Trieste - la Cattedrale di San Giusto (particolari della facciata)

Gli stipiti del portale principale della cattedrale sono stati ricavati da una stele funeraria romana, segata a metà verticalmente e con i due pezzi inseriti invertiti. Sul portale sinistro è visibile una croce templare scolpita. La stele è stata attribuita a quella della famiglia Barbi, Antica famiglia di mercanti romani di Aquileia. Per meglio adattare questa stele pagana all'edificio cristiano s’intervenne, come tentativo di “cristianizzazione”, con la trasformazione del ritratto di Tullia Secunda (in basso a destra) nel volto di uno tra i più amati martiri tergestini, San Sergio, grazie alla grossolana aggiunta di un’aureola e dell'alabarda, tenuta nella mano destra, quasi a guardia della chiesa di Dio.
I Barbi erano una delle più note famiglie nel periodo imperiale romano, originaria di Aquileia, ma con un ramo che s’insediò a Tergeste, dedita soprattutto alla redditizia industria di laterizi, che permise loro arricchirsi, acquistando molti possedimenti terrieri, e di liberarsi dalla schiavitù. Il liberto, cioè “liberatus”, era, infatti, uno schiavo che acquistava la libertà, svincolandosi dalla servitù legale, il più delle volte dopo il pagamento di una grossa somma o grazie alla generosità dei “padroni”, specie come “ringraziamento” per gli importanti servigi prestati. (Fonte: Dino Cafagna - Trieste di ieri e di oggi)

I tre busti posti sulla facciata della cattedrale sono di Enea Silvio Piccolomini I, Rinaldo Scarlicchio e Andrea Rapicio.

Busto del Vescovo Enea Silvio Piccolomini eletto Vescovo di Trieste nel 1446.
Il Vescovo Piccolomini Nasce in Toscana nel 1405 da una famiglia modesta, però riuscì a frequentare l'Università di Siena e poco più che ventenne diventò segretario laico vescovile. Visse una vita molto impegnata, viaggiando e frequentando le maggiori cancellerie dell'Europa.
Nel 1446 ritiratosi in seminario e ben presto fu ordinato suddiacono e consacrato sacerdote, fino a divenire Vescovo con il primo incarico a Trieste.
Da consumato diplomatico riuscì ad appianare le violente discordie tra la Diocesi triestina e il Capitolo cittadino e anche con l'Imperatore Federico III.
Abitava in una elegante villa a Barcola e oltre a scrivere poesie e rime, scrisse numerose opere importanti, tra le quali: De viris aetate sua claris, Historia Gothorum, Historia Bohemica e Historia Federici III Imperatoris.
Eletto Papa nel 1458, col nome Pio II, continuò a pensare alla sua Trieste e nel 1463 intervenne presso la Serenissima per far cessare con la pace il lungo periodo di guerre che funestavano l'Adriatico.
Nel 1464, mentre si apprestava a partire per la guerra contro i Turchi, morì ad Ancona.


Busto del Vescovo Rinaldo Scarlicchio eletto vescovo a Trieste il 5 giugno 1621, dove rimase per nove anni.
Durante questo periodo, il Vescovo Scarlicchio innalzerà a parrocchia il vicariato di Opicina, riconosceràle reliquie di San Giusto e di San Apollinare, conservate nel duomo, accoglierà le religiose dei Fatebenefratelli in serviziopresso l'ospedale, fonderà il Convento dei Frati Minori Francescani a Grignano, farà erigere la cappelletta di San Giuseppe a San Giusto e consegnerà la mantelletta rossa (zanfarda) da indossare alle riunioni del Capitolo ai Canonici del Duomo
.
Trasferito alla sede di Lubiana, eresse un convento di frati minori e combattè l'eresia luterana, non senza patire le molestie dei protestanti. Morì nel 1640 e fu sepolto in Oberburg, l'odierna Gornji Grad, nella tomba dei vescovi di Lubiana.

