialmente diroccate che offrivano, a chiunque avesse commesso una rapina o altro grave reato, una facile via di fuga oltre la cinta muraria: di conseguenza quell'angolo, molto pericoloso, specie di notte, fu definito dai cittadini come “malcanton”.

(Fonte: Dino Cafagna)


Casa de Marenzi su Piazza Vecchia e Via dei Rettori

Casa de Marenzi: L'edificio sorge nell'antica Via Malcanton, il cui toponimo attestato fin dal 1453 richiama un angolo delle mura cittadine ricordato anche per la presenza di un letamaio. Il sito occupato in origine da un palazzo di proprietà di Benvenuto Petazzi viene acquistato dal mercante bergamasco Aloisio Marenzi, al suo arrivo in città agli inizi del Cinquecento. Tra l'8 ed il 14 gennaio 1650 si colloca l'avvio dei lavori di costruzione del palazzo inizialmente formato da un solo corpo con unica entrata su Via dei Rettori, in seguito ampliato con un secondo corpo a tre piani con ingresso da Androna della Torre. L'edificio viene commissionato da Antonio Marenzi, vescovo di Trieste dal 1646 al 1662, come ricorda una lapide con stemma murata nell'atrio. Nel 1650 viene consacrata la vicina Chiesa del Rosario, eretta nel 1635, come cappella privata della nobile casata.

La bergamasca famiglia de Marenzi, elevata al rango nobiliare nel 1489, ha dato alla città importanti uomini di legge, di armi e letterati, ospitando nel proprio palazzo numerosi personaggi illustri tra cui il vescovo Antonio Ferdinando conte di Herbrstein nel 1773, il conte Antonio Augusto Attems nel 1784 e il podestà di Trieste Riccardo Buzzoni nel 1872. Nel 1822 prende dimora in casa Marenzi Carlo Alessandro de Lellis, console in città al servizio della regina di Spagna. Sei anni più tardi il palazzo diventa sede della Scuola delle Comunità evangeliche. Interessante per la storia della città risulta l'apertura, con inaugurazione il 15 novembre 1841, del primo "asilo di carità ai poverelli di Trieste di ogni classe, di ogni nazione, di ogni credenza" (Castiglioni, 1896, p. 49); nelle stanze del secondo piano del palazzo trovano posto le aule didattiche della prima scuola per l'infanzia della città, ospitante ben 400 bambini e fondata sulle idee dell'educatore e pedagogista Ferrante Aporti. L'asilo viene trasferito nel 1852 in Via della Madonnina. Tra le associazioni ospitate nell'edificio seicentesco si segnalano tra il 1845 ed il 1884 la Società Minerva, nel 1866 la Società d'orticoltura del litorale e nel 1874 la Società agraria triestina. Giuseppe Marenzi, ricordato come abitante del palazzo fino al 1874 anno della morte, è conosciuto come "il più noto e il più benemerito della nobile famiglia" (Polli, 1950) per aver lasciato erede il Comune del suo ricco patrimonio, investito nella costruzione della scuola in Piazza Evangelica, poi Ginnasio. Il 6 gennaio 1886 in Casa Marenzi viene esposta la salma del tenente, maresciallo e ciambellano Francesco Antonio Marenzi, con grande partecipazione della cittadinanza al corte funebre partito dal palazzo. L'edificio, risparmiato dalle demolizioni degli anni Trenta come invocato nell'appello della famiglia nel 1939, rappresenta insieme alla vicina Casa Giuliani rappresenta l'unica testimonianza dell'antica contrada del Malcanton, in origine sviluppata fino all'attuale via di Donota e abbellita da diversi palazzi commissionati dalla storica nobiltà triestina delle Tredici Casate. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it)



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