Poesie
dell'autore tratte da:
"La
gruccia sui tempi"
"Ritmi della notte"
Rebellato Editore
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ESISTERE
A stormo
le rondini tornano.
La primavera
ricompone l'ode.
Mi rode
questa saggezza inutile!
Uccello senz'ali
m'appello
a giorni nuovi.
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LA
MANO
La mano...
oggetto
ch'io poso sul tavolo
la guardo...
potrebbe
non essere la mia.
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QUANDO
Quando il roseto
dipinge d'ombra
il verde prato
Quando l'amore
ringiovanisce...
E' primavera!
Ragazzo scanzonato
anch'io
dipingo d'illusioni
la sera.
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IL
VERO AMORE
Ci siamo cercati
da sempre
Per un'incredibile
coincidenza di tempo
ci siamo ritrovati.
Siamo rimasti
in un inverosimile mondo
senza senso ma...
nostro
nostro
di nostra proprietà.
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CONSOLAZIONE
Sott'acqua
nel mare
con l'orecchio
teso
nell'assordante silenzio.
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FIRENZE
Ricordo di te
strani colori
pensieri freschi
e arcigni
da conquistatore.
C'è un senso del tempo
fatto di fiori
tutto è acerbo
di primavera.
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NEL
QUARTIERE
Vuote
sono le finestre
ed aride di luce
mi appaiono.
Nel gran cemento
c'è solo ombra.
Gigantesca
opprime
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BEVO
Bevo nella tua bocca
acqua
che stilla
nel deserto
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ORA
E PRIMA
Quando ho potuto pensare
mi sono sentito ineguagliabile
ora, che labile mi penso,
distinguo,
ma non so più sperare.
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RIMPIANTO
Sulla porta
un nome:
è di un'altro.
Sulla soglia
mi gelo
nella bara.
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MEDIOCRITA'
Ti han fatto le braccia
per cogliere fiori,
ti han fatto la bocca
per parlare d'amore,
ti han fatto gli occhi
per mostrare il cuore...
Sei andata tra la gente
per dire poco
anzi niente.
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CONVENZIONALITA'
Ci si vede.
Ci si guarda
Ci si tocca.
"Come va?
Come stai?
Che tempo fa?"
E l'ansiosa fantasia
agonizza
tra sguardi freddi.
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DI
NIENTE
Trabocca
l'arsura
mi chiede
una bocca.
Ma...
di niente
ha sapore
la tua bocca
di niente.
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BASTA
POCO
Quando
da un'umida
fosca giornata
il sole si svela
si pensa
in un'altra maniera.
Quando
la sera è arrivata
si spera.
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EROI
Il reduce
scende la scalea
portando fiori
ha piume sul cappello
medagliera
Ricorda...
La commozione
attorno
incera di rossore
Un'ode...
Un suono di tromba
Eroi...
Perché
nel mondo?
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LIBERO
AMORE
Tu
amore mio
sei l'istante
che tengo.
Che ti prenda
un altro
dopo
resterai mia...
Bugia!
Che folle bugia!
Non andar via
non devi
non puoi andar via
da me
vita mia!
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DA
SEMPRE
Di già
si compie
sull'altare della sera
la mia realtà
quotidiana.
Tra poco è notte:
ho bruciato gli istanti.
Senza sforzo
mi attendo
nel mio letto.
Solo
coi rimpianti.
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COME
Come
pompose farfalle
il gioco della luce
spegne e sublima
così
ridente sconosciuto
m'aggiro
tra crepe della strada.
Come
campane al tocco
si bruciano al silenzio
così
la mia voce sconosciuta
si perde nel vento. |
CHE
COSA RISPONDE LA NOTTE?
Diafane
le conchiglie gemono
sull'orlo del mare.
Fa freddo
e la luna m'è casa.
Che cosa risponde la notte?
Un fosco mistero
di croce e di sangue
è ciò che risponde
solenne
al cuore del viandante.
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BEVIAMO
La luce
risuona distesa
su carni
dipinte di bianco
Beviamo
dalla coppa del cielo
il nettare
che ancora rimane.
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IN
UN POMERIGGIO AL BAR
DEL METRO'
Nel buio
latenti desideri
risa di fumo
condiscendente semplicità.
Son qua a perorare
una nuova umanità
Tra il nerofumo del metrò
idealizzo la città.
Il mondo ha come me
sapore di sudore.
