Dal momento che commisurano la grandezza d'una persona dalla sua notorietà,
è giocoforza che tendano anche a giustificare, comunque a ritenere
del tutto insignificante ogni sua miseria. Per timore di smitizzarlo,
preferiscono anzi illudersi che quel personaggio rappresenti, oltre
a se stesso e a quel suo particolare "splendore", una parte
e non trascurabile di loro stessi, o meglio di quella loro strana e
altresì incombente nevrosi - diciamo da identificazione - che
comunque impone loro d'assomigliare, fino ad immedesimarsi in quel qualcuno
che ammirano, tanto da sentirsene irradiati di luce riflessa.
Come se,
esaltandolo, esaltassero pure loro stessi, magari anche illudendosi
d'una ipotetica rivincita verso chi si ostina a ignorarli.
|
La violenza in genere, ma quella che si scatena negli stadi in particolare,
è il risultato più evidente dell'impossibilità,
anzi dell'incapacità quasi patologica dei cosiddetti ultras a
darsi una regolata, a ragionare, a dimostrare a chi li sopporta almeno
un barlume d'autonomia e di buonsenso, in sintesi d'umanità.
Sicché il tifo calcistico è per costoro solo un'occasione
per ritrovarsi a fine settimana, tutti assieme, finalmente annullati
nel gruppo, in un contesto comunque protettivo, quasi da branco, in
cui ogni loro timidezza può impunemente trasformarsi in chiasso,
ogni vigliaccheria in rissosità e prepotenza, e la più
stolida ignoranza in ispirazione e vanto di quel loro, appunto, ultrasquallido
branco.
|
La guerra è una vera jattura per l'umanità, e non ci sono,
né ci sono quasi mai state delle irreparabili o comunque sufficienti
ragioni per provocarla. Ma i finti pacifisti, s'intende quelli politicizzati,
a senso unico, per lo stesso fatto che possono impunemente agire in
malafede, danno ampia giustificazione proprio alla parte belligerante
contro cui sono mobilitati. Ovvero, se bene o male lì vengono
ancora pazientemente sopportati, con molta probabilità quella
parte avrà avuto a suo tempo altrettanta pazienza, e quindi dei
serissimi motivi per entrare in guerra.
|
Fomenti violenza e riceverai tempesta, finché, malconcio, implorerai
invano un po' di tregua. Pochi saranno allora disposti a crederti.
Troppi per quanto meriti.
|
Se
non sta mai zitto chi non sa quello che dice, è fin troppo
taciturno sia chi pensa in eccesso che chi non pensa del tutto. Certo,
disturbano meno.
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Nel mentre i falsi moralisti si fanno immoralmente i fatti loro, ma
di nascosto, senza darlo a sapere, i veri moralisti, i cosiddetti incorruttibili,
già da secoli fanno più o meno le stesse cose, ma alla
luce del sole, senza alcun pudore. Tanto ciò che è o non
è morale è roba loro, da patteggiare esclusivamente tra
di loro, in quella loro tronfia, indubitabile, quanto maledettamente
perenne priorità.
|
Si sono giurati eterna fedeltà, ed ora, smorzato l'entusiasmo,
se ne vanno altrove, in cerca d'altro. Ma ognuno per suo conto,
di soppiatto, senza darlo a vedere. Quella è gente tutta
d'un pezzo, che non tradirebbe mai la parola.
|
La terra ov'è nato. Lo struggente sentimento di chi la vagheggia
da lontano.
Foto, ricordi, tenui sonorità d'un mandolino. Un vecchietto,
una cartolina
Ritorno
Oh, quegli occhi attoniti, delusi
. Forse la sua
memoria incerta?
|
Il vento dipingeva di nubi
la fossa del cielo.
E l'arcobaleno del tuo sguardo,
lontano, oltre l'ultima nube,
a cercarne un'altra più in là.
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Epigoni d'un mondo che non c'è più i reduci si ritrovano
invano, illusi di poterlo rivivere. Forse pure loro sono già
morti.
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Quel tuo sguardo assente, sempre più assorto sulle tue incertezze.
Cerco di capirti, ma più di compatirti, ahimè, non m'è
possibile.
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T'hanno fatto come un grande uccello marino, librato nell'aria,
ma poi t'hanno mozzato un'ala.
Così, perché si usa.
|
Ribellarti
per te è inconcepibile,
anzi più ne approfittano
e più
lo chiami amore.
Eppure non te lo meriti.
|
Per quanto deludente, la faccia che mi ritrovo null'altro è che
la risultanza del tempo e dell'esperienza acquisita, ma l'alibi della
memoria e le abitudini più o meno fasulle, se m'illudono, mi
determinano anche tali e tanti complessi, da spingermi a mascherarla
con occhiali neri e cappellaccio da bullo. Quasi che a farla vedere
così, da tenerona com'è, fosse uno scorno.
|
Come in uno specchio, è nel segreto d'ognuno di noi che si riflette
lo spirito del tutto. Ma ci vuole la sensibilità per poterlo
intuire o almeno gli occhi per poterlo intravedere. Più delle
tante parole, è proprio la solennità del silenzio che
fa capire il senso profondo delle cose, i vari perché della vita.
|
Si
cercano l'un l'altro perché altrimenti si sentirebbero come
degli orfanelli, e poi ci sono quelli che invece rifuggono ogni rapporto
e amano chiudersi in loro stessi
nella torre eburnea della loro
tristezza.
|
L'insoddisfazione
che assilla la condizione umana è la migliore garanzia del
progresso dell'umanità
o del contrario.
|
Pur viaggiando in lungo e in largo o comunque approfittando appieno
d'ogni opportunità, d'ogni stramba offerta di questa nostra cosiddetta
civiltà dei consumi, se si è incapaci di socchiudere gli
occhi e di lasciarsi andare nel magico regno dell'immaginazione, se
cioè non ci si rende conto che è proprio nel mondo dei
sogni o, se si vuole, della realtà virtuale, che ne consegue,
che si possono sciogliere i nodi più intricati, i complessi più
radicati, i momenti più bui o significativi della nostra esistenza,
allora è proprio del tutto inutile lamentarsi della noia o, peggio,
di quella struggente, quanto tenace malinconia, che di norma affligge
chi non sa o non può vedere al di là del proprio naso.
Non quindi i viaggi o le grandi, quanto improbabili avventure, ma l'attesa,
l'idea che le stesse possano o debbano avvenire. Tanto più che
se c'è in noi una qualità che in un certo qual modo ci
distingue, se non altro dagli animali, è quella di poter viaggiare
nella fantasia.
