Trieste - il Colle di San Giusto

Il colle di San Giusto è il centro storico di Trieste. Già nel primo secolo vi si trovava una grande basilica civile romana il che lascia presumere che sulla riva del mare sottostante esistesse già allora un abitato abbastanza grande. È situato come simbolo della città, sulla collina, la parte più antica di trieste. Nei secoli XIV e XV fu eretta una fortezza sul colle e la città fu cinta con mura. Dato che la cinta muraria comprendeva solo un versante della collina ed un pezzo di riva ai suoi piedi, la Trieste medievale si identifica con il colle di San Giusto. (Wikipedia)
I più antichi reperti archeologici sul colle di San Giusto sono i resti di un propileo (antico portale monumentale greco) risalente al primo secolo. I resti sono oggi visibili, attraverso una grata, inglobati nel campanile della cattedrale omonima. Il propileo fu eretto in cima all'allora principale strada cittadina (l'odierna via della Cattedrale) che saliva dalla riva del mare fino al punto più elevato della città. Non è noto però che cosa si trovasse sulla sommità stessa del colle, cioè dietro tale ingresso monumentale che misurava ben 17,20 metri in larghezza e 5,28 metri in profondità. Verosimilmente si trattava di un tempio, oppure un complesso di templi, dedicati a Giove, Giunone e Minerva, smantellati durante i secoli. Le colonne oggi visibili nel campanile costituivano l'estremità anteriore sinistra del complesso, mentre si possono visitare i resti della parte destra e della scalinata che li collegava, scendendo sotto la chiesa attraverso l'adiacente Orto Lapidario. Per quanto si sa, questo è l'unico propileo romano conservatosi in Europa. (Wikipedia)
Risalgono al primo secolo anche i resti di una basilica civile, di cui si vedono, a poca distanza dal campanile, i ceppi di varie colonne. Questo edificio, costruito in direzione nord-sud, era molto grande, più di 20 metri in larghezza e quasi 100 metri in profondità, il che fa presumere una certa consistenza della popolazione. Mentre il propileo, sebbene inglobato in costruzioni posteriori, è abbastanza conservato, della basilica civile rimangono solo due file di ceppi colonnari. Molto probabilmente tutto il resto fu riutilizzato nel secolo V come materiale per la costruzione della basilica paleocristiana, eretta a pochi metri di distanza, ma in direzione est-ovest, che incorporò anche il propileo utilizzandolo come base per il campanile. (Wikipedia)
Non ci sono molti dati storici su questa chiesa che si presume andata demolita dalle incursioni barbare. Ciò che ne rimase, la parte posteriore e il campanile, fu utilizzato per ricavare una chiesa più piccola (cioè meno larga), consacrata a Santa Maria, Madre di Dio. Ma sono più che altro ricostruzioni storiche, dato che fino all'XI secolo non ci sono dati certi. Le uniche testimonianze sono i molti reperti archeologici, tra l'altro una pavimentazione musiva con pietre bianche rosse e nere, e un'iscrizione che testimonia il restauro della chiesetta avvenuto nel 547 per intervento del vescovo Frugifero, primo vescovo triestino conosciuto. (Wikipedia)
Storicamente parecchio più tardo è il sacello di san Giusto, costruito appositamente per contenere le reliquie del santo patrono della città. Gli storici non concordano sull'esatta data della sua costruzione, ma la pongono comunque entro il secolo X, ad eccezione della cupola che risale al secolo XII, ed ai mosaici interni attribuibili al secolo XIII. In data imprecisata la cappella venne allungata fino a diventare una chiesa vera e propria, ma sembra certo che ciononostante venisse sempre considerata facente parte della chiesa di Santa Maria che si trovava di fronte, dall'altra parte della strada principale della città. (Wikipedia)

Via Rota 3, sotto a Via Capitolina
La grande casa domenicale edificata nella metà del XIX secolo all'interno del raggio fortificatorio del castello per volontà dell'industriale Carlo Regensdorf (l'iniziale "R" e la data di costruzione sono ancora visibili sulla lapide del portone d'ingresso), si affacciava in realtà su quella che un tempo era nota come via di Montuzza. La denominazione etimologica di origine dialettale indicava quella stradina tortuosa che attraverso campi incolti si inerpicava sul colle fino alla Cattedrale L'intraprendente uomo d'affari frisone giunse nella città di Trieste nel 1815 divenendo ben presto una delle figure di maggiore spicco nell'ambito di singolari iniziative progettuali quali la Società dell'Acquedotto di Aurisina e lo Stabilimento Tecnico Triestino. Grazie alla sua capacità egli fu presto in grado di acquistare dal Comune un terreno in posizione elevata e dominante per il costo complessivo di 41 fiorini e 52 carantani, l'edificio dalle semplici e sobrie linee esterne e con il tetto piatto per permettere una vista aperta dal Castello fu portato a termine nel 1841, dopo la scomparsa del proprietario passò in eredità al nipote Federico che colà vi dimorò fino ad almeno il 1890. La scalinata prospiciente al caseggiato risale al 1870 mentre l'attuale denominazione della via venne conferita in ricordo di Giuseppe Rota illustre musicista, maestro della civica cappella di San Giusto. Nel 1912 l'edificio risultava accatastato come Cancelleria parrocchiale. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it) - Internamente, di fronte al mare, c'era un belvedere dal quale si poteva godere una splendida vista e ne furono ospiti l'Imperatrice Elisabetta il 21 novembre 1856e il Principe Rodolfo l'11 settembre 1876. Nel portone ci sono due targhe che ricordano le due visite.


Questo sito con gli scritti e le immagini che lo compongono
è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons
Creative Commons License