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Pubblicato sul supplemento domenicale Estate dei quotidiani
Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno del gruppo editoriale QN.it
Pubblicato nella rubrica "Sottocoperta" del settimanale on line HEOS.IT


2 - Il produttore

Vi voglio raccontare una storia incredibile. Una storia adatta alle serate invernali come questa, di fronte al fuoco, con in mano un cognac e come unico sottofondo musicale il battere dei secondi di quella vecchia pendola. E' da poco passata mezzanotte e i bambini dormono già e noi adulti siamo qui, comodamente seduti, mentre il calore luminoso della fiamma nel caminetto gioca con le ombre rendendo ancora più ambrato il liquore nei nostri bicchieri.
La mia è una storia incredibile come incredibili appaiono a volte i fatti della vita, e della morte naturalmente. Una storia notturna composta d'episodi tenebrosi, di quesiti insolubili per la mente umana. Una catena di fatti misteriosi raccolti nei fascicoli di un ufficio di polizia. Ma ora rilassatevi e ascoltate.
L'uomo camminava piano mentre attendava paziente il cane che annusava le ruote delle automobili parcheggiate. Era vestito alla buona, con una vecchia tuta da ginnastica, scarpe da tennis ed un giubbetto leggero perché la notte d'aprile aveva sostituito improvvisamente le gelide temperature invernali e l'aria quasi tiepida invogliava a rimanere all'aperto. Il cane, un pastore tedesco, bighellonava calmo, svogliato. Quella era la sua l'ultima passeggiata della giornata, quella serale. Anche lui sembrava assaporare la nuova temperatura primaverile e si attardava soffermandosi continuamente tutto preso dagli odori che incontrava. Le strade del centro erano deserte e mute e solamente rare finestre mostravano ancora deboli lame di luce filtrare dalle persiane chiuse.
L'uomo, com'era sua abitudine da anni, attendeva la mezzanotte per portare a spasso il cane. Un'abitudine ormai. Il cane aveva otto anni e da cucciolo viveva con l'uomo e sua moglie in un appartamento. I due percorrevano solitamente tre isolati, il tempo sufficiente al padrone per fumare una sigaretta ed al cane per prepararsi a passare il resto della notte sul tappeto dell'anticamera a sognare le corse sui prati che l'attendevano la domenica seguente. Avevano appena girato l'angolo dell'ultimo isolato e si apprestavano a ritornare verso il portone di casa, quando il guinzaglio del cane, finora mollemente trattenuto dalla mano del padrone, si tese improvvisamente. Il cane si era fermato e si rifiutava di proseguire. Teneva la testa bassa e la coda anch'essa giù, come se si vergognasse di lei e la volesse nascondere.
L'uomo tirò istintivamente a sé il guinzaglio per obbligare l'animale a muoversi, poi, preoccupato da quello strano comportamento smise di tirare per guardarsi attorno e scoprirne il motivo. Il marciapiede era deserto e nessun rumore o presenza disturbava la calma e la solitudine della via. Guardò anche verso l'alto, ma tutte le finestre erano chiuse e buie e così le auto in sosta a fianco del marciapiede. Erano fermi presso il parafango posteriore destro di una grossa autovettura ed il cane sembrava voler retrocedere per allontanarsi da essa. L'uomo osservò più attentamente l'autovettura.
Era una Mercedes di quelle con il portellone posteriore. Di colore grigio scuro metallizzato, aveva i finestrini del vano bagaglio e del lunotto del portellone oscurati da tende celeste chiaro. Le cromature della carrozzeria luccicavano alla luce del lampione appeso al centro della carreggiata. L'autovettura era un modello a dir poco insolito, uno di quelli che si utilizzavano ai funerali, adattato per il trasporto delle bare. Un carro da morto, come si usa dire già dal tempo delle carrozze a cavalli. Guardando con maggiore attenzione si notavano, attraverso le tende chiuse, le sagome di alcune lampade dal vetro a forma di fiamma e dagli spigoli posteriori della carrozzeria spuntavano dei ganci cromati per appendere le corone di fiori. No. Non c'erano dubbi. Quello era un carro funebre!