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DI NOTTE
Come i rintocchi
scende la memoria
negli intimi ritratti
ed è notte.
E corpulenta
sale e discende
l'immagine che do
per non soffrire presto.
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STAREMO
La mia mano
la tua mano
la tua voce...
Invalicabili moltitudini
Grandi occhi senza luce
voci senza suoni
Nebbie
sottili nebbie
tormentate memorie
La mia mano
la tua mano
la tua voce...
Squarci di colore cielo
Staremo
coscienti naufraghi
nel divenire impossibile.
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DESTINO
Qui
con mano stanca
immaginazione spenta
rintraccio silenzi
esprimo idee incompiute
corrodo culture appiattite
qui
rivedo stelle
emananti dal sole
terre
qui
ripenso all'infinito
nella sua eguale - ineguaglianza
alla molecola di carbonio originaria
che m'ha destato
e con distacco protervo
piccolo segmento d'ombra
io
piccolo uomo
continuo ad agghindarmi d'opinioni.
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SCONOSCIUTO
Se vaga è l'opinione
che ho di te
più vaga
l'ho di me.
Stiamo
statue
d'inconoscibile pietra.
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PERSONE
Persone
Parole
Cose
Cianfrusaglie
nell'avventura.
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IL
GIRO DELLA VITA
Il giro della vita
si compie alla sera
quando si dimitizza
il passato lamento
e quando
glorie rintanate
e supremi sforzi
e giochi di pupille
parlano
di incanti misteriosi.
In questa notte non basta
piangere di sé.
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DOPO
LA TELEFONATA
Quanto mi costa
per la paura di perderti
per la paura di farmi scoprire
bruciare il mio tempo
scarnito
e scarnito sono io
di memorie
e d'ambizioni perdute
offese
devolute
al rogo del dovere.
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L'INCOMUNICABILITA'
Quando
tra la gente
mi accingo
a parlare di me
mi ritrovo
ad ascoltare da solo
gli incerti temi.
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RIMORSO
Ti ho illusa.
Tu m'hai creduto.
M'è rimasta
la tortura del rimpianto.
Sfuggirti
più non basta al mio cuore.
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PER
...
- Cosa abbiamo, amico
che costante accomuna? -
- Nostalgia
del tempo bruciato.
Il rimpianto del povero...
l'occasione perduta. -
La tua mano, stanca,
sulla spalla, stanca,
mia s'appoggia...
Il bene del deluso.
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DIARIO
Non posso vivere
né con te
né senza te.
Tutto quello che dai
tutto quello che sai
e per te.
E si compie
così nell'ansia
la mia vita.
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AD
UN' ADOLESCENTE
T'hanno insegnato a temere.
Una certa malinconia
t'adombra il sorriso.
Il tuo viso
mi sfugge...
all'improvviso.
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QUELLA
SIGNORA
Più che l'ansia di precisarti
ho scolpita nel ricordo
la tua immagine bianca
di bella donna
dipinta a diavolo.
Sola!
Nella turpe solitudine
a sforzarti di ridere
per non lasciarti piangere.
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QUANDO
HAI DECISO
DI PORTARMI A CASA...
Quando ci siamo baciati.
Quando hai deciso di portarmi a casa...
I tuoi occhi
le tue mani
il tuo passo lieve
erano parte mia
come se ti avessi conquistata.
Quando la porta s'è rinchiusa.
Quando lo stupore di essere diversi
ha soffuso di caldo
il fioco chiarore della stanza...
Ho avuto paura.
La solita paura di sentirti delusa.
E quando le parole
han cerchiato di sapienza
degli afflati di vento...
già non ero più io
ma un vecchio, bonario professore
che avrebbe preferito
essere un aguzzino.
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POPOLANE
Ridete.
Sul tavolo
tutte tre
ridete
sgranocchiando pizze.
La rivista in mano
e foto
di lunghe silfidi
arcane
che affascinano
il vostro candore.
Sudore di operaie
confuso
nell'allegria del riso.
Vi accontentate?
...........
Quel pizzico
d'innocente invidia
sulla bocca
amaramente stride.
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COSI'
Come la rugiada
discende
sul velluto del fiore
e il fiore si apre
inatteso e curioso
così
le mie parole
sulla carta
provano.
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TUTTO
IO ...
Tutto io dono a te
dai soldi
al tempo che più non ritorna.
E tu
in cambio
un po' d'attenzione
ogni tanto
tra gli interessi.
