Trieste tra immagini e storia

Trieste - Cittavecchia: Tor Cucherna (Cucherla o Calcara) e Torre di Donota
Piazzetta Tor Cucherna: San Vito-Città Vecchia. Tra via del Crocifisso e via Battaglia. L’aspetto dell’originaria via di Tor Cucherna (dal 1902, prima «via Cucherna» e prima ancora «via Covaz» mutò alquanto con le demolizioni effettuate negli anni Trenta, quando vennero abbattuti numerosi edifici che la fiancheggiavano; tuttavia, nonostante l’ampiezza della strada fosse aumentata, l’odonimo «via di Tor Cucherna» rimase conservato nello stradario comunale. Dal 20.12.1988 anziché ripristinare l’originario toponimo «Covaz» anche in considerazione dei risultati non trascurabili di indagini storiche recenti, che hanno minato il fondamento dell’odonimo moderno «via di Tor Cucherna » sollevando fondati dubbi sull’autentica denominazione della non lontana torre, il Comune di Trieste ha ritenuto opportuna la semplice correzione da «via di Tor Cucherna» in «piazzetta Tor Cucherna»; questo dopo che la zona ha subito notevoli interventi di ristrutturazione edilizia con l’attuazione del piano di edilizia economica e popolare. Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.
Le mura della città erano ben protette, sovrastate da alte torri, circondate da un fosso e da altre opere di difesa. Lungo le mura si aprivano cinque porte principali che venivano chiuse a doppia chiave dopo il tramonto, erano denominate: Donota, Riborgo, del Porto, Cavana e San Michele; la porta Cavana si trovava fra le vie del Fortino e delle Mura venne costruita nel 1471 e demolita nel 1778. Era una delle principali porte della città e si presentava, nel periodo medioevale, come un complesso militare con torre bastionata, fosso e ponte levatoio. (Fonte Margherita Tauceri)
La Tor Cucherna o Cucherla si trova nel luogo in cui la via Caboro termina, allargandosi, ed incontra il rione di Rena. Questa torre che serviva alla difesa e faceva parte della cinta muraria di Trieste è una delle poche rimastaci dal medioevo. Il monumento ormai non è più come una volta, essendo passati molti secoli. Sulla torre sono cresciute molte piante tra cui l'edera ed alcuni arbusti di vari tipi. La torre è alta circa 10 m ed è larga circa 5 m. La parte del monumento raffigurata nella foto, rappresenta la facciata dove si trova l’entrata. La torre è di forma rettangolare con un’entrata ad arco e con delle merlature di stile guelfo.
Il materiale utilizzato per costruire questa torre è pietra. La torre ci trasmette la sensazione di essere ritornati nel medioevo nel bel mezzo d’una battaglia. Questa sensazione, ci viene comunicata dalla torre stessa, che un tempo serviva per controllare se arrivavano dei nemici, e dalla pietra grezza utilizzata per costruirla. La Tor Cucherna fu costruita nel XV secolo per difendersi, e rimase in uso fino al 1700 d. C.; dopo di che venne utilizzata come un caseggiato a tre piani. Il monumento oggi ha funzione di ristorante e di bar. Il paesaggio dove il monumento è stato inserito non è cambiato molto poiché è rimasto sempre ricco di vegetazione. La forma del monumento è rettangolare. La torre ha delle merlature di stile guelfo, chiaro simbolo delle adesioni al programma del papa. Possiamo farci un’idea della torre da alcune stampe dell’epoca che raffigurano strutture simili. Erano edifici piuttosto semplici, realizzati in pietra su due piani, detti solai o battagliere, dove stavano le guardie con le balestre. Quando nel 1700 d. C. le mura medievali furono abbattute, la Tor Cucherna venne modificata e trasformata in un caseggiato a tre piani.
.La sua scoperta si deve ad Antonio Tribel, uno storico triestino, che nel 1884 si mise ad osservare con attenzione la muratura del caseggiato e quelle strane e strette aperture: le feritoie. Il caseggiato fu allora distrutto per riportare alla luce la torre. La parte superiore con la merlatura è stata rifatta: per questo appare diversa, in mattoni rossi, mentre l’originale è in arenaria, la pietra locale. Ad ogni tocco del campanile di San Giusto, le sentinelle che stavano a guardia delle torri e delle mura dovevano dare conferma, gridando di essere sveglie e vigili. Il nome della torre è d’accatto: la vera torre Cucherna o Cucherla si trovava infatti nel punto più elevato del colle, ed è scomparsa quando fu costruita la torre federiciana. La torre Cucherna attuale, dunque, potrebbe identificarsi con una torre Zinisa che, con la Cucherna e la Cella, fu restaurata nel 1461 da Mastro Nicolò de Pari, oppure con la torre dei Corvi. Non su questa torre, dunque, ma su quella che ne portava legittimamente il nome, nel 1404 d.C. furono impiccati Nicolò Uriz e Domenico Scarpio, colpevoli di aver congiurato in favore di Venezia, (da:dante.trieste.it/mediadante/anno05_06/ts_medioevale)