Difatti la memoria tangibile dell'esperienza acquisita
nel viaggio si decanta quasi subito, e quanto resta è soltanto
una nostra particolare sensazione, verosimile o non, ma commisurata,
appunto, solo all'intensità e alla qualità di questa nostra
perciò preziosissima, ma fin troppo negletta immaginazione.
|
Il penoso, quanto inutile annaspare alla rincorsa disperata di nomi
e cognomi, ormai storpiati o confusi nella nostra memoria, se è
il segno più tangibile del tempo che passa, è anche
un'inquietante avvisaglia di ben altri smarrimenti.
|
Cenere, miriadi di luci spente nel deserto della vita. Milioni d'anni
luce sul minuscolo, brumoso io pensante. Vacuità d'ogni mia
opinione. Meteore. Lo sgomento del niente astrale che mi circonda
Che preluda al mio annientamento?
|
Innamorarsi
è la gioia di darsi
l'un l'altro con la parte migliore,
ma
nell'intimità, senza testimoni.
E' dal di dentro che nasce
il sentimento.
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Gelo dell'indifferenza.
Coscienza della propria nullità. Angoscia.
Un lupo che la notte ulula invano alla luna, l'innamorato deluso.
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Quel cane e quel padrone stanno così bene assieme che in un
certo senso si rassomigliano.
Certo che è oltremodo difficile
distinguere chi dei due ha prevalso.
|
L'intelletto
rincorre tempo e spazio, travalica la realtà, ma poi ricade
nelle piccole, banalissime cose d'ogni giorno. Evidentemente non può
prescindere dal corpo cui appartiene. Forse più avanti
nell'aldilà.
|
Tra il via vai di camici bianchi e parenti, sgomento, il povero paziente,
con lo sguardo fisso al di là del vetro del balcone, cerca invano
nel buio della notte chi, beffardo, gli sta sogghignando nell'orecchio:
"Crepa scemo! Qui non c'è più posto per te".
Traluce soltanto, e sempre più distante, una falce di luna calante.
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Nella
vetrina di un negozio del centro brilla raggiante e fiera una vecchia
candela da sagrestia, messa a richiamo. Ai lati, quasi spenti, gli
spot e le grandi luci al neon, invano protestano.
|
Natale. Ci siamo incontrati al centro. "Come va
Tutto bene?
Auguroni!".
Ma ora non ricordo più nemmeno la tua faccia.
Come se non fossi
mai esistito.
Forse per me le persone sono fantasmi, mere illusioni. E forse anch'io
per loro.
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Natale. La gente in giro allegra, indaffarata, piena di borse.
Acquisti
per regali.
Un poverello, emaciato, tremante, con la mano tesa
a rovinare la festa.
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Se
rimorde la coscienza
vuol dire che c'è qualcosa dentro.
Ma se poi non ci si fa niente,
è come se se ne fosse senza.
|
Il
cosiddetto pianto del coccodrillo s'addice all'impostore, comunque
a chi si cura solo di se stesso.
Anche se fa di tutto per non essere
scoperto.
|
Cos'è il mondo, la vita, la natura che mi circonda se non un
palpito di speranza? E cos'è la morte, il poi, l'aldilà
se non dubbio, inquietudine
un fremito di paura?
|
Gl'impietosi segni del tempo, il peso abnorme del tuo vecchio corpo,
e quella tua anima
giovane,
intonsa, veloce come il vento, a tracciare
agili arabesques nel cielo terso dei tuoi occhi.
Forse nemmeno lo sai,
ma gioia e orgoglio m'è l'esserti figlio.
|
Verrà
la notte e avrà il tuo volto.
Quello che ora, assorto, mi rifiuto
di guardare.
Che schifezza la vecchiaia!
Come del resto le immonde rughe,
la notte
marcia, la morte cialtrona
che sopravviene.
|
L'abitudine
intorpidisce membra e cervello
ed è l'anticamera della nevrosi. |
A forza d'immedesimarsi negli altri ormai quell'analista non è
più neanche in grado di riconoscere la sua immagine riflessa
nello specchio. Come se gli fosse sconosciuta.
Sicché l'altro
del momento, contiguo o magari indistinto, forse persino inesistente
(ma che comunque pensa e agisce in lui), se lo rende in un certo senso
alieno a se stesso, d'altra parte ne appaga la coscienza, comunque collima
con quella sua strana identità che, per ritrovarsi, abbisogna
di rifiutarsi.
Come dire che è più paziente lui del paziente
che cura.
|
Il passato che incombe, che ci si piange su, che non si vuol ammettere
che non ritorna più. Ne consegue un presente incerto, precario:
una piatta staticità, in cui il pretesto d'essere tutto d'un
pezzo, più d'una giustificazione, dà proprio l'idea dell'inconcludenza,
d'un pavoneggiarsi senza costrutto
di robaccia da soffitta.
Occorrono
invece programmi, progetti, perlomeno quelle idee che, sebbene non realizzate,
sebbene vengano e vadano dalla mente o, se si vuole, null'altro siano
che delle sterili bolle di sapone, comunque ispirano un momento di riflessione,
magari d'entusiasmo, che è poi dare un senso al vivere, un'iniezione
di gioventù.
|
Senza un cenno di dinamismo, senz'alcuna proiezione nel futuro, senza,
cioè, concludere alcunché, inutile, per non dire penoso
è poi lagnarsi delle occasioni perdute, ma quanto più
triste è il silenzio di chi ha ormai perse anche le speranze!
|
Le
belle parole potranno magari lenire,
ma certamente non guarire il
disagio dell'emarginazione e chi l'ha capito parla
poco
e aiuta, ma
senza dare nell'occhio. |
Proteste
e cortei.
Ma la conclamata solidarietà sindacale, quand'è
velleitaria, chiassosa e inconcludente, più d'opportunità
è fonte di recriminazioni
e rimpianti.
|
Dallo scrigno della memoria, oltre ai ricordi, il sentimento del tempo
mi riporta a quelle illusioni, che m'illudo ora di rivivere, come
se fossero realmente esistite.
|
Al di là del big-bang, di pianeti, comete e galassie, la nostra
conoscenza altro non sa né prevede, e ogni qualvolta si ripropone
l'eterno, irrisolto e a quanto pare irrisolvibile enigma dell'esistenza,
ci si ritrova con un pugno di mosche e una gran confusione nella testa.