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CAPELLI
LUNGHI
Capelli disciolti
al mattino
incerti di colpa
capelli lunghi
biondi
paghi di coprirti
di nasconderti a me
al mio volto curioso
che ha scoperto di te
un grido di gioia
un momento.
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SOGNO
Sfuggi
su ridotti spazi
e poi gli strazi
di chi non ti raggiunge.
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PASSEGGIANDO
Bruchi
su piazze assolate
intrecciano
l'inverno del sogno
e la corazza della moda
recinge desideri
patiti di noia.
Si sa che ti basta
il farti contemplare
si sa che ti basta
camminare in silenzio:
sei come il profumo
che il pesco ha lasciato
cadendo.
Ma poi, ma poi
la luce del Tempo
chiederà la mercede
e al fondo dell'opera sua
compatirti sarà poco
per quell'idolo morto.
A pagare c'è tempo
ma si paga
la paura
di arrecarsi sofferenza.
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LASCIA
STARE IL TELEFONO!
Quando chiudesti il telefono
ormai
la sinfonia dell'amore
non c'era più.
E l'alba
ci ritrovò pensosi
ammalati di problemi.
Lascia stare il telefono
quando sei con me!
Certi istanti magici
contano troppo
per buttarli via
così.
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E
TU AMICA ...
Ero tranquillo
ed ascoltavo musica
e tu amica
ti mettesti ad accarezzarmi i capelli
ed io mi accorsi così
che quelle tue mani
erano dentro di me...
Quelle tue bianche, lunghe mani
che andavano, venivano, andavano
timidi flauti
tra violini tzigani.
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E
FU PER TE
E fu per te
che colsi
insinuante il profumo
del mio orgoglio
di uomo
appena nato.
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ANDRO'
Andrò in mezzo al mare
e in una bottiglia vuota
le briciole della memoria
chiuderò
e il tuo profilo.
Sott'acqua
mieterò l'uva delle alghe.
Ti ubriacherò.
E su un giaciglio
di cavallucci marini
ti coglierò
quando nessuno sa.
Un'orca
vestirò di faville
e tra guizzi raggianti
dei delfini
il tuo ieri legherò
a catene di corallo.
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HONG
KONG
Le giunche
lentamente sciabordavano
sul mare allunato
ed estasiati
i nostri pensieri di turisti
toccavano il sublime.
Ma dentro
i pesci marciti
che le dolci notti d'estate
confondevano al sapore dell'aria.
Così
divenne benedetta
quella lunga pioggia
che uccise mendicanti
i derelitti
gli infamanti rifiuti
che le giunche incantate
abbandonavano
al mare assassino.
|
TU
Tu scolpivi le scene
dell'anima
su riquadri d'argento e d'oro
e gli angeli che a frotte
discendevano
nel risucchio del cielo
più su
la Tua veste azzurra
confusa.
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CONDIZIONE
Si sta
fiori non colti
a espandere profumo
inutilmente.
|
CONDIZIONE
(2)
Tu
che la notte ha chiamato poeta
e il verbo del giorno
triste ha portato
la novella di sempre
ti troverai da solo
perché essere solo
per quanto indicibile
è essere poeta.
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CONDIZIONE
(3)
Mai la parola colse
il pianto dell'anima.
E' solo una lacrima
il verso che arriva.
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...
E SI CORRE
...e si corre
frastornati
tutto passa presto
e ci si ferma
e ci si guarda indietro
e la catena ghiaccia
dentro
ad ancorarci.
Come il passato
così il presente
vivere
è fuggire.
Per ritornare.
|
AD
UN AMICO MORTO
Orsù
come hai fatto amico
a credere di essere inafferrabile.
Anch'io illuso un dì
da te convinto.
Ciao, ti saluto
e guarda...
sul tuo corpo spento
il vento della mia anima
se c'è
soffia progetti.
Arido
il rimpianto.
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QUANDO
Quando l'ombra passa
e la sera porta sospiri
alla valle del cuore
il mistero di donna
è rugiada
è galoppo di cavalli nel vento.
Quando luci e occhi
occhi e luci e mani
e fruscii arcani
e lunghe ciglia...
oh, tentenno
nella brezza che flutta di caldo!
Quando arcigna
la memoria racchiude
spezzoni di sogno
e la porta si chiude
e rimbomba d'acciaio...
oh, sapessi!
quanta infamia
nello specchio che ride di me.