Il cane guaiva e sembrava che nulla riuscisse a convincerlo a proseguire. L'uomo provò una sensazione di freddo e istintivamente fece un passo indietro allontanandosi dall'autovettura. Poi, sconcertato per la presenza di un simile mezzo in strada, lo studiò con maggiore attenzione e si accorse che il finestrino a fianco del sedile anteriore del passeggero era aperto sull'interno dell'auto in penombra, appena rischiarato dal lampione. Nonostante il senso di disagio che provava, incuriosito, si riaccostò all'automobile tirando il cane a sé e guardò all'interno. I sedili anteriori, quello del guidatore e del passeggero, erano vuoti e infilando appena la testa nell'abitacolo scorse dietro gli schienali una bara di legno chiaro. Una bara chiusa o almeno così sembrava, ma di questo nessuno di noi avrà conferma perché il cane non potrà mai raccontarlo e l'uomo nemmeno. La bara fu l'ultima cosa che vide e in quell'attimo lui stesso fu l'ultima volta che fu visto, anche dal cane.
Come lo so? L'ho saputo dal cane che la mattina dopo è stato trovato da solo, accucciato presso il portone di casa. Aveva ancora il guinzaglio, ma non il padrone. L'hanno trovato i due poliziotti dell'auto pattuglia mandata dalla questura dopo che la moglie aveva telefonato per denunciare la scomparsa del marito. Non i particolari naturalmente, anche se si sa che con i cani io ho un certo feeling. Lo so perché io sono il narratore e se non lo dovessi sapere, come farei a raccontarvelo?
Il fatto che vi ho appena descritto non è stato l'unico, ora ascoltate e vi garantisco che poche cose potrebbero farvi incuriosire di più di quello che accadde un paio di sere dopo. Il metronotte aveva preso servizio alle dieci di sera ed era ormai mezzanotte quando, lasciata l'auto di servizio con le luci d'emergenza, era sceso per andare a controllare le serrande del negozio d'elettrodomestici. Si era sistemato la fondina con la pistola che guidando si era sollevata ed aveva preso la lampada a torcia rivestita di gomma nera.
La strada deserta e silenziosa non sembrava nascondere alcuna minaccia e l'uomo, dopo essersi guardato attorno, si accostò alla serranda per applicarvi la strisciolina di carta adesiva. La prova del suo passaggio. Dietro le maglie di ferro il cristallo della vetrina rifletteva la luce del lampione e le auto parcheggiate lungo il marciapiede. Applicò la strisciolina e sbirciò nel negozio, più per rivedere un nuovo modello di televisore che da alcune sere aveva destato il suo interesse, che per controllare se all'interno c'era qualche intruso. Tanto, l'allarme l'avrebbe avvertito di un eventuale ladro. Stava cercando di individuare l'apparecchio nella penombra del locale, quando la sua attenzione fu attratta dall'autovettura parcheggiata alle spalle e riflessa dal vetro. Si girò di colpo. Era una Mercedes grigia scuro metallizzato, utilizzata per il trasporto dei defunti ai funerali. Un'auto che difficilmente si può trovare da sola parcheggiata in una via del centro città. Un'auto che sarebbe dovuta restare chiusa nel garage dell'impresa di pompe funebri. L'interno dell'abitacolo era nascosto da tende azzurre e si notava sulla sua fiancata un finestrino aperto, quello del passeggero. L'uomo abbassò la testa per controllare l'interno. Dopotutto cosa fa un metronotte se non accertarsi quando s'imbatte in un fatto insolito? Il suo primo pensiero era stato che la Mercedes fosse giunta in città troppo tardi per consegnarla all'impresa e l'autista era stato costretto a lasciarla in strada, ma si era scordato il finestrino aperto e forse le chiavi sul quadro. Era d'obbligo accertarsene.
