Trieste tra immagini e storia

Trieste - La Basilica di San Silvestro in Androna dei Grigioni e dintorni


La Basilica di San Silvestro, in stile romanico, fu costruita presumibilmente nella seconda metà del XII secolo per volere del vescovo Bernardo (1149-1187) in onore di papa Silvestro. Tuttavia la tradizione popolare, supportata da una lapide commemorativa del 1672 murata sulla parete postica dell'edificio, afferma che la chiesa sia sorta nel 313 d.C. sull'area precedentemente occupata dall'abitazione delle martiri cristiane Tecla ed Eufemia, dove i primi cristiani triestini si sarebbero riuniti per assemblee clandestine. Nel 256 d.C., ai tempi delle persecuzioni cristiane, in quella antichissima casa nel corso dell'anno 256 d.C. vennero orrendamente torturate e decapitate le figlie di Epifania, vedova del senatore Demetrio: la dodicenne Tecla e la quattordicenne Eufemia La loro storia fu scritta da Ginevra Bonomo, l'Abbadessa Eufrasia, conservata nell'Archivio Diplomatico.

Nel 1233 pare che il popolo fosse convocato nella basilica per accogliere gli ambasciatori veneziani. Nel XIV secolo la basilica fu la cattedrale di Trieste. Dalle memorie del canonico Matteo Camnich risulta che fu restaurata già nel 1332. La basilica fu più volte rimaneggiata, con l'appporto di elementi stilistici posteriori, ma il restauro a cui fu sottoposta nel 1927, sotto la direzione dell'architetto Ferdinando Forlati, la alleggerì da tutte le strutture barocche che si erano accumulate nel corso dei secoli, riportandola così alle sue linee romaniche originali. Durante i lavori, furono scoperte e riportate alla luce due finestre a lato del campanile, risalenti a un periodo posteriore alla costruzione della basilica. Furono anche trovate tracce di affreschi che rappresentano l’imperatore Costantino che viene colpito dalla lebbra. E' ritenuta il luogo di culto più antico di Trieste.
Lapide posta dai Gesuiti nel 1672:
" TERGESTVM SS. EVPHEMIAE ET THECLAE NOBIL, VV. ET MM. TERGESTIN. DOMICILIVM PRIMVM TEMPLVM ET CATHEDRALE IMMACVLATAE VIRG. ORATORIVM RESTAVRATVM M.D.C.L.XXII."

Lapide in ricordo del restauro della chiesa
eseguito dalla Comunità nel 1786

Sopra i pilastri del protiro che sostengono il campanile si vedono due protomi umani che sono elementi architettonici molto antichi di origine ellenistica usati nell'architettura romana e ripreso in Italia durante la rinascenza carolingia.

Il rosone romanico del XII secolo e la finestrella a transenna

Il protiro bianco che sostiene il campanile


La bifora sul campanile ricostruite nel restauro avvenuto nel 1927-1928, utilizzando un capitelloa gruccia.E' probabile che il campanile fosse in origine una torre di difesa della cinta muraria.

La chiesa presenta una planimetria a forma di parallelogramma irregolare. Le facciate suggeriscono la strutturazione interna a tre navate, con una parte centrale più elevata e due laterali con i tetti a spiovente. La facciata principale, a Nord-Ovest, è caratterizzata da un rosone con raggiera ad archi a tutto sesto e da una porta d'ingresso aperta successivamente. Sul lato Nord-Est si trova l'ingresso principale della chiesa, costituito da un protiro romanico in pietra bianca con due colonne su cui si imposta il campanile a pianta rettangolare. Il campanile, decorato da alcuni listelli e da una cornice in pietra bianca, termina con una cella campanaria traforata su ogni lato da una bifora.
Sul lato sinistro si trova l'ingresso principale della chiesa, con un portico romanico su cui si erge il campanile. Secondo la tradizione la torre campanaria era una torre medievale di difesa nelle mura cittadine, ricostruita con delle eleganti bifore. Al suo interno c'è una campana del 1785.

L'interno della basilica è diviso in tre navate da due file di tre colonne con capitelli cubici. Il soffitto delle navate è a capriate, mentre il soffitto sopra il presbiterio rialzato è costituito da una volta a crociera, con un agnello raffigurato al centro della volta. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it) - Dalla assimetria della chiesa dove il muro perimetrale che riguarda il campanile è ben più spesso del muro opposto, si può dedurre che questa parte è stata costruita addossata all'antica cinta muraria romana. Lo stesso campanile potrebbe avere origine da una torre di guardia.