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CATENE
Già
l'orma del pensiero
mio
stanca va...
Adunche
le mani scarne
scheletri nel tempo
piano
mi riportano
indietro
e bacio
labbra di marmo
soppalchi di mistero
appassiti i colori
il nero
stringe...
E' l'angoscia!
Mai più
mai più
libero
nel vento!!!
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E
TORNO'
Si stancò di ripetere sissignore
buttò la cravatta, la giacca ripose
e corse, corse nudo nel sole.
Si stancò di correre nel sole
la giacca, la cravatta rimise
e tornò a ripetere sissignore.
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HO
Ho bisogno di vederti
e quando ti vedrò
vorrò lasciarti presto
per desiderarti di più.
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PAROLE
Parole
come d'ago
la cruna.
|
DELUSO
Gli occhi tuoi come cielo più su
e gli occhiali nascondevano il cielo
che piombava giù a terra, giù giù
al levarli.
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AVEVO
DETTO
Avevo detto d'amarti.
Ora che il freddo della solitudine
fa pensare a me
mi ricordo di averti amata
ni ricordo... mi ricordo...
|
C'ERA
C'era nel nostro rapporto
un continuo correrci incontro
come se del nostro amore
temessimo il fuggire.
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TI
VORREI
Ti vorrei libera
sì
ma d'una libertà
mia
di mia proprietà.
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E
LI'
Due, tre
trentadue vestiti
e lì
a cercarne uno
che vesta d'amore.
|
DA
SOLI
Quell'ansia di sentire
la tua mano
sulla mia.
Quel guardarci
e gioire perché siamo.
Quel ripetere sulla strada
parole vane...
e l'incontaminata tristezza
di non essere lì.
La lontananza
trascende le abitudini
ravviva i sentimenti.
|
CHI
SEI?
Cento
imprevedibili immagini
ho conosciute
di te
e
tu sei
vaga
qui
nel profondo
di me.
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Poesie
dell'autore in dialetto triestino tratte da:
"La
gruccia sui tempi"
Rebellato Editore
|
QUANDO
SUFIA LA BORA
Quattro stupidezi de muro
un bon paion
do fiori ligadi col spago
e dal balcon
una feta de mar
el sol
un barcon imbriago...
|
IN
CITAVECIA
Xe su sta strada vecia
sui muri impirai, senza i teti
qualche pupolo scrostà
e scrite vecie, dei noni.
Pepi e Pepina. Toni.
Un cuor infrecià.
Un caval senza coda.
Pici ricordi,
picie robe de gente picia.
No ziga, non ga mai zigà i boni.
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LE
PAR
Un goto de teran
vecio mio
per finirse de contar
de ste robe tanto vece
tanto grandi...
le par.
Ma lassile, che le sia
lassemole star.
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PITURAR
xe un parlar
che te disi nell'orecie
pian pian
tuto quel
che te voria 'scoltar.
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ALL'E.C.A...78
... e i se conta robe vece
co le lagrime ne'oci
xe veceti xe vecete
che i camina pian pianin
xe chi speta 'l nipotin
chi no ga chi più spetar
chi saluda co l'inchin
chi fa finta de guardar
e i se senta sula panca
e i se cuca chi che passa
ma la baba co la strassa
za li scassa via de là
ziti ziti, mani in man
- chi no pol va col baston -
i camina, i va lontan.
|
RICORDI
DELLA COSTIERA
I scoi
che i piomba dal ciel
e tra de noi
quel senso de svodo.
Te vedi el mar
come due oci verdi.
Ancora me par
de no capir
se quel che ricordo ogi
xe Miramar
o pur
quel buso su la strada
dopo Duin.
Ancora me par
de veder fiorir
quel rosa, quel bianco
e quel verde.
Quel profumo
che se sperde
e te da l'illusion
de esser in Paradiso.
|
S.
GIUSTO
Su, là vizin del castel
ghe xe la catedral.
Zò e de sbiego al piazal
la cela de S. Giusto
la par 'na caponera
ficada in un canton.
La bora al campanon
ghe conta el suo segreto
e soto tuto bianco, de piera
xe tuto neto.
Nel fondo un angoleto
e un per de longhi pini
e eco, al tuo cospeto
la cità fin ai confini.
E de soto ti te vedi
dal monte fino al mar
distenderse Trieste
e lora ti te par
de dormir, de sognar
perché se tuta roba
che no se pol contar.