Appena infilata la testa nell'abitacolo la guardia notturna notò le chiavi ancora inserite nel quadro e nessuno dietro il volante, poi, girò lentamente lo sguardo verso sinistra e la vide: era una bara di legno chiaro, lucido, dai fregi lineari di color bronzo. Una bara in un'auto aperta di notte in piena città. Ed anche in questo caso altro non vi posso dire. So per certo e l'ho saputo leggendo i verbali della polizia, che del metronotte fu trovata l'auto di servizio e la torcia ancora accesa abbandonata accanto ad un marciapiede vuoto. Lui non fu più visto. Affermerei che a questo punto nessuno di voi può negare che i fatti narrati non vi abbiano risvegliato una giustificata curiosità e forse qualche brivido, certamente nelle signore presenti. Non potete negarlo. Se ci fosse negli avvenimenti descritti una giustificazione logica, razionale, diciamo naturale, il racconto si trasformerebbe in un giallo e non vi rimarrebbe che attendere di conoscere il movente ed il nome dell'assassino.
Mi spiace deludervi, ma non è un giallo e vi garantisco nemmeno il parto della fantasia di un narratore pazzo. I fatti che racconto sono veri. Lo giuro. Era trascorsa una settimana dalla scomparsa del metronotte che la cosa, incredibilmente, si verificò nuovamente. Si era data alla prostituzione da due anni, era un'indipendente libera professionista che lo faceva per passione, passione dei soldi perlopiù, ma dalla qualità del suo servizio, a detta di molti clienti affezionati, si sarebbe potuto sostenere che lo faceva volentieri, le piaceva. Ci provava gusto. Chiariamo subito che ve lo racconto per sentito dire, naturalmente. Quella notte, come le precedenti e così ogni notte, salvo la domenica che considerava giustamente giorno, anzi, notte di riposo, passeggiava lungo il marciapiede appena illuminato dai lampioni. Rara prostituta che preferiva il centro città alla periferia dove lavoravano le altre. Ma le altre avevano anche dei protettori e loro si trovavano a loro agio nelle zone periferiche dove la polizia faceva ronde più rare e da dove era più facile dileguarsi.
Come il solito, si era agghindata con abiti appariscenti, tacchi a spillo, borsetta a tracolla e parrucca voluminosa. Non voleva passare inosservata anche se i suoi soliti clienti l'avrebbero rintracciata e riconosciuta anche se si fosse travestita da lampione. Quella era una sera pigra, di scarso movimento e sapeva già che forse sarebbe stata una serata sprecata senza clienti. Alla televisione c'era una partita di calcio talmente importante che la stragrande maggioranza degli uomini, sposati e non, l'avrebbe passata a casa, incollati allo schermo. Ma lavoro è lavoro e poi anche l'abitudine è difficile da tradire, quindi, passeggiava lenta osservando le vetrine spente, le auto parcheggiate e prestando attenzione all'eventuale luce lampeggiante blu che l'avrebbe avvertita dell'arrivo di un'auto pattuglia.
Quando arrivò all'altezza della Mercedes, quella che ormai già conoscete, rimase di stucco, molto più che perplessa. Era una donna pia, nonostante la professione. Andava in chiesa, portava un santino benedetto nel portafogli e una crocetta d'oro appesa al collo. Passato l'attimo di stupore per la strana presenza, si fece immediatamente il segno della croce e cautamente si accostò all'autovettura. Il finestrino del passeggero aperto l'attirava come fosse una pelliccia nuova da ammirare in una vetrina. Si chinò e sbirciò all'interno. I sedili anteriori erano vuoti ma si poteva distinguere perfettamente la bara di legno chiaro che stava dietro, sui carrelli cromati.