"Chi siamo? Dove andiamo? Che saremo?": domande, solo domande
senza risposta.
Nella diaccia e impenetrabile immensità del cielo
il nostro pensiero vagola inutile
come uno sghiribizzo senza costrutto.
|
So solo, tesoro mio, che il tuo tenero sguardo innamorato è come
un allegro caminetto acceso: un crepitante focherello il cui tepore
m'entra dentro, dentro fino all'anima, fino ad avvolgermi del tutto.
E nel benessere che m'arreca, come nella rovente nervatura del ciocco,
del legno che brucia, vibra l'essenza, il succo, il fior fiore della
tua tenerezza.
Del tuo magico modo d'essere donna.
|
Gli scherzi della memoria fanno a volte travisare, comunque deformare
la realtà.
Così chi crede di ricordare in verità
ricorda soltanto ciò che è compatibile con la sua mente
e quindi percepibile in quel preciso momento.
Eppure questa nostra impareggiabile
giustizia impone il cosiddetto teste oculare quale prova tangibile,
pur prescindendo dall'età e dal tempo trascorso.
E a chi capita,
capita!
|
Come
la vecchiaia e la miseria, le brutture delle malattie destano orrore
soprattutto in coloro che grandemente le temono, e che magari ce l'hanno
già nel DNA, nello specchio segreto di quella loro vitalissima,
quanto perfettissima
disumanità.
|
Ci professavamo innamorati, e dopo aver forse vissuti i momenti più
belli della nostra vita, ci siamo accorti che l'amore non era fatto
per noi. A quanto pare per noi la costanza è il disimpegno,
la pigrizia, quella soave e malinconica solitudine, che poi magari
c'indurrà ad un altro amore, ad altre inconcludenti vicissitudini...
|
Non s'annoia mai l'innamorato
che parla e parla del suo amore,
ma
chi l'ascolta
|
Pur
in precario equilibrio,
danzavamo felici
sul filo intrecciato dei
nostri sogni.
Peccato, poi, il tonfo, quando s'è rotto.
|
Ti
ricordi quella sera a cena: gli occhi negli occhi, le mani nelle mani
palpiti, carezze, languori, e quella falce di luna, galeotta, riflessa
sul pallore del tuo volto.
Ma che s'era mangiato?
|
La scatoletta che mi hai regalato era per me come uno scrigno prezioso.
Ma ero anche innamorato.
|
La rugiada c'illegiadriva il cuore. Avevamo scoperto il nostro primo
mattino. Poi la sera, quando le prime ombre si stagliavano altere anche
nei nostri cuori, ci rifugiavamo dolcemente, l'uno nelle braccia dell'altro,
quasi che a cercare l'amore fosse l'unica conseguenza possibile.
Vivevamo
così, in sintonia, con lo spirito affine e con la gioia di sentirci
diversi, rinnovati dal di dentro. E fu un'esperienza unica e irripetibile.
Certamente, perché il sogno non si ripete mai.
|
Svolazzi
e tremuli arabesques fan da cornice alle nostre illusioni.
Nel mezzo,
sulla dilatata tavolozza del sogno, si staglia trionfante la nostra
immagine barocca.
|
Il
tempo che passa e l'ombra della sera, poi della notte, che stretti
si tengono i loro segreti. Se non l'epitaffio sulla lapide, di nostro,
di veramente nostro che cosa rimarrà?
Sentimenti, qualche ricordo
forse, ma saremo poi in grado di recepirli?
|
Come passano gli anni cambia anche l'approccio tra le persone. Non
si parla più di successi, viaggi e avventure, ma del passato,
del tempo e dei piccoli, noiosissimi malesseri d'ogni giorno.
E il
che, se non altro, è altrettanto noioso.
|
Si disserta, si polemizza, ci si accapiglia, ci si danna per i più
nobili ideali ma anche per le più strampalate utopie, eppure
basta un semplice raffreddore per farci dimenticare tutto. Siamo troppo
abbarbicati alla terra per volare tra le stelle.
|
Come sei entrata nella mia vita s'è rinchiusa una porta nella
mia stanza più segreta, e dentro, col passato, ho riposto tutte
le mie ansie, le mie incertezze, quella cronica mia incapacità
di accettare il presente, forse di amare sul serio. Ora non intendo,
né potrei più comportarmi diversamente: ho gettate le
chiavi.
|
Se le risate decretano il successo del comico che sa sfruttare i contrasti,
enfatizzando un atteggiamento austero e solenne, divengono una tragedia
per quel cocciuto, quanto azzimato "trombone", pieno di sussiego,
che con quelle sue noiosissime, quanto roboanti chiacchiere inutili,
la lezione d'austerità e di solennità vorrebbe invece
propinarcela.
Ma ancor più tragico o, meglio, tragicomico è
che persiste, imperterrito, per nulla scosso, come se scambiasse per
gioia la derisione e addirittura per entusiasmo il sarcasmo di chi viceversa
ormai comincia a non sopportarlo più.
Certo, se costui avesse
veramente voluto far ridere, non avrebbe potuto che far piangere. Senz'accorgersene,
naturalmente.
|
Quando
uno scemo si erge a profeta anche il sublime diventa ridicolo.
|
Nelle variegate gradazioni dell'ironia c'è sempre qualche motivo
plausibile, ma, per chi ne è vittima, solo di cattiveria si
tratta, specie quando c'entra la politica.
|
Sprovveduto com'è, che dà l'impressione di barare, comunque
di non essere se stesso, che vale poi lamentarsi della diffidenza
che lo emargina?
Al più potrebbe consolarsi con qualcun'altro
come lui
magari mettendo su assieme un teatrino.
|
Di furbi
ce ne sono tanti, ma il più furbo è quello che fa finta
di non esserlo, se non altro perché sa confondere le idee senza
pagarne lo scotto.
|
Quando ti vedo, sento in te una parte del mio spirito.
Quando ti stringo,
sento in te anche il calore del mio corpo.
Quando ti bacio, è
il battito del mio cuore che si dilata, che fa tutt'uno col tuo.
E quando facciamo all'amore, non so che mi capita, ma vorrei rifarlo
all'infinito.
|
C'è un che di patetico nell'alibi di quei pazienti, che giustificano
la loro assiduità con i medici cosiddetti dalla ricetta facile,
accusando strani malesseri e improbabili cedimenti, in verità
la disponibilità di questi medici e la sovrabbondanza delle medicine
- che poi restano di norma inutilizzate nell'armadio - rappresentano
piuttosto una panacea al loro profondo, quanto disperato bisogno d'affetto,
di sentirsi più coccolati, più importanti.
