Trieste - Il Melone, l'Alabarda e l'Ara della III Armata sul Colle di San Giusto

Il Melone e l'Alabarda

Il melone e l'alabarda sono i simboli di Trieste. Accanto alla cattedrale c'è una colonna veneziana del 1560 che dal 1844 è sormontata da un melone con un'alabarda. Tuttavia, i simboli sono più antichi: il melone ha 13 spicchi, uno per ogni Casada della nobiltà medievale triestina, mentre l'alabarda, secondo un'antica tradizione, cadde dal cielo su Trieste il giorno del martirio di S. Sergio, copatrono di Trieste assieme a San Giusto.
Originariamente, dal 1560, la colonna era in Piazza Grande, detta Colonna dell'Aquila, simbolo del Sacro Romano Impero, eretta in onore di Ferdinando I e solamente nel 1844 fu sistemata a San Giusto e posto sopra il melone con l'alabarda.
Secondo la leggenda lo stemma di Trieste ebbe origine del martirio di San Sergio. Infatti il santo alla sua partenza dalla città, presentendo prossima la propria morte, aveva promesso ai cittadini suoi compagni di fede che nel caso in cui egli venisse ucciso per la sua fede essi avrebbero ricevuto un segno celeste, ed infatti la sua alabarda cadde dal cielo sulla piazza maggiore di Trieste, il giorno in cui San Sergio soffriva il martirio in Persia, nel 336. L'arma è attualmente conservata nel tesoro della cattedrale di San Giusto e viene ritenuta inattaccabile dalla ruggine. Questo tipo d'arma viene definito come spiedo alla furlana ed era un'arma usata nella zona nel XIV secolo; di essa comunque non è possibile definire né un'origine certa né l'esatta epoca di forgia. Uno studio condotto dal dipartimento di scienze chimiche e farmaceutiche dell'Università di Trieste ha ipotizzato l'origine orientale del manufatto[1]. Da radiografie eseguite risulta che l'alabarda è priva di saldature ed è stata quindi realizzata da un unico pezzo di ferro, poi sbrecciato e lavorato per martellature. Tecniche che non erano note nella cultura occidentale in quel periodo, bensì in quella orientale e in particolare in quella indiana. Questa circostanza, tra l'altro, spiegherebbe l'inossidabilità del manufatto: tale scuola di produzione dei metalli arricchiva il metallo di fosforo garantendo così una migliore fattura. Le prime testimonianze dell'uso della lancia di San Sergio quale stemma cittadino risalgono al XIII secolo. Infatti dopo che il comune ebbe dal vescovo Volrico De Portis la facoltà di battere moneta, sul rovescio di alcune di queste, coniate fra il 1237 ed il 1253, è presente il simbolo cittadino. Si può però ipotizzare un suo uso a partire dalla nascita del Libero Comune, i cui primi documenti quale risalgono al 1139, quando il gastaldo civico parla in una causa "pro Comuni de Tergesto".

L’alabarda di san Sergio: Sul suo aspetto, pressoché unico, si sono formulate diverse ipotesi: potrebbe trattarsi di un'arma in asta di epoca tardo romana; di una picca persiana o saracena dell'epoca delle Crociate (XIII secolo); di una corsesca o di un duecentesco spiedo da guerra. Si può anche supporre che non nasca come un'arma da offesa, ma semplicemente da parata o come coronamento d'asta di un vessillo o di un gonfalone, la cui forma potrebbe derivare dalla corruzione di un giglio o di una croce. Allo scopo di determinare l'esatta natura di questo oggetto e, se possibile, l’epoca e la zona di produzione, è stato condotto recentemente dal dipartimento di scienze chimiche e farmaceutiche dell'Università di Trieste, col patrocinio della Diocesi di Trieste, uno studio, che ha ipotizzato l'origine orientale del manufatto. (Fonte: Dino Cafagna)
L'Ara della III Armata

Il 3 novembre 1929 il Duca d’Aosta inaugurò l’Ara della III Armata, da lui comandata durante la Grande guerra, opera dell’architetto Carlo Polli. L'Ara, di forma quadrangolare sorge su un piedistallo di pietra grigia e sui suoi riquadri di pietra bianca sono riprodotte due panoplie fatte di mitragliatrici e di fucili che stilizzano "le armi dei moderni eserciti" secondo canoni di chiara matrice classica, e due scudi. Sui quattro lati del monumento è riprodotta la seguente epigrafe: "La vittoriose armi qui consacrò la III Armata al comando di Emanuele Filiberto di Savoia".Alcuni semplici tratti forniscono sommarie indicazioni sui campi di battaglia, dall’Isonzo al Piave, dove l’unità era stata impegnata.


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