All'interno della chiesa sono visibili sulle pareti dei frammenti di affreschi risalenti al 1300, con una scena relativa alla vita dell'imperatore Costantino dove è rappresentato con la lebbra, San Paolo Apostolo e una probabile Annunciazione. Dietro all'altare è collocato un crocefisso in ferro battuto del 1700 e sul pavimento davanti all'altare si trova la tomba della famiglia Calò del 1585.

Nel 1785, sotto l'imperatore Giuseppe II, la chiesa fu posta a pubblico incanto e acquistata nel 1786 dalla comunità Evangelica Elvetica, che la ridusse al proprio rito e la dedicò a Cristo Salvatore.

Nel 1963, a seguito dei lavori di costruzione della scalinata di accesso da via del Teatro Romano, l'intera struttura basilicale ha subito grossi dissesti statici. Di conseguenza, la Soprintendenza ha promosso un restauro integrale ultimato nel 1967, che ha comportato il rifacimento delle fondazioni, la rimessa a piombo del colonnato interno e ha interessato anche le opere murarie di finitura. Ulteriori lavori di restauro e di manutenzione straordinaria sono stati eseguiti nel 1990.

Note: La Chiesa Evangelica Valdese di Trieste nasce con l’arrivo in città, già nei giorni immediatamente successivi alla fine della Prima Guerra Mondiale, di alcuni militari, funzionari e impiegati valdesi che assieme a tanti altri venivano a sostituire i funzionari e impiegati triestini “compromessi” con l’amministrazione austro-ungarica. Con loro arrivò anche, inviato dalla Tavola Valdese, il pastore Francesco Rostan che il giorno di Natale 1918 tenne il primo culto dell’appena nata Comunità Valdese, nella basilica di San Silvestro, messa a disposizione dalla Comunità evangelica di Confessione Elvetica, a sua volta in quel tempo ospitata nella Chiesa Luterana. Per motivi di salute, il pastore Rostan lasciò quasi subito Trieste e dopo un breve intervallo fu sostituito nell’ottobre del 1919 dal giovane pastore di origine abruzzese Guglielmo Del Pesco, che rimarrà alla guida della comunità per 29 anni fino a quando, nel 1948, sarà nominato Moderatore della Tavola Valdese. Nel 1923 gli Elvetici rientrarono in San Silvestro, e ebbe così inizio quella “convivenza” fra le due comunità “sorelle” (perché ambedue riformate) che perdura ancora oggi. Per alcuni anni il pastore Del Pesco curò le comunità valdese ed elvetica insieme all’anziano pastore elvetico Schalaudek, che morirà nel 1925. A quel punto gli Elvetici fecero la scelta di un pastore di lingua italiana, ed in particolare chiesero di poter continuare ad essere seguiti da Del Pesco. Si arrivò così nel 1927 alla firma di una Convenzione fra la Tavola Valdese e la Comunità Elvetica che, rinnovata più volte ed ancora in vigore, stabilisce che la Comunità Elvetica accoglie nella sua chiesa e nei suoi locali la Comunità Valdese, mentre la Tavola fornisce il pastore che si occupa delle due comunità.