Non vi so dire quale fu la sua reazione e nemmeno cosa avesse provato. Era una donna che teneva un diario dove annotava tutto, anche i suoi pensieri e lo portava sempre nella borsetta. Infatti, la borsetta fu trovata e pure la parrucca, abbandonate sulla carreggiata deserta a fianco del marciapiede. Ma nel diario, per quella sera nessuna annotazione. I suoi ricordi ed i suoi pensieri terminavano alle ventitré e trenta, l'ora alla quale aveva iniziato il lavoro e fino alle sei del mattino, quando fu ritrovata la borsa, le pagine erano bianche e lo sarebbero rimaste. Per sempre. Interessante, no? Ma non è finita qui! Quattro giorni dopo la Mercedes era parcheggiata in un'altra via del centro città e come sempre, dopo mezzanotte, le strade erano più deserte di un'aula di scuola il giorno di Natale. Ma che città? direte voi. Possibile che nessuno ciondolasse per le vie, magari di ritorno da teatro, oppure a fare due passi abbracciato alla fidanzata? Possibile sì, questa è una città di provincia ed i rari passanti lo sono per casi straordinari, salvo coloro dei quali finora vi ho raccontato. Dopotutto non ho mai dichiarato che nessuno percorreva i marciapiede di notte, ho solo fatto intendere che il traffico pedonale era molto scarso e basta.
Ma ora vediamo cos'è successo quattro notti dopo la scomparsa della ragazza. Era un ladro professionista. Un tipo metodico, curato nei particolari, noto alla mala come un vero tecnico dello scasso dei negozi, delle abitazioni, oppure delle autovetture. Le sue preferenze andavano secondo i periodi dell'anno. Durante le vacanze prediligeva gli appartamenti, nei periodi prefestivi i negozi e nelle notti calme e lontane da occasioni che favorivano gli appartamenti chiusi o i negozi traboccanti di merci ed incassi, le autovetture e di queste in particolare le autoradio stereo. Quelle di marca, naturalmente. Quello non era un mese di particolare importanza per le ferie e per i commercianti. Era un mese meschino, economicamente modesto e se non era per il fatto che arriva con la fine dei grandi freddi e spuntava il primo sole serio, pochi volterebbero la pagina del calendario che lo riguarda.
Ma per il nostro ladro, noto anche alla polizia, ma mai preso in flagranza di reato, una notte passata a casa era una notte sprecata. Anche quel periodo poteva rivelarsi fruttuoso e poi gli serviva per tenersi in esercizio. Un vero ladro professionista non possiede la parola pigrizia nella sua borsa dei ferri. E di ferri del mestiere ne aveva una borsa piena, anzi uno zainetto rigonfio. Ferri per aprire serrande, lucchetti, serrature di porte e portoni e pure di portiere d'auto. Lo zainetto nero, gli abiti neri ed un baschetto militare nero erano le caratteristiche del nostro ladro, per non dimenticare i guanti neri di pelle leggera che teneva assieme ai ferri. I poliziotti della squadra antifurto l'avrebbero riconosciuto immediatamente se mai avessero avuto la fortuna di incontrarlo. Quella sera se n'andava in giro senza meta, in cerca dell'occasione fortunata. Non aveva un piano pronto, il commercio era in periodo di magra e nelle abitazioni i proprietari stavano dormendo tranquilli. Tranquilli perché il nostro personaggio aborriva l'idea di penetrare in case occupate. Lui era contrario alla violenza e soprattutto all'azzardo.
Da bravo tecnico competente preferiva un'attività tranquilla, lontana dalla gente e con il minimo rischio d'impresa possibile. Stava, quindi, camminando tranquillamente lungo il marciapiede, con il passo leggero, quasi soprappensiero e solamente per il fatto di essere un ladro preparato, non fischiettava allegramente. A fianco gli scorrevano le carrozzerie addormentate delle auto in sosta, molte avevano gli allarmi inseriti che gli facevano l'occhiolino dai cruscotti, altre montavano autoradio della serie "sono così vecchia che se mi smonti vado in briciole". Insomma, non c'era assolutamente nulla d'interessante da rubare. Sembrava una serata da ricordare solamente per l'aria tiepida ed i quattro passi a beneficio della salute. Si fermò solamente quando arrivò all'altezza di un cofano così brillante da apparire fuori luogo, anche per il vistoso fregio della Mercedes che dritto come un soldato sembrava volerlo avvertire di una possibile preda meritoria. Il nostro ladro s'immobilizzò, accostando subito al muro della casa, tanto per rendersi invisibile ad un potenziale testimone, poi iniziò a studiare con calma il modello dell'autovettura parcheggiata.