Busto di Andrea Rapicio, (Trieste, 1533 – Trieste, 1573), è stato un vescovo cattolico e giurista italiano, vescovo di Trieste dal 1565. Secondogenito di Domenico Ravizza che, secondo gli usi dell'epoca, aveva latinizzato il proprio cognome in Rapicius. Fu ministro di Ferdinando I e consigliere dell'arciduca Carlo.
Andrea Rapicio fu persona intelligente e dotta. Oltre che giurista, fu anche letterato; ci sono pervenuti a stampa due libri di carmi latini (Facilioris Musae libri duo), il poemetto geografico latino "Istria" e altri carmi minori, sempre in lingua latina. Manoscritto nella Biblioteca Civica di Trieste è lo "Epigrammaton liber secundus". Scrisse inoltre un'orazione funebre per la morte di Carlo V (a stampa) e un'opera analoga per la morte del fratello e successore Ferdinando I
Fu proprio in Istria che, dopo qualche decennio, si ritirò la famiglia dell'illustre prelato, il che potrebbe confermare l'ipotesi che il giovane Andrea vi avesse passato lunghi periodi di vacanza con la famiglia. Il castello dei Rapicio, imponente opera di muratura andata distrutta durante il secondo conflitto mondiale, si trovava vicino a Pisino. Si è salvato solo un quadro, probabilmente in origine parte di una serie, raffigurante appunto il vescovo Andrea. Opera di pittore ignoto, è databile agli inizi del XVIII secolo.

la bellissima pietra tombale rinascimentale del vescovo Frangipani. Dopo la morte del vescovo Rapicio nel 1573, Giacinto Frangipani, friulano, venne nominato vescovo nel marzo 1574, su raccomandazione dell’Arciduca Carlo d’Asburgo, ma morì l’8 novembre prima dell’arrivo della bolla di conferma da Roma . La sua lapide, prima all’interno della cattedrale, venne portata fuori nei rifacimenti ottocenteschi e rimane sempre fuori addossata al muro esterno a destra delle facciata, spostata un paio di volte negli ultimi anni. Dopo la sua morte venne nominato il vescovo Nicolò Coret le cui lapidi sono una sulla facciata dell’antico vescovado ed una all’interno del lapidario tergestino nei sotterranei del Castello ( E.M.) Il testo della lapide: Hyacintho Frangipani de Castello summi Caroli archi -ducis Austriae providentia ad episcopatum assuncto praeveniens mors rapere non potuit quae ipse tanti principis judicio, animi pietate, religionis cura, ac generis antiquitate fuerat consecutis die VIII novembr MDLXXIV.
(http://www.trieste-di-ieri-e-di-oggi.it)

SAN GIUSTO

Si racconta che…Giusto, un cristiano della Venezia Giulia , uomo di grande penitenza e di larga generosità, cristiano fin dall’infanzia,raggiunto nell’anno 303 dall’ordine imperiale che imponeva a tutti i cristiani di testimoniare la propria fedeltà al sovrano (Diocleziano) sacrificando agli dèi di Roma.Giusto si dichiarò suddito fedele dell’imperatore., ma non potè sacrificare alle divinità romane, perché il suo Dio era Gesù Cristo. La condanna fu inevitabile: la morte. Giusto fu buttato in mare davanti a Trieste, legato a pesi che lo trascinarono subito in fondo. Ma poi i legami si sciolsero e il corpo del martire riemerse, finendo sulla spiaggia. Accorsero un sacerdote e un gruppo di cristiani, che resero le estreme cure alla salma e poi le dettero sepoltura vicino al luogo del ritrovamento. Nel quinto secolo, su un’altura si costruisce una basilica cristiana, dove c’era stato un tempio dedicato alle antiche divinità. E lì venne poi trasferito il corpo del martire, che darà il suo nome all’altura: Colle di San Giusto. Nella Cattedrale viene esposta la statua il San Giusto del Mare nei primi giorni di novembre, una statua di bronzo realizzata dallo scultore triestino Tristano Alberti e “calata” in mare nel 1984. Nel 2010 è stata ripulita e restaurata e viene esposta ogni anno in occasione dei festeggiamenti del Santo Patrono di Trieste, il 3 novembre. (https://yestour.it/cattedrale-di-san-giusto/)




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