E quando te torni in zò
te cori verso el mar
ne la bora che te sufia
te te acorzi de cantar.
|
<<...
E 'LORA ME LASSO 'NDAR>>
Quando guardo 'l col che me zirconda
e so che qua vizin xe 'lmar
e so che se vado in betolin
xe Cesco, Gigi e Pepin
e so che là de Pagàn
xe sardoni e bon vin nostran
e so che se vado a caminar
altri amizi i me saluda
e so che co vado a dormir
'l toco de ciel xe 'l mio
'lora me lasso 'ndar
anca se no go più
quel vecio, caldo cussin
che se strinzeva con mi
quando che iero un bambin.
|
<<A
CONTARSELA>>
E i amizi
e quei che ghe voio ben
ogni ano che passa
come dir
i me par meno vivi.
E pur che i canta
i ziga e i ridi
zà i se lassa indrio rimpianti
e scovaze de ricordi.
No se scampa.
La mareta te zuca 'vanti
e po la barca se sbusa
e se sfianca...
e se xe veci.
Esser veci per farse compatir?
Meio sconderse, sparir
e contarsela
che più che i ani passa
se torna fioi.
|
FIO
MIO
Coi oci che disi
fio mio
de scampar mi so
che no te devo fermar.
Va pur
mi resto qua
son oramai
come un vecio can
che sa spetar.
Oltre 'l mureto
oltre 'l monte
xe gente nova
xe robe nove
ma grata, grata
no' cambia niente.
Sì, el nome
el vestir
el parlar, ma quel
che te senti dentro
ma la tua mente
ma ti
te resterà
quel che te son
e po' per sempre.
|
EL
PIU’ BEL XE EL MIO CASTEL
Ogni
qual tanto me va de scribacciar in dialeto,
me fa tornar indrio: muleto e po’ giovaneto.
Me fa tornar a San Giusto a impatar mulete
o a far el fusto in citavecia, tra le stradete.
Me ricorda de quando andavo in betolin
o nel spaceto, vizin al fritolin
de quando, vestì de festa come un gagà
bulavo in Corso, in Vial o in piaza Unità.
Me ricordo che iero tanto bel,
che mia mama diseva: <El par un cardel>
De una roba no me va de ricordarme,
cossì triste che no so capazitarme:
de mi che guardavo el mar fin el fondo,
el mar che de lontan fa veder el contorno,
là zo’ de Capodistria e de Piran.
Per mi, nato a Pisin e de raza istrian,
tuto tanto vizin, iera tropo lontan.
Adesso,
in sta grandiosa de Milan,
tuto me cori avanti, no pol andar pian.
Ormai go in testa un zavai, una gran confusion:
xe casa mia qua, tra i bancuzi del burai,
o soto el campanon?
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BENEDETA
MULARIA
No
posso che ricordarme del bon tempo
co andavo coi amizi in ostaria
al confin, la su, a Monrupin
-Su la tola iera ogni ben de Dio
e luganighe, e persuto, e quel pan
fato a posta per bever più teran.
E i do’ litri che presto se scolava
me fazeva – come dir – diventar bulo
che la mula, ingalado, me tocavo.
La scampava, sta brigante, su pel clanz
dove in zima iera ciesa e campanil
e mi drio, com’un tiro de fusil.
O che bel ‘rivar là, tuti sudai
col borin che sufiava pei cavei
e guardarse coi oceti ‘namorai!
O che bel tornar zò, le mani in man,
e ‘scoltarse un’armonica de boca
che sonava no so più che filastroca!
Po’ tegnirse streti, fià col fià,
coi amizi che zigava come mati,
e contarse robe bele pel doman.
E i veceti che vigniva fin qua su
pe’ star ziti, po’ magnar e po’ dormir
i zigava più de noi, senza pensar.
Muli e veci, tut’ un coro, canzonete
strampalade, che svolava fin la Jugo,
po’ la mora, ma cantada, o ‘l tresete.
Cussì presto te ‘rivava anche la sera
(per dispeto iera persa la coriera):
zò pel monte, se coreva fin a casa.
Qualchedun de su’ pare le ciapava,
ma nel leto, poco prima de dormir,
stanco morto, ma contento,
el ripensava…-
Benedeta,
benedeta mularia,
do robete, un pochetin de compagnia,
e zà che te par de svolar, de svolar via.
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