Se non fosse stato che era un tipo padrone dei propri nervi, forse non sarebbe stato in grado di trattenere l'esclamazione che gli stava per uscire dalla bocca. Un carro funebre di lusso, una di quelle macchine che dovrebbero rendere orgoglioso anche il suo passeggero. Un'autovettura che potrebbe condurre solamente un autista in divisa scura e alamari d'argento come un ammiraglio di marina. Ma rubarla sarebbe stato impensabile e tantomeno togliere dal cruscotto un impianto ad alta fedeltà che difficilmente sarebbe stato montato su di un'auto dedita ad un servizio così serio. Insomma, un gran bel mezzo! All'uomo vestito di nero, osservatore scrupoloso, non era sfuggito che uno dei finestrini anteriori dell'autovettura era aperto. Direi che la descrizione finora fatta di lui sarebbe stata a dir poco mendace, se non se ne fosse accorto. Un finestrino aperto su di un'auto di lusso, un carro da feretro per di più, poteva non incuriosire?
L'abbiamo visto: poteva. Tanto più un ladro! La polizia rimase stupita, quando la mattina seguente un'anziana signora consegnò uno zainetto nero ed un basco pure nero dichiarando d'averli trovati a terra vicino al marciapiede sotto casa sua. Incredula per il fatto che qualcuno sia stato così onesto dal consegnarlo, ma anche esterrefatta per il contenuto, un'intera collezione di grimaldelli ed attrezzi da scasso. Il più anziano dei poliziotti, vista l'attrezzatura, i guanti ed il basco, comprese immediatamente chi ne era il proprietario che mandò immediatamente a prelevare, ma inutilmente. L'anziana madre del ladro dichiarò che il figlio non era rientrato e non sembrava che mentisse, tanta era la sua preoccupazione. Il ladro non fu mai più rivisto e se le autorità se ne rallegrarono, la madre lo pianse. E queste, finora, sono state solamente alcune delle sparizioni avvenute. L'ufficio persone scomparse della questura stava passando un particolare periodo di stress. Dei quattro uomini che ne componevano il gruppo assegnato al servizio, non ce n'era uno che non avesse iniziato a soffrire d'emicranie. E chi potrebbe non giustificarle?
In meno di due settimane erano misteriosamente scomparse almeno dieci persone! Sì, perché finora, io vi ho raccontato di quattro di loro, ma in realtà erano dodici e la polizia era a conoscenza di dieci solamente. Due di loro non avevano parenti ed amici e, pertanto, nessuno ne aveva denunciato la mancanza. A voi ho parlato di un uomo, quello con il cane, un impiegato comunale, di un metronotte, di una prostituta e di un ladro, ma a questi vanno aggiunti: un medico che si stava recando ad una visita domiciliare, un prete che accorreva al capezzale di un moribondo, una vecchia mendicante alla ricerca di qualcosa di utile tra i bottini delle immondizie, un noto avvocato che stava rientrando dopo essersi attardato in ufficio a studiare la pratica di un importante processo. Il giorno dopo avrebbe dovuto tenere la sua arringa. Un assessore comunale che rientrava dopo essere stato a casa dell'amante. Alla moglie aveva raccontato che era dovuto andare ad una riunione del partito e, per finire, un impiegato dell'azienda del gas che ritornava a casa dal turno di lavoro. E questi sono quelli di cui la polizia ha i nomi. Ma, come vi ho detto, a loro vanno aggiunti un vecchio pensionato, solo al mondo e che soffriva d'insonnia ed un bancario appena arrivato, trasferito dalla sua direzione presso la filiale di questa città.