Ma tale verità,
se non inconfessabile, è altrettanto imbarazzante
persino
a loro stessi.
|
Quando mi arrovello, mi giro e rigiro nelle mie invalicabili ansie,
nei problemi che nascono e muoiono nella mia mente, e ne pongono altri,
e altri ancora, che poi hanno il medesimo decorso, credo di poter
dire che ciò, se non da un animale, mi rende comunque diverso
da un qualsiasi oggetto.
E il che è già un vanto.
|
Chissà perché, ma, nella valutazione di certa gente,
quando un povero appare anche rozzo e trasandato è un pezzente,
mentre un ricco, magari messo peggio, è al più un originale.
Forse per quell'eccitante profumo di soldi che si porta dietro?
|
Le
stranezze dei VIP divengono espressioni di genio per la gente comune,
e più sono astruse, più colpiscono
nel segno.
Conta
solo il grado di notorietà.
|
Lo squallore e la povertà vanno di conserva,
ma la ricchezza
non è molto
diversa.
Solo che non lo dà a vedere
o sa nascondersi dietro
all'apparenza. |
Aborrita la miseria, l'unico modello cui si ambisce è nel segno
dell'invidia.
Ma chi ne è vittima, pur lagnandosene, si guarda bene dal mollare
il privilegio.
|
In
alto, nell'ambitissima scala sociale, più su, fino al torrione
principale,
ove si possono anche fare le pernacchie ai barbari di sotto.
|
E' timorato di Dio e ligio ai Grandi Principi, ma appena può,
di soppiatto, fa fessa la povera gente, cui ha carpito la fiducia. Ma
ha anche la coda di paglia, per cui, se le sue malefatte dovessero adombrare
quel suo Dio, così equanime e onnipotente, cioè proprio
occorrendo, dopo le suppliche d'uso e il pentimento, a viatico di riserva
tiene sempre in serbo parte del mal tolto, da restituire. La prudenza
non è mai troppa per chi s'ingegna a vivere tranquillo.
|
Il
tuo sguardo impertinente, che coglie sul mio volto quel momento d'imbarazzo,
che avrei voluto tener nascosto. M'è già caduta da tempo
la maschera da bullo di paese, e nulla più mi resta, che questa
mia vecchia faccia rugginosa di satiro impotente.
|
Più della sequela di nomi e di date, di nozioni che comunque
non ti porterai dietro nella memoria, oltre alla vaghezza di una immagine,
di tangibile ti rimarrà soltanto la sensazione d'esserti trovato
in un luogo memorabile. Sempre che tu sia riuscito ad astrarti dalle
chiacchiere.
|
L'armonia vibra, sussurra, piange
di commozione nell'infinità
della dolcezza
il violino è dei poeti, ai scimmioni
la grancassa e il bum
bum dell'elettronica.
|
Il
senso estetico trascende il valore dell'oggetto, per cui l'opera d'arte
non è
certamente tale per il suo costo, ma per l'intensità del sentimento
che suscita.
|
Quando
un'opera d'arte è degna d'essere ammirata non c'è discorso,
non c'è colloquio che tenga: la si contempla in silenzio, rapiti,
quasi fosse una magia.
|
Il vibrare armonico del pianoforte e l'appassionato sentimento del
musicista fanno della musica un canto dell'anima, un'emozione inesprimibile
a parole.
|
L'imprevedibile piacere di svegliarsi alla luce del sole quando ci si
aspetta la pioggia, è un po' come andare a letto imbronciati,
arrabbiati con il mondo intero, e risvegliarsi distesi, riconciliati
con gli altri e con se stessi. Il buon umore è come il sole:
spazza via tutto, anche la bruma della routine.
|
Sognare l'incanto al Nord d'una notte d'estate, il sorriso d'un bimbo,
il dolce, insinuante sguardo d'una donna del Sud. Vivere la vita d'ogni
giorno intensamente, come un'opera d'arte, ancora con l'entusiasmo,
lo slancio e la serenità d'un fanciullo
e infine sorridere
anche a se stessi, anche se nessuno ci guarda, anche se la solitudine
e la miseria ora ci umiliano e ci rendono tristi. Tanto ci sarà
sempre un altro giorno. Per tutti.
|
Vada
che, ignorando la propria dissennatezza, incolpi gli altri del proprio
fallimento,
ma che ritenga poi di cavarsela,
facendo finta che nulla
sia successo
|
Se l'intera umanità fosse certa di farla franca e non temesse
di pagare il fio nell'Aldilà, molto probabilmente sarebbe anche
del tutto estinta: autodistrutta.
|
Tra celie e risa sguaiate, chi eccede per farsi coraggio, rischia
poi di piangere in silenzio.
Di solito è proprio nell'eccesso
che è insita la debolezza. E il baccano la può confondere,
ma certo non guarire.
|
Consola
e dà un gran senso di benessere il sentirsi amato, protetto,
desiderato, ma può apparire sufficiente anche un pizzico d'illusione.
Basta non accorgersene.
|
L'espressione d'un concetto, quand'è l'intimo frutto d'una
travagliata dialettica, va in ogni caso riportato o trascritto. Molte
volte ci si azzecca.
|
Il concetto di perfezione è in parte innato, ma per lo più
s'identifica con l'esperienza, dunque con la nostra perfettibilità.
Che è anche un nostro tormento.
|
Dal
nulla ritorniamo nel nulla? Ovvero morire è un sonno, un lungo,
indefinito sonno, senza sogni, senz'alcun cenno di vitalità
o, nel lento defluire della coscienza, sereni, innocenti, come dei
bambini, stanchi dei giochi, che non sia già questo il segno
d'un qualche, insperato "risveglio"?
|
Il presagio d'un radioso Aldilà s'annida in noi fin dalla nascita
e se non altro per la consolazione che ci dà
è il più bel sogno che ci capita.
|
Vibrazioni e multiformi impulsi vitali, nello squallore d'un mondo
lunare,
senz'ali del pensiero, senz'angeli in preghiera, tragiche vittime
di noi stessi,
di questa nostra disperata, quanto prepotente curiosità. |
Quando
il misticismo diventa esaltazione, il palpito del cuore e il pianto
che vi sgorga dal profondo bagna, deterge e consola ciò che
noi chiamiamo anima, ma quando la consapevolezza della propria identità
ne denuncia anche i limiti, allora il cuore diventa solo un organo
e il riscontro dell'anima
un sorriso ironico.
|
Per i Padri della Chiesa l'anima è puro spirito, non ha alcuna
estensione, al che c'è però chi aggiunge che l'anima è
comunque preesistente al corpo e che vi si congiunge o, meglio, che
lo raggiunge quando nasce. Meno male, direi, perché altrimenti
già nel pancione della puerpera dovrebbero convivere due e, nel
caso dei gemelli, più anime. E se fossero incompatibili?
|
L'idea dell'anima, oltre ad esserci connaturata, riesce a darci un senso,
in ogni caso una giustificazione alla vita, ma se fosse solo una pia
illusione, penso che non saremmo comunque mai in grado d'accorgercene.