Pochi sanno che la “Tor Cucherna”, l’unica torre medievale ancora in piedi, a un certo punto scomparve, per riapparire poi miracolosamente e che altrettanto miracolosamente fu salvata. Infatti, Trieste fu per più di 1000 anni, già ai tempi dei romani, difesa da alte mura; tuttavia nel 1749, dopo l’avvio del Porto Franco, ci fu la necessità di abbattere la cinta muraria, perché ormai inutile, anzi d'impedimento alla normale circolazione tra la città vecchia e la città nuova (Borgo Tesiano). Tuttavia molti cittadini preferirono comprare dal Comune porzione di muri o anche di torri per adattarle a nuove abitazioni o botteghe. Per cui, per quanto molti pensino che le mura siano state del tutto atterrate, porzioni di questa sono ancora presenti in molte vecchie case. Nel 1909 l’ingegner Picciola del Civico Ufficio edile fu incaricato di eseguire dei rilievi per la demolizione di due vecchi case fatiscenti. Durante i rilievi l'ingegnere fu colpito dalla struttura muraria sfaccettata di quel caseggiato e da quelle strane e strette finestre, che risultarono poi essere delle feritoie, che lo portarono a considerare quello come un edificio antico. Ne informò l’allora conservatore per le antichità prof. Alberto Puschi, il quale affermò trattarsi della Tor Cucherna, risalente al secolo XIII e della quale si era quasi perso il ricordo. sotto: la torre Cucherna non ancora ristrutturata, cioè ancora casa di abitazione nel 1910. Da quest’osservazione, il Comune, nel 1910, acquistò dagli eredi Covacich la casa n° 6 di via delle Candele, che altro non era che la torre, senza merli, adibita ad abitazione. Sempre in quell’anno, fu restaurata, su progetto di Enrico Nordio, integrando le parti mancanti e rafforzando la torre con opere necessarie per garantire la stabilità della costruzione. Fu usato del materiale diverso in modo da far distinguere quanto restava della torre originaria da ciò che era stato aggiunto: la parte superiore, merlata a guelfo, e la volta a botte con mattoni rossi a vista, per evidenziarne la loro modernità e distinguerle in modo netto dalla struttura originaria in arenaria, visibile come pietra grezza locale, di colore grigio scuro. La torre, realizzata in conci di pietra arenaria squadrata, modificata e trasformata in un caseggiato a tre piani ,è sopravvissuta all'abbattimento solo per il fatto che fu adattata ad abitazione privata e mimetizzata da un’intonacata. La torre ha una struttura semplice, poiché la sua funzione era solo quelle di difesa, di avvistamento e di sorveglianza notturna. Non era quindi connessa con alcun sistema stradale. L’etimo è fatto derivare dal veneziano “cucàr “: avvistare, di vedetta; altri autori fanno originare l’etimo di questo verbo dal tedesco "gucken" (guardare, sbirciare), osservando come, in effetti, a Trieste il “cucherle” sia lo spioncino dell’uscio di casa o della cella della prigione. L’accesso alla Tor Cucherna venne disposto verso la parte del cortile dell'Asilo infantile di Rena Vecchia di via dell'Asilo N° 4. (Fonte: Dino Cafagna)

La vera del pozzo, accanto alla torre, dove nel 1404 fu giustiziato per impiccagione Donato Scorpion, fautore della Repubblica Veneta assieme a Nicolò Uriz, anche lui impiccato nella torre della Cella.