Una situazione assolutamente anomala in una città di provincia. Un caso unico negli annali e nelle cronache. Dodici persone volatilizzate nel nulla, ma solamente dieci per gli investigatori e per i cronisti del quotidiano locale che ormai titolava a tutta pagina: "Mistero! I nostri concittadini scomparsi sono stati rapiti dagli U.F.O.?" Vedo dell'incredulità sulle vostre facce! Non mi credete? Eppure vi avevo avvistato che la mia sarebbe stata una storia incredibile. Incredibile ma vera. Ve lo garantisco! D'altronde, è comprensibile. Voi siete arrivati qua da poco e non conoscete nulla delle cronache della città. Insomma, si viveva nel terrore e se prima la notte le strade erano desolate e poco frequentate, ora erano assolutamente deserte e si vedevano in giro esclusivamente autovetture delle forze dell'ordine con dentro agenti armati e sospettosi d'ogni minima ombra o rumore. Una città sotto il coprifuoco. La gente rimaneva asserragliata nelle case ed i più temevano anche di affacciarsi alle finestre che, per la maggioranza, avevano le persiane ben serrate. Chiusi lo erano anche i ristoranti, i cinema ed i teatri, tanto sarebbero rimasti vuoti lo stesso. Nessuno con un minimo di cervello si sarebbe azzardato ad uscire. La sezione persone scomparse aveva raccolto tutti i dati della gente svanita e li aveva elencati su di un enorme tabellone. Tanti biglietti scritti, ognuno per ogni caso di sparizione. Cercavano un comune denominatore che, come potete immaginare, non c'era, a parte il fatto che tutti erano scomparsi di notte ed erano da soli. Dieci persone, anzi dodici, che tra loro non avevano alcun rapporto d'amicizia o di lavoro. Non si conoscevano e ognuno era sparito in una strada diversa dalle altre che, però, era sempre in centro città. Pareva che il fenomeno ignorasse la periferia.
Ma un giorno, le indagini subirono una svolta. Scomparve un altro cittadino e, stavolta, c'era un testimone. Si trattava di una ragazza che in compagnia del suo fidanzato stava rientrando a casa. Si sa, i giovani sono più irresponsabili degli adulti e questi due, nonostante i loro genitori si fossero opposti vivamente al loro desiderio di uscire, l'avevano fatto egualmente ed erano andati ad ascoltare un concerto che si teneva in una città vicina. Avevano usato l'auto del padre di lui e al ritorno si erano fermati a pochi passi dal portone della casa della ragazza. Avevano parcheggiato e si stavano scambiando gli ultimi bacetti, quelli di rito ai quali due fidanzatini non possono assolutamente rinunciare. Questo, nel verbale rilasciato dalla ragazza, unica superstite della coppia, non c'era scritto, ma sappiamo che doveva essere certamente avvenuto. Chi di voi signori non bacerebbe la ragazza prima di lasciarla entrare a casa dai suoi genitori? E chi di voi signore non rimarrebbe delusa se il proprio cavaliere non lo facesse? Ma vediamo cosa ha raccontato la ragazza.
Erano lì soli, intenti a "chiacchierare", quando il giovane aveva notato parcheggiata dal lato opposto della via, una strana autovettura, una Mercedes. Quella macchina aveva tanto meravigliato il ragazzo che, interrotte le effusioni, era immediatamente sceso dall'auto per andare a darci un'occhiata. Secondo la ragazza, l'auto che aveva attirato il suo compagno era un mezzo attrezzato per i trasporti funebri. Ma questo voi lo avrete già intuito, dato che finora è stato il soggetto del mio racconto. La ragazza dalla sua posizione vedeva il lato sinistro della Mercedes ed aveva spiegato agli inquirenti che il giovane l'aveva prima osservata dalla strada e poi si era avvicinato e si era chinato dal lato opposto dell'auto ed era scomparso. In sostanza, dal momento in cui la sua testa, appena illuminata dalla debole illuminazione stradale, era scomparsa, coperta dalla carrozzeria grigia metallizzata, lei non l'aveva più rivisto. Il giovane era svanito e nonostante i suoi ripetuti richiami non era ricomparso. Impaurita, la ragazza si era chiusa nell'auto ed aveva atteso invano finché all'alba non era stata trovata da una pattuglia di passaggio chiamata dai suoi preoccupatissimi genitori. Era rannicchiata sul sedile con il volto sfatto dal pianto e dalla disperazione. Quando, rincuorata dagli agenti, era scesa di macchina, aveva immediatamente indicato l'altro lato della strada, balbettando qualcosa su di una Mercedes grigio scuro metallizzato.