E per nostra fortuna, direi, perché, demitizzandola, rischieremmo
di sentirci spiazzati, solitari, inutili: tristemente destinati a perderci
del tutto
ammalati d'impotenza.
Tanto più che, alla fine,
oltre l'estremo limite dell'esistenza, anche ogni cosa della vita potrebbe
non avere più alcuna importanza, anzi potremmo già essere
in parte o del tutto assenti o, peggio, spariti nel nulla, o magari
proiettati verso ben altri interessi, ben altri destini, comunque divenuti
ormai un'altra cosa e, per come siamo ora, inconoscibile.
Ovvero tutto
potrebbe schiarirsi ma anche già essere compromesso, e a quel
punto chissà se ci sarebbe ancora qualche traccia di quella che
noi ora chiamiamo anima o perlomeno qualche spirito bizzarro a testimoniare
di questa nostra incantevole, quanto precarissima presenza?
|
Anche se i morti fossero morti del tutto, c'è sempre la speranza
che possano rivivere per chi li ricorda. E la speranza è dura
a morire
almeno per noi, vivi.
|
Probabilmente i morti non sanno d'esser morti, ma quanti di noi sanno
d'esser vivi?
La vita è un privilegio che, nel bene e nel male, va colto
con tutta la passione disponibile, ma i più se ne accorgono
solo quando stanno per perderla.
|
Detesto gli ipocondriaci,
gli attaccabrighe e gli scrocconi:
me ne
sto in disparte e non pretendo niente da nessuno
salvo a ricredermi.
|
A forza
d'insistere anche le bugie divengono verità, quindi esperienza,
storia, persino mito.
Meno male che al più restano innocue.
|
Illudersi
è un po' crearsi delle nuove opportunità, e l'illuso
sarà pure risibile, ma intanto se la gode.
|
Come il cane che abbaia non morde, così chi troppo parla poco
conclude.
Vada se è per nascondere la sua pochezza, ma che presuma il
contrario!
|
La cognizione del bello è preesistente in noi, ma cresce e si
affina ogni qualvolta ammiriamo un quadro o un paesaggio finora sconosciuto,
ogniqualvolta la commozione e quel senso d'appagamento che ne consegue,
arricchendoci, ci dà la misura e l'orgoglio della nostra umanità.
|
Con il sopravanzare dell'età me ne sto sempre più in disparte
e in silenzio: parlo o ascolto solo quando m'interessa. Non cerco più
di compiacere, comunque di farmi bello, colto e intelligente, ma basto
e avanzo per quello che sono, almeno per quanto mi concerne.
Che sia
davvero un segno di saggezza questo o, più semplicemente, d'una,
per quanto repressa, pur sempre latente pigrizia?
|
Che ci dia bada o non, per la gran parte di noi Iddio è il Padre
ideale e, nel nostro immaginario, rappresenta in concreto l'Archetipo
cui potremmo e ci dovremmo ispirare. E se la Sua perfezione fa in un
certo senso da contraltare all'alibi della nostra mediocrità,
pregna di furbizie e di trasgressioni di poco conto ma anche delle peggiori
nefandezze, tanto paterno è l'amore e la pietà che emana,
da indurci a ritenere sufficiente una preghiera o un lieve pentimento
perché ogni peccato ci venga rimesso
Illusi!
Basta ritornare
con i piedi per terra per rendersi conto che la tanto vagheggiata volontà
divina s'identifica unicamente con noi, che siamo solo noi a indulgere
sulle nostre colpe, e ancora e sempre noi a placare così l'assillante
lato censorio della nostra coscienza. E il che, se da un lato ci può
far comodo, d'altra parte ci fa anche temere che, pur inconsapevolmente,
pur per una profonda, quanto impellente necessità di rapportarci
a qualcosa che trascenda ciò che siamo e significhiamo,
Lui purtroppo
sia stato creato unicamente da noi. Ovvero che, più di Padre,
sia solo il figlio di questa nostra irrequieta, quanto mirabolante fantasia.
Anche se il suo miglior figlio possibile.
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A sublimare un comunissimo istinto
si fa come d'un asino un santo.
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Dubitare non può essere una colpa, ma far dubitare gli altri
forse sì. Almeno per chi ha la coda di paglia.
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L'integralista è arciconvinto che la Verità ce l'ha
in tasca. E che sia pur bucata, lui comunque non deflette.
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Distraendosi
il prepotente potrebbe diventare lo zimbello della sua vittima, per
cui l'incessante suo imperativo è di non distrarsi mai.
Che
fatica, però!
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Blaterando
d'un arcigno Aldilà, c'è ancora chi c'impone la mistica
del sacrificio.
Ma non a se stesso, s'intende, anche perché
non ne è poi tanto convinto.
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Coloro che s'adoperano per lenire i disagi della povera gente non
abbisognano certo di preghiere o riconoscimenti.
Sono già in
pace con se stessi.
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Per il nostro codice morale far del male agli altri è ben più
grave che a se stessi. Però ove capitasse d'applicarlo il più
delle volte ce ne mancherebbe il coraggio.
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Insita
nell'uomo è la propensione alle novità e alla ricerca.
Se così non fosse saremmo ancora all'età della pietra.
Anche se non manca chi vi ci vorrebbe ricondurre.
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La
lontananza affina, ma può dissolverlo il desiderio:
dipende
dall'amore.
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D'amore non si ragiona: si palpita, si vibra; ci si precipita l'uno
nelle braccia dell'altro, e senza pensarci su.
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Nel
dolce tepore del tuo corpo m'irroro di linfa vitale. Se torno bambino
è per amarti di più. Ti meriti l'innocenza del mio amore.
Di quel sogno meraviglioso, scavato nella memoria.
