Trieste - Il campanile della Cattedrale con la statua del Patrono San Giusto

La costruzione del campanile di San Giusto fu iniziata nel 1337 e terminata nel 1343. Durante questi lavori fu demolita la parte centrale del propileo romano i cui bassorilievi con simboli di vittorie militari romane furono riutilizzati per decorare la parte muraria della torre. Quest’ultima in origine terminava con una cuspide acuta su cui spiccavano il “melone” e l’alabarda (simboli di Trieste), ma dopo le lesioni provocate da un fulmine abbattutosi nell’aprile 1421, la cuspide fu sostituita da un tetto di tegole a piramide schiacciata, il melone e l’alabarda vennero rimossi. Sopra l’ingresso della torre in un’edicola gotica fu posta una statua di San Giusto che in una mano regge il modello della città e nell'altra la palma del martirio (la testa, di dimensioni diverse dal corpo, è di riutilizzo). Il campanile ospita un complesso di 5 campane seconde in regione solo a quelle della Cattedrale di Udine; alla più grossa è dedicata la canzone La campana di S. Giusto del 1915. (https://fondoambiente.it/)
I bassorilievi che ornano due lati del campanile, rappresentano trofei
di guerra presi dai Romani ai Celti, barbari vinti in battaglia.

La statua di San Giusto posta sul lato del campanile che guarda la facciata della cattedrale è sistemata in una edicola gotica.
San Giusto, santo protettore della città, regge nella mano destra la palma del martirio, mentre nell'altra i simboli di Trieste. Si suppone che l'opera sia datata tra il X e l'XI secolo. La statua è particolare in quanto è ben visibile, per la diversità della lavorazione scultorea, che la testa del santo patrono è diversa dal resto del corpo e sembra più un'opera di periodo romanico aggiunta forse posteriormente in sostituzione della testa originale danneggiata dal tempo.

Quando San Giusto morì affogato il 2 novembre 303 fu seppellito vicino alla riva della zona che oggi corrisponderebbe a piazza Hortis, dove c’era una necropoli. Le reliquie del Santo rimasero nella necropoli fino all’anno mille, quando si volle costruire un apposito edificio, chiamato il Sacello (o cappella) di San Giusto, in cima all’omonimo colle, col fine di venerare in modo più degno le spoglie del Santo e soprattutto per difenderle da incursioni nemiche, guerre, ruberie e altri pericoli. Con la costruzione della Cattedrale di San Giusto, nel 1320, che, come sappiamo, rappresentò il risultato della fusione delle due chiese colà preesistenti (una dedicata all’Annunziata, a sinistra, e l’altra, a destra, a San Giusto), le sue ossa furono smarrite, tanto da essere considerate definitivamente perdute.
Solo nel 1624, durante l’erezione, sullo steso luogo, di un nuovo altare dedicato al Santo, in seguito ad uno scavo fatto eseguire dall’allora vescovo Rinaldo Scarlicchio, fu rinvenuta, sotto il pavimento, una teca d’argento sbalzato (“capsella”), oggi visibile nella Cappella del Tesoro della Cattedrale, contenente le ossa del Santo. Il ritrovamento fu considerato un vero e proprio miracolo da parte del popolino che tributò grandi festeggiamenti al vescovo Scarlicchio (è rappresentato, infatti, in uno dei tre busti esposti sulla facciata della Cattedrale). Le reliquie così ritrovate rinfocolarono con nuovo vigore la devozione per il Santo Patrono Cittadino. Oggi sono conservate ed esposte sotto l’altare del Santo. La cassetta-reliquiario o capsella in argento di san Giusto (del sec. XIII) si trova oggi presso il Tesoro della Cattedrale di san Giusto. (Dino Cafagna - Trieste che non c'è più)

San Giusto “decollato” Sotto un’archivolta gotica ad arco acuto, sostenuta da due esili colonne, in una edicola sopra l’ingresso del campanile della Cattedrale, ci sta un altorilievo che raffigura san Giusto martire che regge in una mano la palma e nell’altra la riproduzione in scala della città turrita. È questo il più antico, quindi il primo, esempio del martire triestino con il modellino della città medievale nella mano, che da questo momento in po iLa testa, in particolare, di fattura riferibile all’età romana, risulta sproporzionata e staccata rispetto al resto del corpo, fatta risalire invece al X/XI secolo, sicuramente aggiunta in un secondo momento, probabilmente perché la testa della statua originaria andò persa o rotta, sostituendola con una appartenuta a un’altra scultura, tanto che questo san Giusto si è meritato l’epiteto di “decollato”, cioè con la testa tagliata. Anche la palma del martirio risulta essere stata aggiunta, in quanto scolpita in modo grossolano, se paragonata al resto dello stelo, molto più rifinito ed elegante. La statua è stata posizionata subito dopo il completamento del campanile, avvenuto nel 1337, durante il vescovado di Fra Pace da Vedano e il fabbriciere era Randolfo de’ Baiardi. La scultura è generalmente attribuita alle maestranze lombarde attive nel Duomo di Gemona. (Dino Cafagna - Trieste che non c'è più)


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