Così rievoca l’episodio lo Scussa, pur con qualche incertezza sulla data: “Abbenchè la città di Trieste s’avesse data alla protezione della serenissima casa d’Austria, li magistrati però sempre andavano occulati, acciò dalla repubblica veneta non gli venisse repentina invasione. Ed accortosi dalla pratica che tenevano con veneti, Donato Scorpione e Nicolò Uriz, di Trieste, trattenuti li temerari con rigorosa inquisizione, e ritrovati rei felloni, furono sentenziati alla forca, uno sopra la torre Cucerna, e l’altro sopra la torre della Cella, l’anno 1404. […] Il caso proditorio tramato da Donato Scorpion e Nicolò Uriz, già descritto di sopra all’anno 1404, è riferito dal vescovo Rapizio nell’anno 1424, per averlo ritrovato nelle memorie capitolari di quell’anno”. (Fonte: https://www.atrieste.eu)
Edificio bianco in Via dell'Asilo 2, sopra la torre Cucherna: La stradina che da via Verzieri conduce in via Rota prende il nome dall'asilo infantile sorto colà per disposizione del Comune che ne decretò l'apertura nel 1855 a tre anni dal consiglio municipale del 7 giugno 1852. Eseguito dall'ispettore edile Giuseppe Bernardi il piano dell'edificio fu pubblicato il 13 luglio 1853 con avviso d'asta N.9424 e costo complessivo di 18.872 fiorini. L'attivazione di un secondo asilo di carità per l'infanzia nel rione di Città Vecchia rientrava in uno specifico programma scolastico mirante ad arginare il fenomeno dell'abbandono dei minori preservandoli dai rischi di una cattiva educazione: nel 1855 vennero accolti 24 fanciulli rimasti orfani in seguito al colera. Destinato a dare ospitalità a più di 200 bambini provenenti dalle famiglie operaie del quartiere fu fatto oggetto, nel 1870 e grazie all'intraprendenza filantropica del dr. G. Nicolich e del cav. Castiglioni, di sperimentazione di un nuovo sistema educativo: il metodo Fröbel basato sullo sviluppo dello stimolo intuitivo mediante l'istruzione, dando all'istituto una specifica impronta scolastica anziché di provvedimento per l'indigenza. Posto sotto la sorveglianza del Referente Magistratuale, il sacerdote Don Domenico Bonifacio, il nuovo edificio contava tre livelli: al primo piano la sala destinata alle attività maschili, al secondo quella per le attività femminili, il terzo infine ospitava, come era allora consuetudine, gli alloggi per la dirigente. L'edificio è stato completamente restaurato nel 2000. (da: biblioteche.comune.trieste.it)

A sinistra: Sorto nel 1932 su progetto dell'architetto M. Toffaloni, l'asilo di via di Caboro 2, ex nido Regina Elena, trova la sua ubicazione in una posizione alquanto amena inserita com'è nel verde del Parco della Rimembranza sotto le mura del castello di San Giusto. Ospita attualmente l'asilo nido "Tutti Bimbi".
La costruzione dell'edificio rientrava in uno specifico programma edilizio: quello dell'ICAM, Istituto Comunale Abitazioni Minime, destinato alla realizzazione di alloggi popolari rivolti alle famiglie più disagiate fornendo quindi, nel contempo, adeguate strutture di pubblica utilità al servizio di quella collettività sostenuta dalla politica assistenziale del regime. Il fabbricato dalle ridotte dimensioni, ispirato ad un sobrio eclettismo ed ingentilito nel suo affaccio principale da una struttura ad archi, fu dotato di cortile per la ricreazione. L'edificio subì un rimodernamento dell'impianto lavanderia nel 1946 ad opera di Luciano Levi.
Al primo piano trovarono posto diversi locali: una cucina, la sala pranzo, l'ambulatorio medico, la direzione, la stanza per il custode e la lavanderia mentre al piano superiore la sala giochi, il refettorio ed i bagni. (da: biblioteche.comune.trieste.it)


TORRE-PORTA DONOTA Nel medioevo questa porta era sormontata da una massiccia torre merlata a pianta quadrata datata nel Trecento; inoltre era munita di un ponte levatoio e di un fossato riempito d'acqua che si estendeva lungo quasi tutto il perimetro di difesa. La porta Donota, che si trovava in linea retta sopra quella di Riborgo, con la quale formava il complesso fortificato di Donota-Riborgo, rappresentava uno dei principali accessi alla città e portava direttamente al colle di San Giusto. Oggi appare come aperta verso l'interno, mentre la facciata originale esterna non è più visibile, poichè gli è addossato un edificio moderno. In seguito allo sviluppo urbano ottocentesco l'area antistante alla torre è stata circondata da diversi edifici, diventando l'attuale PIAZZA DONOTA. Nel corso degli interventi di ristrutturazione edilizia nel periodo 1982-1984 vennero rinvenute parte delle strutture medioevali della torre che consolidate ospitano l'ANTIQUARIUM inaugurato il 14 dicembre 1985. La denominazione Donota è antichissima, attestata almeno dal XIV secolo, di origine non accertata, per opinione comune, è da collegarsi al fatto che questa porta fosse la sola che potesse venir aperta di notte, quindi dall'antico dialetto "de note", ne è derivato il nome di Donota. Lo storico Luigi de Jenner fa risalire l'origine del nome a Donata vedova di Cadolo dei Cadoli che possedeva immobili nella zona. (Fonte: Margherita Tauceri)