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L'intensità
dell'amore si subisce e basta:
non c'entra la volontà. |
Alla ricerca d'una inafferrabile, quanto sempre più ipotetica
felicità, c'è chi spera in una lotteria, chi in un'imprevista
eredità, chi in un'occasione fortunata, chi in un istituto di
bellezza
comunque in qualcosa che lo evolva dall'ambiente in cui
vive, che gli cambi, cioè, la vita.
L'innocuo sogno nel cassetto
del resto non manca a nessuno, così le smanie, gli assilli, i
miti del successo: le tante vanità che ci portiamo dietro. Eppure,
quando lo stimolo della speranza si coniuga con l'emozione dell'attesa,
lo slancio vitale che ne consegue potrebbe già prefigurare il
segno d'una qualche felicità possibile.
Magari poco riconoscibile
e non certo pari alle nostre attese, ma forse anche l'unica possibile.
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Correre dietro ai perditempo, agli slogans, ai falsi profeti, e urlare
come matti senza chiedersi il perché. Aver la facciatosta, o
la dabbenaggine di ritener musica quel tam tam fracassone degli aggeggi
elettronici, agitarsi come dei forsennati e farsi rompere i timpani
fino all'intontimento. Fino a perdere ogni capacità di pensare
autonomamente, fino all'aberrazione della droga per uscire dalla propria
coscienza, rincitrullirsi del tutto e illudersi d'una liberatoria esaltazione
dell'istinto. Se tutto ciò è essere giovani, è
una vera fortuna non esserlo più.
|
Quand'è
soffusa, in sottofondo, quasi provasse pudore a proporsi, la musica
affina lo spirito e indubbiamente mi rilassa. Ed è per me proprio
questa sua dolce evanescenza il suo maggior pregio: di compagna discreta,
senz'alcuna pretesa.
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Ho
mangiato dai migliori cuochi del mondo, per ridurmi a cappuccino e
brioche. Meno male che almeno la memoria non mi tradisce: mi sommerge
di sapori.
Il nostro corpo è come un abito che ci
si porta addosso, e che, con l'andar del tempo, diventa sempre più
liso e demodé.
Finché si butta.
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Al di là d'ogni mio pensiero, d'ogni straripante infinito, là,
giù, laddove non percepisco più, c'è un bianco
puntino di sfera elicoidale: la mia anima. E gira, e rigira, finché
il dardeggiante sole, o altre diversità, dal cielo che non distinguo
più, riflesso nella pozza del mio cuore, quel poco, quel troppo
d'umano ritrovo.
Ora la notte, la luna, l'ululato d'un lupo solitario
è come la deriva d'un sogno la vita?
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Il vento del tempo.
Librato nel nulla.
Eppure non cado.
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Il
passato m'annoia.
Il presente non lo capisco.
Il futuro m'intimorisce.
Ma ho la fortuna di vivere.
E se ciò non basta, me lo debbo
far bastare.
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Ce
l'ha con tutto e con tutti, ma quando gli ho chiesto che ci sta a
vivere, m'è giunto un perentorio "fatti i fatti i tuoi!",
con corna e pernacchioni di contorno.
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Se l'immortalità attiene all'anima,
l'illusione attiene al corpo.
|
La sua vita scorre serena e innocente. Eteree immagini ed elevati pensieri
gli si accavallano nella mente, e, nel tempo, quella sua strana speranza
d'un suo mondo trasognato e fantastico gli diviene sempre più
concreta.
S'illude, certo, ma per quanto il naturale decorso della vita
non lo favorisca, l'innocenza e la fantasia che lo animano comunque
lo preservano dalle tante delusioni. A suo modo è felice.
|
Il desiderio ci fa capaci di qualsivoglia impresa, anche se la delusione
è dietro l'angolo, in attesa.
|
Sono
giovane, piacente, ho tempo, soldi, salute
eppure
Sono vecchio, squattrinato e pieno di acciacchi
eppure
|
Ogni
dubbio comporta un altro dubbio, ma l'apatia non porta a niente.
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Nulla ci rende felici quanto
l'idea della felicità.
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Conta molto di più quel che si è rispetto a quel che
si ha, ma che giova comprenderlo quand'è ormai troppo tardi?
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Il
filo della vita è fin troppo esile
per giocarci su senza criterio.
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Quando comincia, la decadenza
non finisce mai
proprio mai!
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Se uno agisce da scemo poco serve
che si presuma intelligente.
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Si
può aver ragione anche avendo torto: dipende da chi giudica.
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L'eccesso
d'altruismo può far perdere di vista le proprie necessità.
Il rischio è di non ritrovarsi più, di perdere il contatto
con se stessi, persino la propria identità.
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Il tempo disponibile rende tutto possibile, anche se poco fruibile.
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La sindrome
da notorietà può far offuscare il senso della misura.
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Frustrati,
senza pace
ma che senso ha ricorrere a trucchi e mascherate
per apparire diversi o come chi vorremmo essere?
Prima o poi ci ritroveremmo
comunque con tutte le nostre anchevolezze, i complessi
quell'insopprimibile
incapacità di convivere con noi stessi.
Oltre alla figuraccia
se scoperti.
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Se chi ha talento coinvolge e chi "mestiere" convince, a
volte basta quel po' di spontaneità per essere gradevole. Sul
palcoscenico della vita c'è posto per tutti
salvo per
chi recita una parte che non gli compete.
E magari ci s'incaponisce.
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Monotona
l'ombra mi precede, mi segue, come l'onda delle mie cocciute illusioni.
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L'amore
e la libertà sono beni irrinunciabili
peccato che non sempre si conciliano. |
Chissà
come richiamare chi era?
Come riviverlo realmente in quella sensazione
- ora così vivida in me - d'esserci già stato, d'esserci
ancora,
e che noi ancora vivi chiamiamo memoria?
Come se si fosse
già l'altro in noi dissolto.
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La memoria accresce ed arricchisce quel certo tal momento della vita
che abbiamo voluto ricordare, ed ora l'emozione che ne proviamo, se
non più intensa, è probabilmente ben più piacevole
di quanto realmente provammo.
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Capire il tuo prossimo, vivere e soffrire con lui, è come dilatare
all'infinito le proprie esperienze.
Eppure sembra così difficile.
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Quei
fatti del passato, esaltati
per
gli uni e deprecati per gli altri
ma a quale Storia addiverranno
che possa essere credibile?
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C'è
chi vede solo ciò che vuol vedere
e, se gli si dimostra il
contrario, sente anche solo ciò che vuol sentire.
