Trieste - il rosone sulla facciata della Cattedrale di San Giusto

La Cattedrale di San Giusto arrivando da Via della Cattedrale

La facciata di San Giusto è ornata da uno stupendo rosone gotico trecentesco, con un doppio giro di colonnine in pietra bianca del carso. fu voluto dal vescovo cremonese Rodolfo Pedrazzani simile a quello che ornava il Duomo della sua città natale, Cremona.
Per la sua creazione, il vescovo convocò le maestranze in grado di soddisfare, per bravura e qualità, la sua richiesta. Gran parte degli scalpellini convocati erano di Soncino, vicino a Cremona. Questi artigiani presero alloggia Trieste, assieme alle loro famiglie, nelle case di proprietà della curia che si trovavano nel rione di Servola.. Da quella volta, la via dove abitarono gli scalpellini prese il nome di Via dei Soncini.

Il melone e l'alabarda sono i simboli di Trieste. Accanto alla cattedrale c'è una colonna veneziana del 1560 che dal 1844 è sormontata da un melone con un'alabarda. Tuttavia, i simboli sono più antichi: il melone ha 13 spicchi, uno per ogni Casada della nobiltà medievale triestina, mentre l'alabarda, secondo un'antica tradizione, cadde dal cielo su Trieste il giorno del martirio di San Sergio, copatrono di Trieste assieme a San Giusto.
Nella città si affermò la casta nobiliare e verso la metà del secolo XIII si contavano tredici “Casade” i cui nomi sono: Argento, Baseio, Belli, Bonomo, Burlo, Cigotti, Giuliani, Leo, Padovino, Pellegrini, Petazzo, Stella, Toffani.

Sulla facciata di San Giusto vi sono incastrate due palle di cannone da 32 libbre sparate dalle navi della flotta britannica, comandate dal viceammiraglio Thomas Freemantle che nel 1813 bombardavano dal mare il Castello di San Giusto difeso dalle truppe napoleoniche francesi al comando del colonnello Rabbiè. Anche in altri edifici della città sono tuttora visibili palle di cannone rimaste incastonate nei muri, sparate dai due contendenti. Come ad esempio le cinque palle da 32 libbre nella facciata del Teatro Verdi, sparate dai cannoni napoleonici del Castello di San Giusto, contro le navi inglesi.- Sul portale maggiore della chiesa c'è una targa in marmo con il testo in latino che ricorda il bombardamento austro-inglese contro le truppe francesi asserragliate nel Castello e nel campanile di San Giusto. La lapide fu collocata nel 1813 dopo i restauri dei notevoli danni causati dalle cannonate inglesi.
C’è una cripta poco conosciuta dai triestini perché è stata chiusa per molto tempo, che è stata aperta al pubblico di recente: la cripta o sotterraneo sotto il sagrato della Cattedrale di San Giusto. Tra il 1930 e il 1933, la soprintendenza condusse uno scavo archeologico sotto al sagrato della Cattedrale, nell’angolo tra il campanile e la facciata, al fine di mettere in luce i resti di un edificio romano parzialmente rimasto inglobato nella costruzione del campanile stesso. Durante gli scavi furono messi in luce la gradinata centrale e i resti delle basi dei due avamposti di un propileo o ingresso monumentale del I° secolo dopo Cristo. I resti romani furono restaurati e completati in mattoni. Accanto vennero ritrovati i resti di una cripta sotterranea, probabilmente sei-settecentesca, con la scaletta in pietra che per mezzo di una botola (è ancora visibile sul pavimento della Cattedrale la pietra con i fori delle catene per aprirla) permetteva di scendere in una sorta di catacomba per deporre le sepolture nei loculi disposti su due piani, perfettamente conservati con ancora alcune delle lapidi funerarie. Qui si trovavano le tombe e la cripta sepolcrale degli appartenenti alla potente confraternita del Santissimo Sacramento o dei Battuti, all’interno della quale furono deposte le spoglie anche di numerosi ospiti illustri come Johann Joachim Winckelmann (illustre studioso del Neoclassico; 1768) e di Fouché, duca di Otranto (1820). A conclusione dello scavo fu deciso di permettere la visita a questi ritrovamenti riposizionando il pavimento del sagrato su una soletta di cemento e creando un cunicolo per l’accesso dall’orto lapidario. All’interno del campanile sono ancora inglobate e visibili le colonne scanalate con capitello corinzio dell’avamposto sinistro del propileo. (Fonte: Dino Cafagna)


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