Le mura della città erano ben protette, sovrastate da alte torri, circondate da un fosso e da altre opere di difesa. Lungo le mura si aprivano cinque porte principali che venivano chiuse a doppia chiave dopo il tramonto, erano denominate: Donota, Riborgo, del Porto, Cavana e San Michele; la porta Cavana si trovava fra le vie del Fortino e delle Mura venne costruita nel 1471 e demolita nel 1778. Era una delle principali porte della città e si presentava, nel periodo medioevale, come un complesso militare con torre bastionata, fosso e ponte levatoio. Sopra la porta Cavana gravava una torre. che allora incuteva timore soprattutto perchè vi si udivano i lamenti strazianti dei condannati a morte qui rinchiusi negli ultimi giorni di vita. Durante i recenti scavi per la ristrutturazione della via omonima, sono venute alla luce delle fondamenta della porta di Cavana. (Fonte: Margherita Tauceri)

L'origine del nome Donota è da collegarsi al fatto che questa porta medioevale fosse la sola che potesse venir aperta di notte, comunque solo in casi di emergenza e in presenza di due giudici che dovevano, in via del tutto eccezionale, autorizzarne l’apertura. Quindi, dall'antico dialetto “de note”, ne è derivato il nome di Donota. Infatti, tutte le porte di accesso alla città, per evitare il transito di ladri o di malfattori, rimanevano chiuse durante la notte. I viandanti che arrivavano tardi erano costretti a dormire in una delle tante osterie di campagna, fuori le mura. (Fonte: Dino Cafagna)

Piazza Barbacan ; Via del Trionfo ; Via Riccardo ; Via dei Capitelli ; Via Aldraga ; Androna San Silvestro ; Via San Silvestro ; Via di Crosada ; Via del Pozzo di Crosada ; Via Sporcavilla ; Androna dell'Olio ; Via delle Beccherie Vecchie ; Via delle Mura
Nel sec XIV venne costruito un circuito murario, il cui percorso è testimoniato dal toponimo di via delle Mura. Complessi abitativi in Piazzetta Trauner e Piazza Barbacan, la strada romana e le mura urbiche tardoromane in Via dei Capitelli e strutture artigianali del V secolo, sono stati rinvenuti in questa zona di Città Vecchia, che dai primi anni del Novecento è stata progressivamente abbandonata. Nel XVIII secolo l'impianto topografico risulta fortemente condizionato dall'accidentata morfologia del pendio collinare, ma anche dell'assetto stradale antico. La viabilità è in forte pendenza, i percorsi sono ripidi e talvolta gradinati, convergenti verso l'asse stradale di Via Sporcavilla che assieme a Via dei Capitelli costituisce l'elemento ordinatore del tessuto edilizio. Sulla viabilità minore, e sulla risalita del colle (Via delle Mura e Via dei Capitelli), si distribuiscono blocchi edilizi, complessi abitativi a pianta rettangolare che sfruttano tutti gli spazi, saturano tutte le aree disponibili riusando anche quelle dell'età romana e medioevale. Nei secoli XIV e XV in Via delle Mura vennero eretti una serie di muri a secco, disposti su quote differenziate, con terrazzamenti ad uso agricolo. I luoghi erano scarsamente edificati. Tra il V e il VII secolo sembrano esserci pochi e modesti edifici collegati ad attività agricole. Nello specifico dello scavo Crosada si possono cogliere i sintomi del collasso funzionale dell'area nel corso del III e IV secolo: macerie edilizie su strutture di età precedente scaricate intenzionalmente su cui sono state trovate tracce di frequentazioni, connesse alla destinazione funeraria. Sono state trovate quattro sepolture a inumazione. La presenza di tombe è inequivocabile indizio della perdita di centralità. Ancora nell' ambito del III secolo si devono registrare l'abbandono e il rapido deperimento degli ambienti e infine il crollo definitivo dei muri, con la formazione di imponenti cumuli di macerie. Nel I secolo la fase edilizia che conferisce alla zona uno specifico assetto topografico è rappresentata da un sistema di terrazzamento del pendio collinare, sistema costituito da una serie di muri di contenimento formati da terra argillosa alternata a materiali edilizi. Nel corso di questo secolo l'intero complesso manifesta i segni di un generale cedimento strutturale, le cui cause sono dovute probabilmente alla instabilità del piede del versante, da eventi sismici, smantellamenti delle strutture, fessurazione dei muri. Ad ovest dell'ingresso dell'Arco di Riccardo, alla metà del I sec. d.C., una ricca domus i cui ambienti di disponevano sul fianco della collina con altimetrie diverse. L' ingresso si trovava sulla strada romana di Via dei Capitelli, mentre un'area scoperta, in Piazza Barbacan fungeva da tramite fra la zona residenziale e quella destinata ad usi domestici. I vani erano mosaicati. Si sono trovate scarse tracce di una fase più antica negli ambienti mosaicati, ma la disposizione dei vani sembra essersi mantenuta immutata fino al III secolo. (da: biblioteche.comune.trieste.it)

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