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Certi atteggiamenti eccessivamente austeri e inflessibili, più
che d'onnipotenza, danno l'impressione d'un patetico, per quanto malcelato
complesso d'inferiorità.
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L'amore è quel senso profondo della vita cui tutti tendiamo,
ma, come del resto ogni cosa nella vita, può dare gioie o dolori.
Dipende da come ci si pone.
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E' un trepido sguardo, una lieve carezza
una lacrima che dolcemente
riluce su un volto innamorato. E'
e ancora, e ancora di più,
fino a che ogni descrizione, anzi ogni parola appare inadeguata, anzi
inutile. Ah, l'amore!
|
Quando lo rivedeva il suo cuore danzava di gioia: si sentiva sua,
tutto sua
fino alla cima dei capelli.
Quando la rivedeva il
suo cuore danzava di gioia: si sentiva suo,
tutto suo
fino alla
cima dei capelli.
Ah, l'amore!
|
Il
vento ricopriva di sabbia
la fossa degli occhi,
ma noi,
stretti stretti,
estasiati al miracolo dell'alba.
Il morto?
Un orribile passato.
Ah, l'amore! |
Era certa di amarli entrambi, al punto che pur stando con l'uno pensava
all'altro e viceversa, ma candidamente, senz'alcun senso di colpa: tanto
lei quelle cose le faceva solo per amore. Perciò quando poi s'aggiunse
un altro, e un altro ancora
due, tre, poi quattro e più
volti che ora le s'intersecavano nella mente, non se ne preoccupò,
non si sentì minimamente in colpa: tanto li amava tutti. Ah,
l'amore!
|
Il riflesso del tempo s'è ormai assiso nella retina dei miei
occhi, nella pelle, nella percezione del cervello, ma non addentro a
me, nel profondo del mio cuore. Ho gli anni che ho, non l'età,
così le esperienze della mia vita, sia sofferte che godute, sono
un segno del ricordo, non del mio vivere d'ogni giorno. E quel volto
un po' emaciato, e quelle rughe che lo segnano crudamente, altro non
sono che un me nascosto, la scenografia più o meno riuscita d'una
vita già lungamente vissuta. Ma forse non propriamente la mia.
|
Se non s'è mai amato veramente,
che si viva o si muoia conta
poco,
anzi niente.
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Possiedi
ma cos'è che possiedi se non la tua idea del
possesso? Quell'assiderti sulla "cosa" che poi nulla è
se non la proiezione d'un tuo complesso.
|
Il
respiro del tempo defluisce nelle froge d'un cavallo come nelle mie
narici.
Ma da lì si rimanda nella generosità dello slancio,
da qui nella staticità del rimpianto.
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Nel volto d'un vecchio amico segnato dal tempo lo specchio riflesso
del mio.
|
La nostra società si regge in genere sulla convenienza, comunque
sull'utilità, che poi la si definisca "buon vivere civile",
quello è il senso. Cioè prescindendo dal credente, comunque
da chi si affida al sentimento della fede, la gran parte della gente
ha ben compreso che qualsivoglia tentativo di affrontare i grandi problemi
escatologici dell'esistenza è destinato più o meno al
fallimento, dunque meglio glissarli, non filarci su e - carpe diem -
prendere la vita così come capita.
Che tanto, salvo gli scemi
o quegl'illusi-che-sanno-tutto, non le più cervellotiche teorie
ma l'esperienza ci fa dire che l'unica comprovata certezza è
proprio l'incertezza o, se si vuole, l'indefinibilità. E che,
se non esaltante, ciò avrà pure una sua intima logica,
un suo per ora alquanto inesplicabile perché
O no???
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Il
politico non deve mai dire tutto ciò che pensa
sarebbe
banale.
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Pur a scapito della qualità ma in democrazia vige la forza
del numero. Però altrove è ancora peggio.
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Attrarre il consenso è un'arte antica, altrettanto la satira
per fortuna.
Ogni libro ha la sua dignità, i suoi perché, ed è
un amico che non ti lascia mai.
|
Infinite
combinazioni, il DNA, totale casualità della nostra vita: nascere
qua o nascere là: maschio o femmina, bello o brutto, ricco
o povero, triste o allegro
imprevedibilità d'un colpo
alla roulette. Chissà che non configuri anche il dopo?
|
Per chi ce la sa raccontare, anche un incorreggibile attaccabrighe può
diventare un eroe, così gli Oberdan , i "Che", o tutta
quella sfilza di facinorosi, esaltati dalle più distorte, quanto
utopistiche ideologie salvifiche, che un'improvvisa, quanto folle sindrome
d'onnipotenza rende disposti a tutto pur di raggiungere quei loro cervellotici
scopi.
Ma l'odio, i lutti e le miserie, che immancabilmente provocano,
se colpiscono chi non ha mai creduto a quelle loro esagitate prediche
di libertà e progresso, colpiscono anche quegli sprovveduti che
hanno avuto la dabbenaggine di ergerli a paladini.
Eppure chi tende
a infatuarsi d'una ideologia tende anche a scordarsi d'ogni sopraffazione
e violenza (specie se accaduta ad altri), cosicché, con l'andare
del tempo, alcuni di costoro entrano persino nella leggenda, nel mito
del bell'eroe romantico che si sacrifica per l'Idea, e il mito, quand'è
integrato nella tradizione popolare, è ben duro a morire.
Specie
quello dei santi e degli eroi.
|
I demagoghi, i populisti, come tutti coloro che promettono la botte
piena
e la moglie ubriaca saranno pure una jattura, ma sanno cogliere
gli umori d'una folla che abbisogna d'illusioni,
e in politica contano
anche gl'illusi
purtroppo.
|
In una
democrazia matura le riforme sono il senso stesso della politica,
per cui l'elettorato consapevole non può che dare ogni suo
appoggio alle riforme
altrui.
|
Un uomo politico che ha il coraggio di scegliere, comunque di rischiare,
non è certamente raccomandabile per quell'elettorato che, nel
principio gattopardesco del "che tutto cambi perché nulla
cambi", s'è costruito i propri privilegi.
Per quest'elettorato,
che ha magari anche il vezzo di dichiararsi progressista, non v'è
alcuna remora se, pur di esser eletto, il candidato di riferimento prometta
proprio quelle riforme e quell'efficienza apparentemente così
antitetici a quella sua parte e relativi interessi di bottega. Ma di
colpe altrui o "di problemi a monte" tanto poi ne troverà
o se ne inventerà a bizzeffe, per cui avrà tutto il tempo
per giustificare la pochezza del suo operato.