Storia: Le comunità religiose a Trieste - Chiesa riformata elvetico-valdese di San Silvestro.
La presenza a Trieste di evangelici provenienti dalla Svizzera è segnalata a partire dal 1751. Due soci, Ignazio Bianchi e Gasparo Griot, pasticcieri e caffettieri, provenienti dai Grigioni e professanti la Confessione elvetica riformata d'indirizzo calvinista, aprirono in Piazza Piccola la più antica bottega del caffè cittadina. Giunti anch’essi in città allo scopo di sfruttare la favorevole situazione daziaria per la loro attività commerciale, con il loro successo attirarono negli anni successivi un numero sempre maggiore di connazionali, molti dei quali attivi nello stesso settore della pasticceria, della caffetteria e della ristorazione. Tra gli elvetici immigrati nella prima ondata del XVIII sec., vanno annoverati anche alcuni pasticcieri grigionesi provenienti da Venezia, in seguito alla disdetta nel 1766 dell’alleanza tra quest’ultima e il confinante Stato libero delle Tre Leghe (l'odierno cantone dei Grigioni) che costrinse molti di essi a far ritorno in patria, mentre alcuni scelsero appunto di trasferirsi a Trieste.
Nel censimento del 1775 in città vengono già registrati 77 calvinisti.
Nel 1783 viene progettata la divisione del cimitero protestante tra luterani ed elvetici, ad indicare il radicamento del nucleo di questi ultimi.
Di composizione sociale diversa da quella dei luterani, il gruppo dei calvinisti elvetici era inizialmente costituito in prevalenza oltre che da pasticceri e caffettieri, da piccoli esercenti, bottegai ed artigiani. Ad integrare questo nucleo originario, giunsero nei decenni successivi anche calvinisti provenienti da altre regioni, sia della Svizzera francese che della Germania, ed in seguito anche dall’Olanda e dall’Inghilterra, tutti attratti dalle prospettive offerte da una città in espansione. Nel gennaio del 1782, a soli due mesi dall’applicazione in città dell’Editto di Tolleranza di Giuseppe II, fu redatto l’atto di fondazione della comunità elvetica triestina, aderente alla Confessio Helvetica posterior, fondamento dogmatico di molte comunità calviniste europee non solo svizzere, ma anche francesi, ungheresi e scozzesi. L’atto costitutivo fu firmato dai rappresentanti di 28 famiglie. Dall’anno successivo la comunità iniziò a tenere regolari registri, nominò i suoi pastori e chiese di poter erigere una propria chiesa. In attesa di tale autorizzazione, la comunità si riunì per circa quattro anni in una cappella privata in piazzetta S. Giacomo (oggi Largo Riborgo).
La Basilica di San Silvestro Nel 1785 alcuni esponenti della comunità parteciparono all’asta indetta per la vendita della basilica di San Silvestro, inclusa nell’elenco delle chiese chiuse nel 1784 dal governo, e si aggiudicarono l’antico edificio di rilevante valore storico offrendo la somma di 2.120 fiorini. Quasi un anno dovette trascorre, tuttavia, prima che il governatore Pompeo Brigido, ratificasse il contratto di compravendita, tra i motivi dell’opposizione alla cessione della chiesa ai protestanti vi era il fatto che la parte cattolica riteneva la Basilica di San Silvestro troppo vicina alla chiesa di S. Maria Maggiore e quindi possibile fonte di “disturbo”. Tali resistenze furono superate con un compromesso: la chiusura del portale principale d'ingresso sotto il campanile e l’apertura di un nuovo ingresso sulla facciata principale, sotto il rosone. Dopo costosi lavori di restauro, la nuova chiesa della comunità elvetica, dedicata a Cristo Salvatore, venne solennemente inaugurata il 2 ottobre 1786.

La piccola Basilica di San Silvestro fu considerata a lungo la chiesa più antica della città, prima della recente scoperta dei resti di una basilica Paleocristiana in via Madonna del Mare. Edificata in stile romanico, probabilmente sui resti di un edificio più antico, è databile alla metà del XII sec. I lavori di restauro svolti nel 1927 per riparare i danni di un terremoto, ne hanno ripristinato gli elementi romanici fondamentali.
Nel corso del XIX secolo, con la crescita dell’emporio, anche la comunità elvetica triestina si consolidò, acquisendo nuovi membri provenienti sia dai territori dell’Impero che da altri paesi, ma soprattutto a partire dagli anni Trenta, dalla Svizzera di lingua tedesca, con numerosi imprenditori e uomini d’affari che caratterizzarono sempre più in senso germanico la comunità, per l’uso della lingua, modificandone altresì la connotazione sociale. La comunità triestina, che dipendeva organizzativamente dalla Sopraintendenza di Confessione Elvetica di Vienna, venne ovviamente a trovarsi in difficoltà in seguito alla Grande Guerra ed all’ingresso di Trieste e della Venezia Giulia nel Regno d’Italia.
I valdesi Già molto tempo prima dell'annessione di Trieste all'Italia era fortemente desiderata la presenza della Chiesa valdese in città, come testimonia una lettera del 10 dicembre 1879, conservata nell'archivio della Tavola Valdese, ed inviata al presidente del Comitato di Evangelizzazione da Emilia Mettez Susa, appena giunta dalla Sardegna, dopo una serie di disavventure famigliari. La lettera non ebbe seguito, la comunità valdese triestina dovette infatti attendere la fine della Prima guerra mondiale, il primo pastore valdese giunse in città nelle ultime settimane del 1918, si trattava del pastore Francesco Rostan. Rostan quindi venne a Trieste con lo scopo di gettare le basi per un'eventuale congregazione valdese, giunto in città si appoggiò al prof. Giosuè Vinay, originario delle Valli Valdesi, insegnante di lingua italiana presso le scuole evangeliche della città.
Il pastore della chiesa svizzera Giuseppe Schalaudek gli offrì di utilizzare la Basilica di San Silvestro, tanto più infatti che in quel momento la comunità elvetica si riuniva con quella luterana nella chiesa di quest'ultima in largo Panfili, lo stesso Schalaudek inoltre fu per alcuni anni anche il pastore della comunità luterana rimasta priva del suo conduttore spirituale. Nell'ottobre del 1919 venne inviato a Trieste un giovane pastore di origini abruzzesi, Guglielmo Del Pesco, il quale sarebbe rimasto in città per 29 anni, recandosi anche a Fiume ed Abbazia per celebrarvi i primi culti in lingua italiana. Due anni più tardi, il 6 dicembre 1921, la comunità di Trieste venne finalmente inserita nell'ordinamento valdese. Nell'ottobre del 1923 terminata la sua missione presso la chiesa luterana, il pastore Schalaudek tornò a presiedere i culti nella Basilica di San Silvestro, utilizzata fino a quel momento gratuitamente dalla comunità valdese, essendo ormai Schalaudek anziano il pastore valdese Del Pesco lo coadiuvò fino al 1925, anno della morte del pastore elvetico, la comunità allora si pose il problema della successione pastorale ma anche del rischio di un suo crescente isolamento, dopo la fine della Grande guerra.
Convenzione tra il Presbiterio Elvetico e la Tavola Valdese Così, nel 1926 venne stipulata una Convenzione tra il Presbiterio Elvetico e la Tavola Valdese, grazie al fatto che la confessione valdese ricalcava sostanzialmente quella calvinista accolta dal Sinodo di La Rochelle nel 1571, a sua volta molto vicina alla Confessio Helvetica Posterior. Quindi tale affinità dottrinale consentiva agevolmente un accordo, tuttora in essere tra le due comunità, che ha consentito da allora ai riformati elvetici di usufruire dei servizi del pastore valdese di lingua italiana, pur mantenendo la propria autonomia amministrativa, venne così avviata una collaborazione sul piano comunitario, con i culti in comune, riunioni congiunte dei responsabili, istruzione religiosa e catechistica non più disgiunte, seguite successivamente da varie attività a carattere sociale e di studio in comune.
(FONTI: Tristano Matta, "Nei percorsi della Parola: le chiese delle comunità protestanti", in "Un percorso tra i luoghi della tolleranza e dell’inclusione nella Provincia di Trieste" - "Protestantesimo a Trieste: dal 1700 al 2000", Lint, Trieste 2002 Giulio A. Cattaneo, Annemarie Graf Reina, Giuseppe Reina, "La comunità svizzera a Trieste dal '700 al '900", Italo Svevo, Trieste 2012)