Una Mercedes che non c'era, infatti, il marciapiede di fronte era desolatamente vuoto. Finalmente sul tabellone della sezione persone scomparse era stato possibile aggiungere un nuovo elemento. La presenza al momento dell'ultima scomparsa di un misterioso carro da morto. Furono immediatamente interrogati tutti quelli che abitavano nelle strade teatro di fatti misteriosi per appurare se qualcuno, forse dalla finestra, aveva notato un simile automezzo. I quattro poliziotti della sezione, coadiuvati da altri sei agenti accorpati a loro per l'occasione, interrogarono almeno duecento persone e, sbigottiti, scoprirono che molti cittadini avevano notato le sere incriminate un'auto simile parcheggiata sotto casa. Molti non avevano saputo indicare il modello dell'autovettura, ma tutti erano certi che quella ferma in sosta era un carro per il trasporto di defunti. Ora c'era un comune denominatore.
Furono rivoltate sottosopra tutte le imprese di pompe funebri ed anche quelle delle città più vicine, ma le uniche Mercedes trovate e modificate a tali servizi, furono due ed entrambe erano colorate diversamente, una blu notte e l'altra verde scuro. Nessuna grigio scuro metallizzato! Nei giorni seguenti alla sparizione del ragazzo ci fu una caccia spietata all'autovettura incriminata, pubbliche autorità e privati cittadini pattugliarono ogni strada entrando anche in tutte le autorimesse e locali dove l'auto poteva essere occultata. Ma inutilmente. Tuttavia, bisogna aggiungere che le scomparse erano terminate. Tredici cittadini non erano più stati visti. Tredici in tutto, e sì che questo dovrebbe essere un numero fortunato. Vi pare? Mentre il diciassette dovrebbe essere quello sfortunato, o almeno si crede che porti male. Dipende. Da che cosa? Mi chiederete. Non è facile rispondere, potrebbe dipendere dall'educazione ricevuta, dalla religione o da quanto uno è superstizioso. Oppure potrebbe dipendere da chi, in realtà, uno è veramente! Poniamo il caso di questa nostra simpatica riunione. Cinque uomini e due donne, anzi, io vostro ospite e due coppie composte ovviamente da due uomini e due donne, voi quattro. Qualcuno di voi è superstizioso? No? Meglio così, prevedo che con voi le cose saranno più semplici. Non fate quelle espressioni sorprese, capisco di essere stato poco chiaro e me ne duole. E, poi, sarete curiosi di conoscere la fine della storia. Vero? Si vede che morite dalla voglia di saperlo, ma non vi lascerò a lungo sulle spine. La soluzione del mistero è dietro quella porta. Quella porta nera. Se volete essere così gentili da seguirmi, ve ne darò la dimostrazione. Ecco, da bravi, entrate tranquillamente e non vi preoccupate se c'è poca luce. In pochi secondi gli occhi si abitueranno alla penombra. Ora che ho richiuso la porta e che ci troviamo in quest'altro locale, tutto vi apparirà chiaro e finalmente saprete la fine della storia. Anche della vostra. Ma perché quelle facce stravolte?
Vi siete accorti delle tredici bare? Visto che avevo ragione e gli occhi si abituano alla poca luce di un paio di candele! Bene. Dietro quella tenda ci sono altre quattro bare, vuote. Sono per voi che aggiunte alle altre fanno diciassette. Il numero sfortunato. Per voi, naturalmente. Questa è la fine della storia e ora mi presento.
Mi chiamo Arpone e lavoro per Lucifero. Sono un procacciatore di clienti, un produttore per l'Inferno per intenderci meglio! In questa città, dove ho appena aperto un'agenzia per conto dell'Inferno il mio budget prevede almeno diciassette anime ogni mese. Questa casa è la mia agenzia e sono costretto a lavorare in sede e devo assolutamente finire la produzione del mese, infatti, oggi è il trentuno. E la Mercedes? Vi chiederete. La Mercedes l'ho dovuta eliminare, costava troppo per mantenerla. Uno come me, all'inizio dell'attività, deve spendere con attenzione e poi mi ero stufato di impazzire per trovare un parcheggio!

paolo carbonaio




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