Se non altro per salvare
la faccia a chi l'ha sostenuto.
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Non
sempre chi nel corso della vita ha dato ampia prova di sé riesce
poi ad essere convincente anche in politica, anzi quasi mai. Salvo
non si adegui.
|
Oltre
al valore aggiunto, i grandi ideali sono delle giustificazioni per
la politica, per cui mal si conciliano con i veri problemi della vita. |
A far le cose senza costrutto proprio te le cerchi le disgrazie, idem
alla fine, quando poi ti metti a recriminare, e magari chi t'ascolta
pensa invece ai fatti suoi.
|
A voler troppo agitarsi si rischia
di combinare dei guai, e ben lo
sa il lavativo o chi la pensa come lui.
|
Le
incertezze dell'eterno dubbioso sono altrettanto dannose delle certezze
del presuntuoso.
S'intende a chi assieme ci viva
o assieme
debba concertare
qualcosa.
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Ognuno di noi difende le sue ragioni, ma quando queste cozzano l'una
con l'altra o comunque non si conciliano, chi s'arrabbia, o impreca
e se ne va, di solito ha sempre torto. Anche perché l'intemperanza
mal s'attiene alla ragionevolezza.
|
Che certi sogni non siano già la prova generale d'una compassionevole
agonia?
O che ciò che noi chiamiamo sogno non sia solo una scenografia
più o meno riuscita che appare, dispare, a seconda dello "spettacolo"
cui ci siamo ispirati? E, scesi dal palcoscenico, saremo poi in grado
di capire, di giudicare
di giudicarci?
|
Le streghe e gli stregoni ce li cerchiamo, ce li inventiamo, ce li costruiamo,
fanno parte della nostra cultura, del nostro DNA. Non possiamo farne
senza. Così i roghi, i dagli all'untore, e tutta una sequela
di non so, di colpe a monte e di se c'ero dormivo.
Popolo di lavativi,
di lustrascarpe, di leccaculi e di calunniatori, fatto apposta per meritarsi
quei politici, quei magistrati e quegli accidenti che ha.
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Abbisognano
della controparte per esistere, altrimenti che farebbero gli "anti"
se, come delle cellule impazzite, non avessero la possibilità
di ripetersi all'infinito. E ciò sia a prescindere dal contesto
che dalle loro idee. Anzi anti-idee.
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Nei
tribunali sta scritto: "La Giustizia è eguale per tutti",
confortante, ma che serve se poi ti capitano quei giudici che interpretano
quell'eguaglianza a loro modo?
|
Mi sono sognato di un luogo ove la gente si faceva i suoi affari dandosi
la mano e una pacca sulla spalla, e tutti apparivano sereni, senza problemi,
felici di esserci e di aiutarsi; di un luogo in cui il bene dell'uno
era la gioia dell'altro, di tanti sorrisi e sguardi sinceri.
Mi sono
sognato di un luogo in cui tutte le porte erano aperte, anzi non ce
n'erano, né esistevano barriere o serrature, così non
esistevano soldati e nemmeno la polizia (comunque non appariva nel sogno),
c'erano sì degli anziani con delle palette, ma sembravano felici
di dirigere un traffico che non c'era, così non c'era la burocrazia
e nemmeno tutti quei rompiscatole che ci rendono la vita così
difficile.
Mi pare che non ci fossero nemmeno le case
e nemmeno
le strade: prati e mare, mare e cielo all'infinito. Peccato che non
c'ero neppure io.
|
Settantadue, e gli anni si ammassano, si accavallano l'uno su l'altro.
Così le memorie, le sensazioni del presente e del passato: luci
e ombre, che ora, dall'alto di ciò che chiamerei esperienza,
mi fanno sorridere bonariamente. Al di là delle antiche, quanto
abbacinanti illusioni, sono finalmente consapevole di ciò che
sono: non poco, non molto
sufficiente. Che sia questa la cosiddetta
senilità?
|
Altroché la storiella d'un impegno altamente morale e di buonsenso
esplicato nell'interesse esclusivo della collettività, ormai
il fine vero della politica per lo più si riduce ad una lotta
senza quartiere per la propria poltrona o, al caso, per la propria parte
politica.
Così il veleno di cui è intrisa questa nostra
infida, quanto mediocre classe politica s'insinua ovunque, nei media,
nei circoli che contano, nei sindacati, persino nei gangli più
riposti della magistratura. Un andazzo che ammorba, fino a rendere inerte
e del tutto acritica un'opinione pubblica che, se ha rappresentato la
vera forza pulsante della democrazia, ora sembra non s'accorga più
di nulla, non reagisca a nulla, nemmeno quand'è palese che ogni
giudizio viene più o meno subdolamente travisato, ogni proposta
inficiata da un'altra contraria, ogni azione finalizzata solo a distruggere
qualcuno o qualcosa, e nemmeno quando anche un semplice avviso di garanzia
divenga un grave indice di colpevolezza per l'avversario politico.
Ovvero
nemmeno quando persino la Giustizia venga strumentalizzata dall'arroganza
e dalla pericolosità d'un potere ben al di sopra dei meriti di
certi squallidi personaggi, che nel loro livore verso chi non la pensa
allo stesso modo perdono il senso della misura, tanto che da giudici
quali sono, oltre a intangibili, magari si pretendono giustizieri.
Sicché
pure la Giustizia diviene una farsa, tragica per chi ne è succube,
ma una farsa, anche se poi ne genera altre, fino a divenire abitudine,
comportamento, pensiero, in una sarabanda incontrollabile in cui non
esistono più dei punti fissi cui affidarsi.
Ognuno va per suo
conto, e la decadenza dei costumi fa il paio con la decadenza dei principi.
La democrazia è umiliata, abbacchiato chi ancora ci crede. Restano
a consolazione i bum bum ossessivi dei rocchettari e l'urlo della folla
per i goals.
Povera Italia!
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Quando
si è giovani ogni compleanno viene festosamente scandito dalla
memoria, ma come cresce l'età decresce l'interesse, finché
non ci si pensa più.
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Quantomeno
anacronistica, quest'inamovibile burocrazia persiste imperterrita
ad imporre una miriade di leggi, leggine o disposizioni sempre più
cervellotiche e ottuse.
Un tormentone per tutti, ma per ironia della
sorte particolarmente oneroso e frustrante per chi lavora e produce,
ovvero proprio per chi la mantiene.
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