Sopra e sotto: Via San Silvestro, dove al numero 3, nel locale con la scrita "CVM Deo VIVo In paCe", un tempo c'era la cappella mortuaria del rione di Rena Vecia. Qui veniva deposto il defunto per la vrglia notturna. Da qui, dopo la veglia dei parenti, la salma veniva seppellita nel cimitero a San Giusto (lo spiazzo a destra della Cattedrale), che fu poi soppresso, perché ormai insufficiente, nel 1825, quando fu aperto quello più capiente di Sant’Anna.
Per anni il locale rimase vuoto e dimenticato e si si scoprì che il locale era stato occupato da una famiglia povera. Questa, non sapendo a che uso era stato utilizzato il piccolo locale, per anni utilizzò come tavola da pranzo la tavola anatomica di marmo posta al centro. (Fonte: Trieste nascosta 2 e Dino Cafagna)

Piazzetta San Silvestro: Sulla porta cieca della casa rossa c'è incisa la figura di un uccello con la scritta:
"Parvo sub hoc tecto in vere fixi pedem" (Sotto questo piccolo tetto misi il piede in primavera 1727)
Piazzetta San Silvestro: L'edificio di Piazza San Silvestro 4 sorge all'interno della cinta muraria della città antica, romana e medievale. Gli scavi condotti nelle vicinanze hanno restituito resti di un complesso cultuale riconosciuto come santuario di Magna Mater, sulla base di documenti epigrafici, ed altre strutture di età romana sono state individuate al di sotto dell'abside della chiesa di San Silvestro. A seguito degli scavi in piazzetta Riccardo, si notò la presenza di una grossa struttura muraria, con paramento di blocchetti di arenaria e riempimento in scaglie in arenaria e malta. Sotto l'edificio è stata rinvenuta una parte della struttura muraria, il cui spessore (1,15 mt) lascia supporre una pertinenza ad un edificio a carattere pubblico, o ad un'opera di carattere difensivo collegata all'Arco di Riccardo, che, stando ad alcune ipotesi, aveva la funzione di porta urbica. L'epoca risale al I sec. d.C., poco prima che la cinta muraria di Tergeste venisse abbattuta. (da: biblioteche.comune.trieste.it)

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